giovedì 22 gennaio 2009

LE “BUONE” RELAZIONI FRA PROFESSIONISTI E POLITICA

(E LE CATTIVE INFLUENZE SULL’ANDAMENTO DELLA P.A.)

(Articolo pubblicato sulla Rivista "Asclepiadi" - numero 14 - aprile 2008)


Può sembrare strana una citazione di Serge Latouche per introdurre una riflessione sul ruolo dei professionisti e sui loro rapporti con la politica, se non si tiene conto che i valori economici stanno sempre più monopolizzando la nostra società: tutto è giustificato in nome del profitto e dello sviluppo. Onestà, etica, deontologia, correttezza professionale, autonomia di pensiero, …, l’interesse economico sta subordinando ogni altro valore.
La lettura della recente ordinanza del GIP della Procura di Santa Maria Capua Vetere relativa al procedimento che vede coinvolti molti esponenti dell’Udeur, pur senza voler entrare nel merito del rilievo penale dei comportamenti e delle attività oggetto di indagine, dovrebbe portare i professionisti, lavoratori autonomi e dipendenti della P.A., ad una decisa autocritica, con particolare riferimento ai rapporti con i politici, gli amministratori e i soggetti economici con i quali continuamente ci si relaziona per ragioni professionali.
D’altra parte molti politici vengono dal mondo delle professioni, e spesso i professionisti sono impegnati, personalmente o indirettamente, anche in politica. La fedeltà politica tende a sostituire la preparazione e la qualità professionale, e la politica, anche per il tramite dei professionisti, sta occupando ogni struttura pubblica, assoggettandola agli interessi di gruppi politico-affaristici e di potentati economico-criminali.
Si tratta di un sistema con il quale facciamo i conti da sempre, ma che sta diventando insostenibile: con lo spettacolo indegno offerto da molti deputati e senatori, in Parlamento e fuori, i guai giudiziari di tanti politici, la loro mancanza di pudore, è stato superato ogni limite, anche quello della vergogna, e si è reso evidente a tutti un inquietante quadro di malcostume, di sperperi e di malgoverno.
Per conto loro, i partiti sono in crisi, difettano di trasparenza, e non danno garanzie di legittimità democratica, inquinati come sono, anche loro, da comitati d’affari, lobby economiche e gruppi criminali, e continuano tranquillamente a candidare personaggi condannati, rinviati a giudizio e inquisiti per gravissimi reati.
Le conseguenze sociali di tutto ciò sono gravissime: il degrado morale della nostra classe politica allontana sempre di più i rappresentanti dai rappresentati, l’informazione è completamente controllata, la televisione esibisce quasi solo modelli negativi, la famiglia, sempre più, tende a delegare i suoi compiti educativi, la scuola non fa selezione, e le università, nell’ossessione di promuovere se stesse e di “produrre” i certificati di laurea che il mercato richiede, sta abdicando completamente dal proprio ruolo, per cui si perde continuamente senso civico e cultura.
Le strutture pubbliche si adattano, si scompongono e si moltiplicano a dismisura per soddisfare le esigenze sempre più pressanti e arroganti degli “acchiappa-poltrone” e dei “cacciatori” di incarichi.
Così è veramente difficile non cedere alla rassegnazione rispetto all’aspettativa di essere bene amministrati e governati, e si rischia di cadere nel qualunquismo dell’anti-politica, così come è chiamata, con disprezzo, dai politici di professione, i quali, nell’irritante tentativo di giustificarsi, trovano sempre un alibi o una scusa per scaricare su altri, e altrove, le proprie responsabilità. In alternativa, fanno notare come poi nessuno sia immune dalle medesime colpe: e infatti, la classe dirigente del Paese, sovente diretta espressione di quei politici, non gli è certo superiore sul piano etico.
I cittadini sentono così crollare la fiducia nella “res pubblica”, e si adeguano al modo di fare di chi li rappresenta: chi può “arraffa” quanto gli capita a tiro, e che gli altri si arrangino! Il cinquanta per cento della ricchezza del Paese è nella mani del dieci per cento degli italiani (e fra questi i liberi professionisti sono ampiamente rappresentati).
L’ambiente e il paesaggio, grazie anche a tecnici ed amministratori senza scrupoli, vengono sempre più deturpati da attività antropiche prive di ogni regola e remora, e senza alcun controllo; si continua a morire di lavoro, e si muore per lo svilimento delle strutture sanitarie pubbliche a favore di quelle private, che per massimizzare i profitti e ridurre i costi, spesso sono anche peggiori di quelle pubbliche.
L’evasione fiscale, con la complicità di commercialisti, avvocati e notai, continua a sottrarre risorse alla collettività.
Al punto in cui siamo, se vogliamo salvare il Paese dalla bancarotta, e il mondo dalla catastrofe (l’attuale ritmo di sviluppo e di logoramento delle risorse, e l’accelerazione della produzione e dei consumi di beni non necessari, stanno pregiudicando il futuro del pianeta), è necessaria una vera rivoluzione culturale.
Scuotendosi dalla rassegnazione passiva e liberandosi da egoistici opportunismi, i cittadini onesti devono reagire. Il mito della crescita senza limiti deve essere abbandonato, e dobbiamo allontanare dalle nostre menti l’idea che l’arricchimento personale possa essere un fine che giustifichi ogni mezzo.
Dobbiamo togliere centralità all’economia e al mercato, e restituirla all’uomo: solo così potremo perseguire con successo una più equa distribuzione delle risorse.
Quando “il mercato detta la sua legge, la democrazia è svuotata di ogni significato, il cittadino non ha più potere e lo stato non è nient’altro che un organismo esecutivo e d’oppressione” (ancora Serge Latouche).
Soprattutto chi ha responsabilità amministrative, e chi lavora nella Pubblica Amministrazione, è oggi chiamato a dare un segnale, perché i cittadini possano tornare a crederci, a credere che legalità, correttezza e solidarietà possano avere la meglio su illegalità, furbizie ed egoismi, e che con le capacità e le competenze si possa riuscire più che con le “conoscenze” e le “raccomandazioni”.
I dipendenti pubblici, consapevoli di dedicarsi ad un lavoro di interesse collettivo, e che mal sopportano i colleghi “fannulloni” e gli attacchi indiscriminati a tutta la categoria, devono continuare a fare la propria parte, e stimolare gli altri a fare la loro, senza mai più giustificare e coprire comportamenti scorretti.
I manager e i professionisti del lavoro pubblico e privato devono tornare ad assumersi le proprie responsabilità per lo sviluppo sociale e culturale del Paese, confrontandosi senza subalternità con le istituzioni e con chi detiene le responsabilità di governo, facendo valere le proprie idee, capacità e competenze, ovvero la propria professionalità, e non le amicizie e le “adiacenze” politiche, restituendo credibilità alle istituzioni e alle professioni, e fiducia ai cittadini.
Anche la normativa di settore e le ultime direttive ministeriali, proprio per porre i dirigenti pubblici in condizione di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principi d'imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (…), hanno accentuato negli ultimi anni il principio della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa, perchè la dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica.
La crescita culturale del personale, insieme a investimenti appropriati in tecnologia e formazione, è fondamentale per il miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa delle istituzioni pubbliche, indispensabile presupposto anche per un incremento della produttività del nostro Paese.
Ma perché l'intervento delle amministrazioni sia efficace, coloro che operano nelle amministrazioni, a qualunque livello si collochino nell'organizzazione, non possono agire per il proprio interesse ma debbono perseguire quello pubblico.
La massa dei lavoratori del pubblico impiego (oltre 3,5 milioni di dipendenti), deve restituirsi dignità e autorevolezza, con comportamenti improntati sempre alla massima correttezza, e sostituendo la rigidità dell’adempimento formale con la “cultura del risultato”.
Allora, una bonifica della Pubblica Amministrazione, che sospenda tutti i funzionari coinvolti in reati contro l’interesse collettivo e i beni comuni, è oggi assolutamente necessaria: dobbiamo considerare ovvio che si arrivi al licenziamento dopo una sentenza definitiva di condanna. Chi è causa di “danno erariale” nella gestione della “cosa pubblica” deve risponderne personalmente, e deve essere “messo in condizione” di non provocare altri danni (chi occupa posizioni di responsabilità, con compensi consistenti, deve rispondere del proprio operato al “datore di lavoro”).
Inoltre gli assenteisti, e i “fannulloni”, devono essere ridimensionati a fenomeno statisticamente irrilevante, e chi merita deve essere premiato, economicamente e con progressioni di carriera.
A tale proposito c’è da dire, per inciso, che sarebbe utile e necessario dare più spazio alle donne che, oggi, spesso più e meglio degli uomini, si dedicano con generosità al lavoro, coniugando capacità e creatività, competenze e intuito: se davvero si vuole premiare il merito, le potenzialità delle donne non possono più essere sacrificate.
Peraltro la Pubblica Amministrazione, da alcuni anni, sta continuamente evolvendo verso un modello più privatistico, incentivando sempre più gli aumenti di produttività, e, con l’ultimo contratto di lavoro è stato statuito l’automatico e immediato licenziamento per i dipendenti che saranno stati arrestati in flagrante per reati di concussione, peculato e corruzione, quando il G.I.P. convalidi gli arresti (dunque non più, come prima, solo quando si giunga ad una sentenza definitiva).
I partiti e i sindacati devono ritrovare la capacità di rinnovarsi e rigenerarsi con forze fresche e pulite, selezionando una nuova classe dirigente, autonoma dagli attuali sistemi di potere, politico e non, e libera dal clientelismo, dando spazio ed opportunità a chi ha competenze, capacità ed esperienza di impegno civile, selezionando le migliori menti del Paese ed avviandole all’impegno politico.
In questa battaglia di civiltà tutti devono impegnarsi: imprenditori e artigiani, impiegati e operai, professori e contadini, magistrati e forze dell’ordine; e anche i professionisti delle varie discipline (medici, architetti, ingegneri, avvocati, commercialisti, notai, …), devono fare la loro parte, visto il ruolo che giocano nella nostra società. Devono tornare ad essere meno tecnocrati e chiusi nella loro specializzazione, devono acquisire maggiore consapevolezza sulle conseguenze ambientali, economiche e sociali della propria attività, cercando di migliorare continuamente le proprie conoscenze tecnico-specialistiche (formazione professionale), ma anche il proprio livello culturale, e la capacità di confronto e sinergia con altre professionalità, con un approccio olistico e multi-disciplinare al proprio lavoro, e con la coscienza di svolgere un ruolo di interesse pubblico.
Soprattutto i professionisti delle strutture pubbliche, che hanno grande visibilità per i cittadini, devono interrogarsi in continuazione sulla loro capacità di rispondere adeguatamente alla “mission” dell’Ente per il quale lavorano e alle esigenze e aspettative del cittadino-utente della P.A. Mai devono mettersi nella situazione di poter essere condizionati da conflitti di interesse, e dovrebbero astenersi da qualsiasi attività libero-professionale nell’ambito del contesto economico-territoriale nel quale operano con responsabilità e rilievo pubblico.
Gli incarichi della Pubblica Amministrazione a liberi professionisti devono essere affidati sulla base delle capacità e delle idee (per esempio con i concorsi di progettazione), e non per clientele politiche ed amicizie; il ricorso a soggetti esterni, assunti a contratto o per consulenza, va limitato ai casi di professionisti con particolari specializzazioni non presenti all’interno dell’amministrazione.
Il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione è il fulcro su cui poggiano sviluppo e benessere sociale, ed è obiettivo strategico primario per la vita del Paese: basti pensare alla sanità, che è l’ambito di maggiore rilevanza e di più immediato impatto, dove la Pubblica Amministrazione gestisce rilevanti flussi economici, fornendo servizi essenziali per la qualità della vita; ma anche la scuola, la sicurezza e la previdenza sociale, per citare solo i principali, rappresentano strutture fondamentali per la società.
Quindi, per impedire che i nostri destini siano decisi nel chiuso del “palazzo”, senza attenzione alcuna per le nostre reali esigenze, e che le risorse economiche di tutti siano gestite solo per l’interesse di pochi, dobbiamo vigilare sui nostri governanti e amministratori. E per poterlo fare efficacemente, dobbiamo pretendere una contabilità analitica, chiara, precisa, trasparente ed esaustiva di ogni attività economica finanziaria posta in essere da qualsivoglia ente o soggetto che gestisce denaro della collettività. Chi “spende” soldi pubblici deve rispondere al crescente bisogno del cittadino-utente, che paga le tasse, di conoscere ed essere informato sui meccanismi di spesa, di erogazione di beni e servizi e dei relativi e trasparenti costi di produzione. I bilanci degli enti pubblici dovrebbero essere sempre adeguatamente pubblicizzati, in modo che tutti sappiano come vengono investite le risorse fiscali, e se del caso, possano intervenire.
Il governo del territorio e lo sviluppo economico non devono prescindere dal rispetto per l’ambiente e dalla tutela del nostro patrimonio paesaggistico e storico-culturale, che costituisce la nostra più importante risorsa, una ricchezza la cui difesa deve condizionare ogni decisione amministrativa, soprattutto le politiche di pianificazione urbanistica e di programmazione di interventi pubblici, materiali ed immateriali, che vedono i professionisti pubblici e privati fra i protagonisti principali.
Soprattutto su queste scelte i cittadini devono essere ascoltati e coinvolti, cercando di condividere il più possibile le decisioni. Solo incentivando la partecipazione dei cittadini alle scelte amministrative, anche quelle più tecniche, si potrà efficacemente sottrarre il territorio alle speculazioni e al controllo della criminalità organizzata (che spesso inquina anche le amministrazioni pubbliche, come si legge anche nell’ultima relazione della commissione parlamentare antimafia, approvata e sottoscritta da tutte le forze politiche), e si potranno prevenire disastri ambientali e combattere efficacemente la piaga dell’illegalità diffusa, l’abusivismo e l’evasione, gli sprechi e le ingiustizie, e garantire a tutti sicurezza e rispetto dei diritti civili.

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.