lunedì 26 gennaio 2009

MESSAGGI DALL’ACQUA (seconda parte)

Articolo pubblicato sulla rivista "Asclepiadi" - numero 10 - novembre 2005.

(il titolo dell’articolo è tratto dall’omonimo libro di Masaru Emoto – HADO Publishing BV, Amsterdam)

"Il silenzio di Dio ci obbliga a riprendere in mano la nostra responsabilità storica, a uscire dai miracolismi per imboccare la strada della nostra responsabilità personale e anche sociale, economica, politica, cui siamo chiamati”
Alex Zanotelli

La prima parte di questo articolo si chiudeva commentando alcune fotografie scattate a cristalli d’acqua dallo scienziato giapponese, dottore nella medicina alternativa, Masaru Emoto.
L’evidenza che quelle immagini mostrano, confermando d’altra parte antiche credenze basate sull’intuito ed antichi dogmi religiosi, ma anche tantissimi altri recenti studi scientifici, è che non solo i nostri comportamenti e gesti, ma anche le parole, i pensieri, in quanto vibrazioni, onde elettromagnetiche, interferiscono con l’ambiente che ci circonda, possono modificare la materia e influenzare le energie vitali. E ciò avviene molto più profondamente di quanto possiamo immaginare: un bambino, sin dal concepimento, cresce più armonicamente se è “inondato” d’amore, se è accettato e coccolato, se vive in un ambiente “positivo”; ogni singola molecola d’acqua di cui il nostro corpo è composto è influenzato positivamente o negativamente da tutte le “energie”, o “vibrazioni”, in cui siamo immersi.
Credo che un po’ tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere l’articolo si siano incuriositi, qualcuno avrà trovato qualche spunto di riflessione, molti avranno sorriso. D’altra parte è atteggiamento tipico dell’uomo quello di negare i fenomeni che non riesce a comprendere e a spiegarsi.
Sfogliare le pagine dei libri di Masaru Emoto ed osservare le fotografie di quei cristalli d’acqua, come quelli del bacino di Fujiwara prima e dopo un ora di preghiera da parte di un sacerdote (cfr. le due foto riportate nell’articolo, pagine 136 e 139 del libro), credo sia comunque un’esperienza straordinaria.
E magari viene da chiedersi quale sia la “forma” dell’acqua che ogni giorno usiamo per bere, lavare o cucinare il cibo, ecc., o quella che è stata usata per produrre le bibite o i farmaci che acquistiamo. E si possono forse spiegare malattie degenerative e fenomeni di guarigione o auto-guarigione da malattie incurabili, che più semplicemente vengono definiti miracoli.
Dal libro “Io speriamo che me la cavo” (Raccolta di temi scritti da bambini delle elementari in provincia di Napoli a cura di Marcello D’Orta).
L’acqua è un prezioso dono di Dio. Parlane.
L’acqua fresca.
L’acqua è un dono di Dio: io lo so che è fresca quando piove, quando scende dal ruscello, dalla fonte, e forma l’acqua. Il mare, i fiumi, i mari, i laghi, le cascate, il Po, sempre acqua sono!
Dall’acqua si ricava la corrente. Le industrie acquatiche la cacciano da dentro all’acqua, e diventa luce, la stufa, il bucchettone1, la televisione, la lampadina: ma è sempre acqua.
Se Gesù non mandasse l’acqua, un guaio. Le piante si arrogherebbero, gli alberi mosci, la terra ha sete, gli animali morissero, io morissi.
L’acqua però non serve soltanto per bere l’acqua, serve anche per lavarsi:
1) la faccia
2) i piedi sporchi
3) i capelli
4) tutto il corpo
Poi serve anche a fare l’auto-lavaggio alla macchina, per buttare la pasta, per fare la barba, per fare l’idrolitina.
L’acqua è un dono di Dio, ma in Calabria non celhanno, alla stagione.

1 la presa di corrente.
In “L’insegnamento dell’acqua – il suo messaggio”, Masaru Emoto ha più diffusamente esposto le sue riflessioni in merito ai risultati delle ricerche e sperimentazioni che conduce ormai da molti anni, trovando sorprendenti collegamenti. Dopo Einstein e la meccanica dei quanti è ormai conoscenza comune che la materia è sia particella che onda: tutto nell’universo vibra con una sua propria frequenza: le parole che escono dalla nostra bocca, i segni scritti, i quadri dipinti, le fotografie. E l’acqua avverte con molta precisione queste vibrazioni, ne prende atto e ne conserva memoria, entrando in risonanza con esse, mentre l’uomo con i suoi sensi limitati, può percepire solo una piccola parte di questo mondo. Ora, grazie alle fotografie di Emoto, l’acqua ci mostra, come fosse uno specchio, tutto ciò che sente.
D’altra parte se pensiamo che il 70% del nostro corpo consiste d’acqua, che il nostro DNA è composto, oltre che dal carbonio, essenzialmente di ossigeno ed idrogeno, ovvero gli stessi elementi chimici dell’acqua, e che tutte le cellule del corpo si rigenerano continuamente portando ad un “ricambio completo” nel giro di soli sei mesi, non possiamo non riflettere attentamente su quanto Masaru Emoto ha voluto esporre nei suoi ormai numerosi libri e con le conferenze che è chiamato a fare in tutto il mondo: il suo auspicio è che l’umanità possa trovare la sua salvezza affidandosi all’acqua, dalla quale alcuni milioni di anni fa la vita ha avuto inizio.
Come l’acqua, sostiene Emoto, che deve essere sempre in movimento, anche la vita umana non deve essere bloccata, meno che mai a causa di opinioni e ideologie politiche: vivere significa fluire, “tutto passa, nulla è stabile”, ogni cosa creata dalla natura scorre in armonia con la regola di base: nasce e muore. Come la teoria dei frattali afferma di fondo che ogni parte rispecchia il tutto (il microcosmo rispecchia il macrocosmo e il macrocosmo rispecchia il microcosmo in forma ingrandita), ciò che avviene nel corpo umano rispecchia in forma miniaturizzata la vita di madre natura (in sintonia con questa teoria il biofisico britannico James Lovelock vede il nostro pianeta come un unico grande organismo – ipotesi Gaia).
L’acqua, che nel suo Cantico delle Creature, con straordinaria sintesi poetica, San Francesco definì utile, umile, preziosa e casta, è una risorsa naturale essenziale per la vita, va preservata e non deve essere sprecata: l’utilizzo di acqua potabile è più che triplicato negli ultimi 50 anni, ed ormai scarseggia anche nei paesi che ne sono sempre stati ricchi. Ciò perché nello stesso arco di tempo la popolazione mondiale è raddoppiata, e soprattutto perché è aumentato lo sfruttamento a fini agricoli (sempre negli ultimi 50 anni l’area irrigata è triplicata, e quasi il 70% del consumo mondiale d’acqua è attualmente dovuto all’irrigazione, mentre il 20 ed il 10 per cento rispettivamente servono per l’industria e gli usi domestici). Conseguentemente il prelievo dalle falde profonde e dai fiumi è sempre più massiccio ed i sistemi idrici di tutto il mondo sono in crisi: i corsi d’acqua si assottigliano sempre più, tanto che molti grandi fiumi non arrivano nemmeno più al mare, laghi scompaiono o si riducono enormemente di estensione, le falde acquifere crollano.
La carenza d’acqua è dunque una delle emergenze più gravi che l’umanità si trova a dover affrontare e questo problema ha effetti anche sociali ed umani di enorme rilievo, che potrebbero essere decisivi per il nostro futuro: c’è infatti una spaventosa diversità nella disponibilità di acqua fra gli abitanti del pianeta, con una profonda ingiustizia sociale: ogni giorno muoiono 6000 bambini a causa di malattie causate da una pessima qualità dell’acqua e da impianti fognari non adeguati, e 250.000 persone soffrono gravemente a causa delle stesse malattie.
Se le guerre del XX secolo sono state quasi sempre provocate dal petrolio (come la guerra in Iraq, che non serviva a rimuovere un dittatore che era stato portato al potere proprio da chi poi se ne è sentito minacciato, né a combattere il terrorismo, bensì a garantire il controllo delle immense risorse petrolifere irachene), secondo molti osservatori e scienziati, è quindi assai probabile che quelle del XXI secolo lo saranno dall’acqua, che non a caso è definita l’oro blu.
Anche le reali motivazioni della guerra israelo-libanese, oltre che per il petrolio ed il controllo dell’energia, sono da ricercare nell’esigenza di Israele di assicurarsi per il futuro risorse essenziali per fronteggiare lo “stress” idrico, che già adesso è molto grave, sottraendole però ai paesi vicini (Iran, Siria, lo stesso Libano, che hanno gli stessi problemi). Non è un caso forse che le ostilità sono iniziate contemporaneamente alla inaugurazione di un importante oleodotto che collega il Mar Caspio al Mediterraneo Orientale, attraversando Azerbaijan e Georgia, e poi la Turchia, con la quale Israele ha negoziato un progetto energetico ed idrico che trasporterà acqua, elettricità, gas naturale e petrolio mediante condotti diretti verso Israele, con il petrolio da trasportare ancora più in là, verso Oriente (Cina ed India, in particolare). L’agenda prevede infatti anche lo sfruttamento, a vantaggio di Israele, delle risorse idriche a monte del Tigri e dell’Eufrate in Anatolia, che però sono essenziali anche per la Siria e per il Libano.
A difendere in prima linea i propri interessi economici troviamo però sempre le solite multinazionali, che fanno profitti sempre maggiori sfruttando risorse naturali ed uomini, e ignorando colpevolmente sia il depauperamento delle une che le sciagure degli altri. E fra queste spiccano le multinazionali dell’acqua che, dopo averla mercificata con l’imbottigliamento, hanno allungato le loro mani sulla gestione degli acquedotti, magari anche con l’obiettivo di renderli meno “affidabili” e così incentivare ulteriormente il consumo di acqua in bottiglia.
In particolare l’Italia figura al primo posto al mondo per consumo di acqua minerale, con una spesa media pro-capite di circa 300 euro l’anno, un’enorme spreco di plastica e combustibili fossili, ed elevati costi sociali per inquinamento. Eppure la maggior parte degli italiani è servita da imprese pubbliche comunali di elevata qualità. Evidentemente si ritiene che l’acqua in bottiglia offra vantaggi superiori ai costi economici e ai danni ecologici che genera. In realtà il costo dell’acqua minerale in bottiglia comprende anche il costo delle frottole pubblicitarie che si bevono insieme ad essa (Maurizio Pallante - La decrescita felice – la qualità della vita non dipende dal P.I.L. – Editori Riuniti).
I danni che alcune multinazionali arrecano all’ambiente, e quindi all’umanità, sono incalcolabili: recentemente dalla stampa è stata riportata una notizia sulla messa al bando in alcune regioni dell’India (fra le quali Kerbala) dei prodotti della Coca-Cola e della Pepsi-Cola, in quanto le analisi hanno evidenziato un contenuto di pesticidi in concentrazioni estremamente alte. Precedentemente però, grazie all’azione di un movimento popolare costituito dalle donne della regione, già la Magistratura aveva vietato alla Coca-Cola l’estrazione di acqua dalle falde freatiche, considerandola bene comune che non può essere sottratto o limitato alle popolazioni locali da concessioni commerciali. In India le due aziende posseggono rispettivamente 52 e 38 stabilimenti d’imbottigliamento, che in realtà sono altrettante stazioni di pompaggio di acqua potabile dalle falde freatiche, capaci di estrarre ciascuno da 1 a 1,5 milioni di litri d’acqua al giorno, provocando un notevole abbassamento delle falde freatiche, il prosciugamento dei pozzi, ed una drammatica carenza di acqua potabile, con riflessi molto negativi anche sull’agricoltura. Per produrre un litro di coca-cola, bevanda pericolosissima per la salute anche a prescindere dal contenuto di pesticidi ed altri veleni, e la cui “composizione chimica” è considerata un segreto industriale e quindi non viene dichiarata sulle etichette (mentre la legge imporrebbe di indicare tutti i componenti di cibi e bevande), occorrono 9 litri di acqua potabile. Inoltre, con i rifiuti tossici che residuano dalla produzione, che contengono anche piombo e cadmio, sostanze altamente cancerogene, viene contaminato quel che rimane delle risorse idriche delle aree in cui sono situati gli stabilimenti.

L’invaso artificiale fra Letino e Gallo Matese: è da qui che proviene l’acqua che finisce nelle condutture dell’ATO 2.
Ma anche in Italia recentemente vi sono state novità positive: il 30 giugno scorso il Governo Prodi ha approvato una legge delega secondo cui sia le reti che la gestione dell’acqua devono essere pubbliche, bloccando i tentativi di ulteriore estensione delle forme di privatizzazione dei servizi idrici. Precedentemente il Governatore della regione Puglia, Nicki Vendola, aveva assunto iniziative politiche di notevole rilievo a sostegno del carattere pubblico del più grande acquedotto d’Europa.
E in Campania, grazie alle denunce dal basso dei comitati civici di difesa dell’acqua, che hanno operato in rete senza né cercare né accettare appoggi politici, sembra essere stata bloccata la privatizzazione del sistema idrico integrato A.T.O. 2, che avrebbe trasformato gli acquedotti di Napoli e di altri 135 comuni delle province di Napoli e Caserta in un oggetto di speculazione finanziaria. Questa operazione del resto interessava molto aziende come la francese Vivendi e l’ENEL acqua ed era stata voluta dalla amministrazione comunale di Napoli che poi, viste le proteste, ha fatto marcia indietro. Alex Zanotelli (straordinario è il suo libro sulla esperienza di missionario in Nigeria: Korogocho – a scuola dai poveri), figura carismatica dei movimenti che hanno lottato per mesi per ottenere questo significativo risultato, ha recentemente auspicato in un suo articolo che la società civile organizzata, ponendosi con metodi non violenti contro il potere finanziario per la tutela di beni primari come l’energia e l’acqua, può e deve condizionare la politica, che altrimenti è facilmente condizionata da altri soggetti interessati a trarre il massimo profitto dallo sfruttamento e dalla mercificazione delle medesime risorse.
E’ questa, per altri versi, la posizione anche di Giorgio Carlo Nista, Sindaco di Colle Sannita e Assessore alla Provincia di Benevento, che in un suo libro sullo sfruttamento dell’energia eolica (“Per chi gira” – Edizioni Lume Energie) scrive: “la presenza sul nostro territorio di una risorsa e l’incapacità di percepirla tale; l’arrivo di soggetti esterni con competenze culturali, tecnologiche e finanziarie per sfruttare tale risorsa, con ricadute minime sul territorio; è ciò che ho definito neocolonialismo”. Nel libro si incitano con passione le amministrazioni e le comunità locali a non svendere le proprie risorse, investendo invece in competenze e capacità, sfruttando sempre più le energie rinnovabili, a vantaggio della collettività e preservando il loro ambiente.
In realtà questo approccio metodologico, già concretizzato dal Comune di Colle Sannita, che realizzerà “in proprio” il suo parco eolico prendendosene tutti i vantaggi, oltre che gli indubbi svantaggi, va trasferito più in profondità, in modo da “decolonizzare” il nostro stesso pensiero, per sfuggire alla logica della mercificazione di tutti i nostri bisogni.
Come indicato da Maurizio Pallante, bisogna ridurre la nostra dipendenza dalle merci, sviluppando nuovamente l’autoproduzione di beni e lo scambio di servizi all’interno della nostra comunità (da cum – con e munus – dono), e deve essere rinnegata la ricerca aberrante dello sviluppo economico continuo, i cui effetti sull’ambiente sono già ora irreversibili.
Effetto serra, cambiamento del clima globale, aumento della temperatura media globale, scioglimento dei ghiacciai tale da provocare un aumento notevole del livello del mare, l’estinzione di numerose specie vegetali ed animali e il collasso di interi ecosistemi, inondazioni, alluvioni, tifoni, desertificazione, epidemie più estese e frequenti, inquinamenti di ogni tipo, queste sono le conseguenze distruttive del “mal-governo” del territorio e delle attuali politiche energetiche, che però non vengono corrette, magari perseguendo riduzione di sprechi e aumento dell’efficienza, perché inevitabilmente si avrebbe una riduzione del PIL.
Le inondazioni per esempio non sono negative in sé, in quanto da sempre arricchiscono ciclicamente di sostanze nutritive i suoli e li rendono più fertili (ricordate le inondazioni del Nilo?), ma diventano disastrose se si è permesso di costruire nei greti dei corsi d’acqua. E così i movimenti franosi sono realmente pericolosi solo se investono delle costruzioni che evidentemente non dovevano essere in quella posizione.
Per dirla con le parole che Maurizio Pallante ha usato nel libro già citato (La decrescita felice – la qualità della vita non dipende dal P.I.L.), dove la pioggia alimentava le falde idriche e mille forme di vita vegetale ed animale, dilaga invece una crosta di materiale impermeabile che sottrae l’acqua al suo ciclo e la convoglia velocemente nei fiumi, che al primo acquazzone di una certa intensità immediatamente straripano, portandosi via tutto quello che l’uomo ha costruito nella zona di esondazione.
E’ necessario porre fine al dissesto idrogeologico, alla mala gestione del territorio, evitando di intervenire in stato di emergenza e prevenendo i disastri naturali. Bisogna migliorare l’efficienza dei sistemi di irrigazione, invertire il processo di impermeabilizzazione dei suoli, eliminare le perdite dalle tubazioni e gli sprechi, ridurre i consumi e favorire il riuso delle acque, gestire le acque di pioggia, decidere gli interventi infra-strutturali e gli investimenti secondo precise priorità.
Dobbiamo capire che l’attuale sistema economico, che vuole la crescita come paradigma indiscutibile, è autodistruttivo e deve essere completamente ri-progettato, valutando opportunamente e senza preconcetti la potenzialità di futuro di ogni iniziativa, riducendo al minimo il consumo di risorse e la produzione di rifiuti, riducendo gli sprechi, aumentando la durata degli oggetti e riciclando le materie prime contenuti in quelli dimessi, utilizzando le innovazioni tecnologiche per attenuare al minimo l’impatto ambientale dei processi produttivi (Pallante). Dobbiamo ri-modulare il nostro impatto sul mondo, in modo che a tutti gli abitanti del pianeta possano essere garantite risorse sufficienti (in primis cibo, acqua ed energia).
E non si può certo dire che manchino i mezzi economici necessari: le spese della NASA per i suoi progetti spaziali costituiscono una voragine finanziaria che consentirebbe di fornire acqua potabile in abbondanza a tutta la popolazione mondiale, l’enorme mole di spese militari (mille miliardi di dollari ogni anno, ben oltre la metà dei quali spesi dagli USA) rappresenta 20 volte il costo di un programma per sradicare la povertà mondiale, le spese annuali in cosmetici della sola Europa sarebbero sufficienti per un programma di alfabetizzazione su scala mondiale.
Un altro mondo è possibile.

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.