domenica 26 dicembre 2010

sabato 19 giugno 2010

A Saramago ... e a Noi.

Ieri è morto José Saramago, uno degli scrittori contemporanei che più mi hanno appassionato negli ultimi anni.
Sono addolorato per la scomparsa di un uomo che ho apprezzato attraverso alcuni suoi libri (Cecità, il Vangelo secondo Gesù Cristo, Saggio sulla lucidità, il Quaderno), ma mi consola che ancora potrò godere della sua arte attraverso i molti suoi scritti che ancora potrò leggere.
Uno dei temi ricorrenti, nei libri di Saramago, è la capacità, comunque, dell'uomo, di essere altruista, di essere capace, anche se "immerso" in un "brodo" di egoismo dilagante, di fare qualcosa per gli altri; e il più luminoso esempio di questa capacità, come l'ateo Saramago ha straordinariamente raccontato, fu Gesù, che donò se stesso, fino all'estremo sacrificio, per amore dei suoi simili, quelli che vissero insieme a lui e quelli che ancora dovevano nascere.
"La politica è stata l'altra sua grande passione dopo la scrittura. In una intervista, concessa a Francesc Relea de El Pais l'anno scorso, Saramago ammise che forse il partito nel quale militava dagli anni Sessanta (l'ultima formazione comunista europea che conserva "l'iconografia dei bolscevichi", bandiera rossa e falce e martello), era "ancorato nel passato". Ma aggiunse: "Abbiamo una eredità dalla quale non riesco a liberarmi. Ed è possibile che questa eredità storica non abbia molto a che fare con la realtà di oggi. Ma perché la realtà di oggi avrebbe ragione? I sentimenti sono importanti. Non riuscirei a riconoscermi in nessun altro partito che non fosse quello comunista portoghese: ci resto per rispetto di me stesso" (da La Repubblica on line - post di Omero Ciai).
Queste parole mi hanno fatto riflettere: in Italia non nemmeno c'è più un partito comunista credibile in cui riconoscerci, e a cui poter restare, almeno sentimentalmente, legati (così come non abbiamo più tante altre cose), ed essere, o essere stati, comunisti, quasi sempre, è percepito come un fatto negativo, anche da chi, come me, è, o è stato, comunista.
Nell'ultimo "post" del suo blog Saramago ha lasciato queste parole: "Penso che la società di oggi abbia bisogno di filosofia. Filosofia come spazio, luogo, metodo di riflessione, che può anche non avere un obiettivo concreto, come la scienza, che avanza per raggiungere nuovi obiettivi. Ci manca riflessione, abbiamo bisogno del lavoro di pensare, e mi sembra che, senza idee, non andiamo da nessuna parte".
Ebbene, in Italia, le buone idee sembrano scarseggiare, e quelle poche che vengono fuori hanno sempre ben poca fortuna.
Io credo che l'unica possibilità di riscossa che abbiamo, come popolo, ma anche come genere umano, sia che si diffonda sempre più la consapevolezza della nostra condizione, con i consequenziali comportamenti che ne dovrebbero derivare, come avvenne per i cittadini, intesi come massa indistinta, senza "capibastone" (o "colpevoli") che il potere possa individuare e colpire, che Saramago ha raccontato in "Saggio sulla lucidità".
E certo, il destino è beffardo: nello stesso giorno della morte dell'autore di quel romanzo, il governo italiano rinnova la sua fiducia nel poliziotto De Gennaro, condannato in appello per istigazione alla falsa testimonianza, in quanto convinse l'ex questore di Genova ad "aggiustare" la sua testimonianza sul blitz nella scuola Diaz. il Ministro della Giustizia ha detto: "Ha servito lo Stato".
Se lo Stato ha bisogno di questi "servizi" ...
Almeno il Ministro della Giustizia di "Saggio sulla lucidità", a un certo punto, ebbe un momento di "lucidità" e lasciò "la casta" e la sua gestione criminale della cosa pubblica.

domenica 23 maggio 2010

L'ANTI-CASTA - L'Italia che funziona.

Ieri sera l'associazione "Amici della biblioteca" di San Salvatore Telesino ha ospitato Marco Boschini, assessore del comune di Colorno (Parma), coordinatore dell'associazione COMUNI VIRTUOSI e coautore del libro "L'Anti Casta", che, rispondendo alle domande del moderatore (Francesco Pascale), ha parlato di alcune (buone) pratiche realizzate in alcuni comuni italiani, ed in particolare di gestione virtuosa dei comuni, di partecipazione, di politica intesa come servizio, ...
Era anche presente al tavolo il coraggioso sindaco di Camigliano (Caserta), Vincenzo Cenname, che ha invece illustrato all'attento auditorio la sua esperienza di amministratore, ed in particolare l'attuale conflitto per la difesa della gestione diretta, da parte del suo comune, dei rifiuti.Raffaele Pucino, assessore all'ambiente del comune di San Salvatore, ha chiuso il giro di interventi illustrando la situazione del nostro comune in materia di rifiuti, e del progetto dell'amministrazione di attivare una consulta ambientale.
Sono contento di aver contribuito alla organizzazione di questo confronto con i due amministratori dell'associazione comuni virtuosi, perchè sia Marco Boschini che Vincenzo Cenname, parlando con passione, competenza e semplicità incredibili, così come ci aspettavamo, hanno saputo catturare l'attenzione di chi ascoltava, ed hanno egregiamente illustrato come un altro modo di intendere la politica e la gestione delle amministrazioni comunali sia assolutamente possibile.

martedì 6 aprile 2010

CAVA NELL'AREA EX BOVE IN LOCALITA' PUGLIANO

COMMENTI AL POST “NON INTERVENTISMO E STRUMENTALIZZAZIONI” INSERITI SU www.vivitelese.it IN RISPOSTA AGLI INTERVENTI DI FABIO ROMANO E GIUSEPPE CRETA.
· Innanzitutto devo precisare che i due comunicati inviati il 30 marzo e il 1 aprile a vivitelese sono “firmati” da Cittadini in Movimento, anche se materialmente inviati da persone fisiche, e sono stati il frutto di discussioni e condivisione.Ci sforziamo, infatti, di cercare sempre una sintesi delle diverse posizioni personali, e in questo modo cerchiamo proprio di evitare che l’attenzione si sposti dai problemi alle dispute personali.Inoltre, il nostro comunicato pubblicato oggi da Vivitelese, ma presente anche sul blog senza alcuna firma, è scaturito anche dalla necessità di fare delle doverose precisazioni dopo il commento, al precedente nostro intervento, da parte di Lorenzo Votto.Ti ringraziamo ancora per averci fornito la copia della delibera di GC del 5 marzo, e quindi per averci dato la possibilità di esprimere il nostro dissenso rispetto a questo progetto di vendita di beni pubblici (non solo quello a Pugliano, ma anche l’altro dove si vorrebbe favorire una speculazione edilizia).Non abbiamo nessun interesse a spostare l’attenzione dalle questioni di merito, naturalmente, e ci auguriamo che i nostri amministratori, sia di maggioranza che di minoranza, al più presto, vogliano confrontarsi con i cittadini, per ascoltarli anche, magari, e non solo per informarli.Abbiamo chiesto anche noi di lavorare in sinergia, lo stiamo chiedendo ormai da anni, ma finora …

· Ancora una volta, un comunicato di Cittadini in Movimento viene attribuito a chi lo ha inviato a vivitelese, e con lui si ritiene di interloquire sentendosi attaccati sul piano personale.Bene, anzi male, perchè questi atteggiamenti, come giustamente ha rilevato anche Fabio Romano, rischiano di sviare l’attenzione dai problemi veri di tutti i cittadini.Personalmente, io non ho mai attaccato sul piano personale nessuno, ma mi sono sempre limitato ad esercitare il diritto di esprimere la mia opinione e di fare le mie proposte alternative.Lo stesso cerchiamo di fare come Cittadini in Movimento.Evidentemente il mio precedente commento non è stato sufficientemente chiaro su questo punto, e mi costringe ora a rispondere, personalmente, a Giuseppe Creta.Il giudizio, e non l’accusa, sugli scarsi risultati dell’opera delle precedenti amministrazioni in tema di tutela dell’ambiente e del paesaggio è basato, per l’appunto, sui risultati, evidenti a tutti, e non sugli atti, mai messi a disposizione dei cittadini in modo che fossero immediatamente fruibili (pubblicazione sul sito istituzionale), nonostante le promesse.Gli atti, dunque, non li abbiamo potuti leggere, ma le decine di capannoni industriali disseminati sul territorio ed oramai abbandonati, i serbatoi, ben visibili sulle nostre colline, di acquedotti che non saranno mai utilizzati, un deposito di gomme esauste illegale e pericolosissimo, le speculazioni edilizie che anche a San Salvatore, dopo Telese, stanno devastando il territorio, e così via, sono sotto gli occhi di tutti.Quando saranno disponibili, leggeremo con attenzione anche gli atti di cui parla Giuseppe Creta, e forse potremo dare un giudizio, sempre politico e mai personale, più “documentato”.Non ritengo di dovermi esprimere su tutto il resto del commento che, pur rivolto a me, è in realtà riferito all’attività dell’amministrazione “attiva” (?) di San Salvatore.Insisto solo affinché qualcuno finalmente metta a disposizione dei cittadini le carte che riguardano la gestione dei loro soldi!Chiudo con una precisazione: Cittadini in Movimento, non ha mai “appoggiato” o “fiancheggiato” nessuna lista e nessun politico, tanto è vero che non abbiamo esitato nemmeno un secondo nel criticare atti della nuova amministrazione che riteniamo sbagliati ed incoerenti anche con il programma.Rivendichiamo semplicemente il diritto di partecipare alla vita amministrativa del nostro Paese. Rifiutiamo “arruolamenti” e, come abbiamo sempre detto e dimostrato, non siamo “di parte”. Siamo infatti pronti a confrontarci con chiunque abbia interesse vero al confronto, ed esprimeremo sempre liberamente le nostre idee, nell’esclusivo interesse della nostra Comunità, sperando in un futuro migliore per noi e per i nostri figli.

martedì 23 marzo 2010

LA TENTAZIONE DEL NON VOTO

In vista delle prossime elezioni regionali, essendo veramente in imbarazzo, per la prima volta in vita mia, sul voto da dare, ho ripreso un bel libro che avevo letto alcuni anni fa: "Saggio sulla lucidità" di José Saramago.
Un bellissimo romanzo, certamente, molto appassionante, ma che può fornire anche una suggestiva via d'uscita a chi, come me, in questo momento, non riesce più a dare alcun credito a questi politici, o almeno a quelli che si propongono in Campania.
Non c'è una vera alternativa, non si riesce più a credere in nessuno.
La politica vera sembra essere ormai morta.
"Un paese senza nome. Una città senza nome. Delle normali elezioni amministrative. Ma qualcosa non va per il verso giusto. La gente non va al mare, non diserta i seggi. Vota, ma vota scheda bianca. Un gesto rivoluzionario, una congiura anarchica, una provocazione di gruppi estremistici?".
Niente di tutto questo: la presa di coscienza, la lucidità dei cittadini, costringe i politici di tutti gli schieramenti ad abbandonare il campo.
Questo potrebbe essere il modo di far capire ai nostri politici che siamo irrimediabimente disillusi sulla loro capacità e autorevolezza.
" ... le intenzioni di chi aveva votato scheda bianca non erano rovesciare il sistema e prendere il potere, del quale peraltro non avrebbero mai saputo cosa farsene, che se avevano votato come avevano votato era perché erano delusi e non trovavano altro modo per far capire una volta per tutte fino a che punto arrivava la delusione, ...".
L'astensione altissima alle ultime amministrative in Francia (quasi il 54% degli elettori non è andato alle urne), e quella che probabilmente avremo in Italia il 28 e 29 marzo hanno la stessa motivazione, credo.
Mi ha lasciato sgomento rileggerre, oggi, certe "coicidenze" fra il libro e la nostra attualità.
"Non avendo i cittadini di questo paese la salutare abitudine di esigere il regolare rispetto dei diritti che la Costituzione concedeva loro, era logico, anzi, era naturale che non fossero arrivati a rendersi conto che glieli avevano sospesi".
Che fare, allora?
"Votare scheda bianca è una manifestazione di cecità ... O di lucidità, disse il ministro della giustizia ... votare scheda bianca si potrebbe considerare come una manifestazione di lucidità da parte di chi l'ha fatto".
Forse, come nel romanzo di Saramago, occorre che i cittadini si ribellino a questa situazione e che, con una manifestazione eclatante, ma pacifica, della nostra indignazione, sia resa drammaticamente evidente la distanza che percepiamo fra i nostri bisogni ed il linguaggio della politica.

POST SCRIPTUM:
Alla fine, ancora una volta, sono andato a votare, ma il mio è stato un voto inutile (ho dato due preferenze ai "grillini", che non hanno raggiunto il quorum in Campania).
Meglio sarebbe stato rinforzare le fila degli "astensionisti", mai così tanti!
Quasi come in Francia, anche gli italiani hanno dato un forte segnale, soprattutto, ritengo, al PD e agli altri partiti di centro-sinistra (inutile inseguire il 3% dell'UDC di Casini, quando c'è un serbatoio di voti di quasi il 40% da ritrovare).

sabato 27 febbraio 2010

LA SICUREZZA SUL LAVORO

LA SICUREZZA SUL LAVORO
(DIRITTO DI TUTTI E DOVERE COMUNE)
(articolo pubblicato sul numero di dicembre 2009 della rivista "asclepiadi").

“E chi và 'a faticà, pur' 'a morte addà affruntà, murimm' 'a uno 'a uno p'e colpa 'e 'sti padrune” (E'Zezi, "A' Flaubert", 1975).

UNA GUERRA NASCOSTA
Ogni giorno in Italia si verificano 2500 incidenti sul lavoro, 3 lavoratori perdono la vita e 27 restano invalidi per sempre (circa un milione di incidenti ogni anno, con oltre 1000 morti).
E dietro ogni cifra ci sono la storia e la vita di uomini e donne, e delle loro famiglie.
Per molti lavoratori, morire o restare segnati per sempre è una eventualità che può verificarsi in qualunque momento. Come in guerra!
Ci sono poi le malattie professionali, provocate dal contatto quotidiano con sostanze tossiche, che uccidono lentamente.
Certi lavori somigliano più ad una trincea che a un diritto garantito dalla Costituzione.
Nei cantieri edili, in particolare, si verifica quasi il 23% degli incidenti, anche se questo settore occupa solo l’8,4% della popolazione attiva; e 1/6 di questi incidenti colpisce lavoratori immigrati, cui di solito vengono affidate mansioni più rischiose, con turni prolungati e scarsa formazione in materia di sicurezza.
Anche la precarizzazione del lavoro incide negativamente sulla sicurezza: si verificano sempre più spesso situazioni in cui lavoratori inesperti e non sufficientemente preparati vengono utilizzati per attività anche molto pericolose, con la conseguenza che i lavoratori “temporanei” sono 2-3 volte più a rischio di quelli stabili.

Il 5 agosto 2009, sulla G.U. n. 180 (supplemento ordinario n.142), è stato pubblicato, ed è quindi entrato in vigore, il decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009: disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Testo Unico della sicurezza nei luoghi di lavoro).
Il Testo Unico rappresentava l’attuazione dell’articolo 1 del D.Lgs. 123/2007 (il Governo e' delegato ad adottare, …, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all'articolo 117 della Costituzione … garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati …).
Si trattava di uno dei primi provvedimenti dell’ultimo Governo Prodi, e uno dei primi firmato dal Presidente Napolitano, che lo aveva molto sollecitato, interpretando le aspettative di tutti gli italiani, anche purtroppo sull’onda emotiva dell’inarrestabile catena di morti e infortunati sul lavoro.
Dopo l’entrata in vigore del Testo Unico era auspicabile un fervore di iniziative, la pronta adozione dei decreti attuativi, il completamento del sistema organizzativo, un rinnovato impegno collettivo per la formazione di una vera cultura della prevenzione.
Purtroppo, con la caduta del Governo, voluta da Mastella dopo l’inizio dei suoi guai giudiziari, il processo che era stato così faticosamente avviato, si è nuovamente, e colpevolmente, bloccato (proroghe, mancata emanazione dei decreti attuativi, …).
E ora il recente provvedimento del Governo Berlusconi rappresenta una sostanziale controriforma e un ribaltamento della “filosofia” del Testo Unico e dei suoi contenuti fondamentali. Una autentica resa agli imprenditori (niente più multe, niente più blocco dell’attività per le aziende fuorilegge che sfruttano il lavoro nero e non rispettano le norme di sicurezza, niente più controlli).
UNA GUERRA NASCOSTA
Ogni giorno in Italia si verificano 2500 incidenti sul lavoro, 3 lavoratori perdono la vita e 27 restano invalidi per sempre (circa un milione di incidenti ogni anno, con oltre 1000 morti).
E dietro ogni cifra ci sono la storia e la vita di uomini e donne, e delle loro famiglie.
Per molti lavoratori, morire o restare segnati per sempre è una eventualità che può verificarsi in qualunque momento. Come in guerra!
Ci sono poi le malattie professionali, provocate dal contatto quotidiano con sostanze tossiche, che uccidono lentamente.
Certi lavori somigliano più ad una trincea che a un diritto garantito dalla Costituzione.
Nei cantieri edili, in particolare, si verifica quasi il 23% degli incidenti, anche se questo settore occupa solo l’8,4% della popolazione attiva; e 1/6 di questi incidenti colpisce lavoratori immigrati, cui di solito vengono affidate mansioni più rischiose, con turni prolungati e scarsa formazione in materia di sicurezza.
Anche la precarizzazione del lavoro incide negativamente sulla sicurezza: si verificano sempre più spesso situazioni in cui lavoratori inesperti e non sufficientemente preparati vengono utilizzati per attività anche molto pericolose, con la conseguenza che i lavoratori “temporanei” sono 2-3 volte più a rischio di quelli stabili.Alcune delle più efficaci misure del Testo Unico voluto da Prodi e Napolitano sono state eliminate o pesantemente ridimensionate: diritto al risarcimento dei danni delle vittime degli infortuni sul lavoro, rivisitazione del sistema sanzionatorio, responsabilità penale del datore di lavoro. La nuova norma introduce una deroga al principio generale in tema di responsabilità penale per omissione (affermato dall’art. 40 c. 2 del codice penale), per cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
In generale è stato deciso dal governo Berlusconi un rilevante abbassamento del livello di protezione dei lavoratori, talvolta in contrasto con le norme comunitarie in materia, e in particolare con la direttiva quadro 89/391/CE. Inoltre sono stati introdotti eccessi di delega, con la violazione della regola sancita nel D.Lgs. n. 123/07 del divieto di abbassamento dei livelli di tutela, e spesso con modifiche contrastanti con altre parti del nuovo Testo Unico.
In particolare le responsabilità del datore di lavoro o del dirigente in caso di morte o infortunio sono state ridimensionate se l’evento è imputabile al fatto colposo di un preposto (progettista, fabbricante, fornitore, installatore, medico, lavoratore, …), cioè al fatto di uno qualsiasi degli altri soggetti operanti nel contesto produttivo. In questo modo è stato svuotato di significato l’obbligo di vigilanza, in capo al datore di lavoro, in ordine al corretto espletamento da parte di tutti i soggetti delle funzioni loro assegnate.
Ma quello che è davvero grave e pericoloso è il significato simbolico di queste modifiche: in una legislatura in cui la politica del Governo in materia penale è tutta tesa ad un generale inasprimento delle pene (pensiamo all’immigrazione, alla circolazione stradale, alle molestie, ecc.), la sicurezza sul lavoro è il settore in cui invece più si ritiene di modificare al ribasso il carico sanzionatorio, con la conseguenza che la giustizia diventa più dura nel colpire il singolo, spesso in situazioni di emarginazione, ed è morbida invece se c’è il rischio di colpire gli interessi di chi detiene il potere, anche quando sono in gioco beni giuridici di importanza primaria, come la salute, il lavoro, la dignità della persona umana e la stessa vita.
Infatti, con le modifiche introdotte, diventa più difficile chiamare a responsabilità, in caso di infortunio, i datori di lavoro, mentre per i lavoratori le pene sono spesso aumentate.
Anche in questo caso non è tanto e solo questione di misura, quanto del messaggio che si trasmette, favorendo la convinzione che in definitiva, in moltissimi casi le maggiori responsabilità sono delle stesse vittime o comunque dei lavoratori nel loro complesso. Un messaggio che, da sempre, va di pari passo con quello – altrettanto nefasto – relativo alla “fatalità” degli infortuni. In un momento in cui l’opinione pubblica è stata più volte colpita dalla gravità di alcuni fenomeni particolarmente drammatici, e mentre si dovrebbe tendere, come richiesto da tutti e più volte sollecitato anche dal Presidente della Repubblica, alla corretta e convinta applicazione di una normativa faticosamente unificata e definita col Testo Unico, ci sarebbe bisogno di ben altri messaggi in favore della formazione di una vera e diffusa cultura della prevenzione.
Figura 1: Lavorare "in sicurezza"!
Non dovrebbe esservi nessuna attenuante per chi, consapevole del rischio cui è sottoposto un lavoratore, pur essendovi obbligato dalla legge, non fa nulla perché quel rischio sia evitato o ridotto al minimo.
Invece tutto quello che riguarda la sicurezza viene visto dai datori di lavoro solo come una spesa aggiuntiva e, nonostante un quadro normativo che teoricamente dovrebbe dare garanzie sufficienti (dai DD. Lgs.vi 626/94 e 494/96 fino al T.U. del D.Lgs. 81/2008), gli infortuni sono ancora una piaga che sembra inevitabile, soprattutto per la scarsità dei controlli, e soprattutto nei piccoli cantieri e nelle fabbriche ed officine artigianali o a conduzione familiare.
In occasione della bonifica dall’amianto di un grande edificio per uffici a Napoli, di cui mi sono occupato come direttore dei lavori, la presenza costante degli ispettori della ASL, sia in fase preliminare che esecutiva, anche con un approccio più “da consulenza” che di vero e proprio controllo, e che quindi fu percepito in modo non coercitivo, o semplicemente sanzionatorio, dall’impresa e dagli operai, la sicurezza fu la priorità, e non si verificò nessun infortunio, né rilascio di fibre di amianto oltre i limiti consentiti. Naturalmente, anche in quel caso, non fu possibile eliminare ogni rischio, ma, come sempre dovrebbe avvenire, si fece tutto il possibile per proteggere la salute degli addetti ai lavori e degli abitanti della zona, anche se i tempi di lavoro furono più lunghi di quelli contrattualmente stabiliti, ma da parte della committenza non fu mai esercitata alcuna pressione, né sull’impresa, né sull’organo di controllo, per aumentare i ritmi di lavoro.
L’integrità e la sicurezza di un uomo, e la dignità dei lavoratori, dovrebbero essere sempre più importanti di un qualsiasi aumento di produttività o di qualsiasi obbligo contrattuale.
Figura 2: ponteggio completamente non a norma, ma con dei "corni" scaramantici come presidio di sicurezza.Troppo spesso, invece, la sicurezza dei lavoratori, soprattutto dove e quando diritti negati e sfruttamento sono la regola, viene spesso sacrificata al profitto dei datori di lavoro.
In nome del guadagno, imprenditori, tecnici ed amministratori con pochi scrupoli, mettono in atti o tollerano sistemi produttivi che sfruttano manovalanza e risorse naturali, senza regole e remore, introducendo nei processi sostanze chimiche tossiche e cancerogene, che avvelenano sia i lavoratori che i destinatari finali del prodotto.
E, in questa situazione, aggravata sempre più dal decadimento morale della nostra società, alimentato dal degrado dell’ambiente che ci circonda, sembra che siano normali anche gli infortuni sul lavoro, ci si indigna sempre meno, e ci si abitua sempre più a pensarli come un inevitabile “effetto collaterale”.
Così, di lavoro si continua a morire, così come si muore per lo svilimento delle strutture sanitarie pubbliche a favore di quelle private, che riducendo i costi per massimizzare i profitti, spesso sono anche peggiori di quelle pubbliche, mentre l’evasione fiscale e contributiva continua a sottrarre risorse alla collettività.
Intanto i mezzi di informazione, televisione in testa, continuano a diffondere notizie angoscianti e spot pubblicitari sempre più sofisticati ed “aggressivi”, costruendo da un lato paura, insicurezza, incertezza e diffidenza, che servono a giustificare politiche sempre più repressive e invadenti, e dall’altro bisogni e domanda di merci, per sostenere la crescita economica e far aumentare i profitti delle multinazionali.
Oggi però c’è la chiara sensazione che il mito del mercato che si auto regola e della crescita economica stiano crollando insieme alle tante aziende che stanno fallendo; e infatti l’Italia è ferma, dal punto di vista economico, ma non è detto che ciò sia un male e non, invece, un’opportunità.
E’ auspicabile infatti che si rinunci all’idea di crescita illimitata e che si avvii la costruzione di una società più sobria che, pur senza rinunziare al benessere, elimini gli sprechi, ridimensioni i consumi, recuperi risorse, spinga sulle energie rinnovabili e modifichi il sistema produttivo, in modo che sia più rispettoso della salute e sicurezza dei lavoratori e dei consumatori, oltre che dell’ambiente.
E’, questa, la “decrescita felice” e la “transizione” di cui parlano da tempo Latouche e tanti altri. E non si tratta solo di economia.
Se vogliamo salvare il Paese dalla bancarotta, e il mondo dalla catastrofe (l’attuale ritmo di sviluppo e di logoramento delle risorse, e l’accelerazione della produzione e dei consumi di beni non necessari, stanno pregiudicando il futuro del pianeta), è necessaria una rivoluzione culturale.
Scuotendoci dalla rassegnazione passiva e liberandoci da egoistici opportunismi, dobbiamo abbandonare il mito della crescita senza limiti, e rifiutare l’idea che l’arricchimento personale possa essere un fine che giustifichi ogni mezzo e nefandezza.
Dobbiamo togliere centralità all’economia e al mercato, e restituirla all’uomo: solo così potremo perseguire una più equa distribuzione delle risorse, e inoltre avremo anche cantieri e fabbriche più sicure e meno infortuni e morti, ma anche prodotti meno pericolosi per i consumatori.
Figura 3: Stati Uniti - colazione di lavoro sospesa!
Investimenti appropriati in ricerca, tecnologia e formazione, da erogare solo alle imprese corrette e rispettose delle regole, devono sostituire i finanziamenti a pioggia, ed è fondamentale un miglioramento dell'efficacia dei controlli delle istituzioni pubbliche. E’ questo il presupposto indispensabile anche per la sopravvivenza delle aziende, che dovrebbero competere sul mercato puntando sull’innovazione e non sulla precarizzazione ed esasperazione dell’impegno dei lavoratori, perché ciò porta poi a stanchezza e riduzione dei livelli di attenzione, favorendo gli infortuni sul lavoro (sono stati pubblicati recentemente dati preoccupanti sulla pericolosa diffusione delle droghe sui luoghi di lavoro, spesso utilizzate, e tollerate, per sopportare i terribili ritmi di lavoro oggi richiesti in alcune fabbriche o nei cantieri).
Imprenditori ed artigiani devono acquisire consapevolezza sulle conseguenze ambientali, economiche e sociali di ogni loro attività, devono sentirsi pienamente responsabili della salute e sicurezza dei loro prestatori d’opera, ed avere coscienza di svolgere un ruolo di interesse collettivo, e non solo un’attività finalizzata al profitto.
Lo sviluppo economico non deve prescindere dal rispetto per l’ambiente e dell’integrità, fisica e morale, della persona umana, la cui difesa deve condizionare ogni decisione legislativa e amministrativa, ma anche le scelte e le azioni degli imprenditori.

sabato 30 gennaio 2010

2010 anno della "diversità della vita" (e quindi della VITA stessa)

La biodiversità sulla Terra è in serio pericolo: occorrono da 1 a 4 milioni di anni perchè una specie possa evolvere in due specie diverse, mentre una specie si estingue in 10.000 anni (ma con una tendenza alla riduzione) e, alle condizioni attuali, il tasso di estinzione è 1000 volte maggiore di quello che c'era prima della comparsa dell'uomo sulla terra.
Soprattutto negli ultimi 100 anni la perdita di biodiversità ha avuto un progressivo e drammatico aumento, e, con questo ritmo, nel 2100 si saranno estinte dal 50 all'80 % delle specie attuali.
Se si riduce la vita del pianeta, in proporzione, ad un anno solare, la data di comparsa dell'uomo "cadrebbe" il 31 dicembre, negli ultimi minuti delle ore 23 (il periodo che va da Dante ad oggi equivale a circa 4 secondi di questo intero anno).
Eppure, l'uomo è riuscito a fare così tanti danni alla vita sul pianeta come nessun altro evento dei prima, con una drammatica accellerazione con l'inizio dell'era industriale: eccessivo aumento della popolazione, deforestazione, pesca ed agricoltura intensiva, specie aliene, cambiamenti climatici, introduzione nell'ambiente di sostanze di sintesi chimica ed altri inquinanti, ...
Abbiamo dunque un'enorme responsabilità e l'ineludibile dovere di porre un freno alla estinzione delle specie.
Dal 1975 in poi, convenzioni internazionali e direttive europee hanno iniziato a porre l'attenzione su questa tematica imponendo le prime misure di tutela: istituzione di aree protette, salvaguardia dei corridoi ecologici, strumenti di pianificazione, campagne di sensibilizzazione, ...
La convenzione delle Nazioni Unite sulla bioidversità è del 1992 (Rio de Janeiro).
Nel 2001 l'Unione Europea si era impegnata ad arrestare il declino della biodiversità entro il 2010, ma, solo nel 2006 ha adottato un piano d'azione in tal senso, e ancora oggi la consapevolezza del problema da parte dei cittadini è del tutto inadeguata. L'ignoranza, o l'indifferenza, rispetto a questo problema, ancora predominano.
Dunque, dichiarando il 2010 anno della biodiversità, l'ONU ha voluto porre con forza l'attenzione delle nazioni e degli uomini sulla necessità di tutelare la bio-diversità per assicurare la vita sulla terra: i nostri approvvigionamenti alimentari e, quindi, la nostra stessa vita sono minacciati dalla perdita di biodiversità che noi stessi stiamo causando.
Ora bisogna fare una scelta: considerare la biodiversità e l'habitat come BENI COMUNI, e non più come risorse da sfruttare economicamente, capitale da valorizzare.
Lo spirito di sopravvivenza, come specie, e la responsabilità fra generazioni, una volta acquisita la consapevolezza della drammatica situazione in cui ci troviamo, deve portarci ad AGIRE per contribuire alla conservazione della biodiversità, conciliando l'economia con l'irrinunciabile protezione e conservazione dell'ambiente.
In Italia avremmo l'esigenza immediata di una legge organica in materia di biodiversità ma, purtroppo, questo governo non sembra affatto interessato a questa necessità, ed anzi sta lavorando all'ennesimo condono edilizio, che questa volta, nelle intenzioni di alcuni senatori del PdL, che hanno proposto un emendamento in Commissione Affari Costituzionali che sta esaminando il prossimo "milleproroghe", non risparmierebbe nemmeno le aree protette (includendo nel condono anche i danni ai beni ambientali e paesistici), e si accinge a votare una norma che consentirebbe di dilatare il periodo della caccia oltre i già infiniti cinque mesi previsti dalla legge attuale, oltre ad altre modifiche assolutamente contrarie anche alle direttive europee in materia, inclusa la possibilità di accciare le specie protette (lupi, orsi, ...).
E, cosa incredibile, uno dei Senatori che ha proposto l'emendamento si chiama Orsi: forse fa anche ridere (ci ha fatto una battuta anche la Littizzetto), ma invece, a me vien voglia di piangere!

venerdì 22 gennaio 2010

LA NUOVA RIFORMA DEL PUBBLICO IMPIEGO


Alcuni amici, e fra questi soprattutto chi fa sindacato, mi hanno criticato per un mio intervento sul decreto Brunetta pubblicato sul blog di CITTADINI IN MOVIMENTO (lo riporto di seguito).
Pensavo fosse chiaro il mio pensiero rispetto al fatto che questo provvedimento, pur inserito in un quadro di iniziative brunettiane assai velleitarie e prive di reale incisività, contiene alcuni strumenti che possono certamente migliorare il funzionamento della P.A. e che, del resto, fanno parte di un percorso che si è avviato molto prima del 2007, quando a Brunetta è stato affidato il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione.
Altre norme volute da Brunetta sono semplicemente assurde, o almeno inutili, come l'aver voluto fissare per legge che il 25% dei dipendenti pubblici è meritevole, il 50% vale la metà dei primi, e l'ultimo 25% è del tutto inutile (i "famigerati fannulloni" di cui già Ichino aveva parlato). Ebbene stabilire senza alcuna analisi di merito che almeno 750 mila dipendenti pubblici sono degli irrecuperabili fannulloni, e non decidere consequenzialmente, ammesso che la cosa sia dimostrabile, che devono essere mmediatamente licenziati (e non semplicemente penalizzati economicamente non riconoscendogli gli incentivi) lascia perplessi.
Se poi pensiamo che queste stesse percentuali vanno applicate ufficio per ufficio, senza pensare che ci sarà pure qualche Ente dove nessun dipendente merita di essere penalizzato, be', ogni commento mi sembra inutile.Chiudo ricordando che uno dei primi atti dell'attuale Governo, di cui Brunetta è forse il ministro con la più alta popolarità (non a caso gli altri vogliono spedirlo a fare il sindaco a Venezia), fu quello di cancellare l'Alto Commissariato per la lotta contro la corruzione nella Pubblica Amministrazione, voluto da Prodi, e che, quello sì, aveva iniziato a fare un ottimo lavoro e stava preoccupando i dipendenti pubblici disonesti e/o infedeli o che approffittano della loro posizione per perseguire interessi privati.


Il mio post su http://transizionesst.blogspot.com/
Furio Colombo sul Ministro Brunetta (il Fatto Quotidiano – martedì 29 dicembre 2009): “Sono del parere che nessuna idea dello strano e iperesibizionista ministro Brunetta sia buona. Il suo principale impegno nella vita pubblica è dimostrare di essere scandalosamente geniale in un mondo di mediocri. Forse non ha torto quando parla dei suoi colleghi ministri e sottosegretari, ma l’universo con il quale è in grado di confrontarsi e di primeggiare finisce lì. Un carattere tipico delle idee di Brunetta è un naturale spirito malevolo che infetta chi commette il fatale errore di prestargli attenzione”.
Concordo con il giornalista in questo suo giudizio, ed aggiungo che Brunetta ha oggi tanta popolarità solo perché è stato esageratamente furbo ad appropriarsi indebitamente di un processo di innovazione della P.A. che è stato avviato molto tempo fa da Bassanini (governi dell’Ulivo 1996-2001), e che, dopo la pausa della legislatura 2002 – 2007 (Berlusconi), era stato riavviato da Nicolais (nella breve durata dell’ultimo governo Prodi – 2007).
Brunetta, riprendendo un tormentone introdotto da Ichino (ex CGIL – ora nel PD), ha preso ad attaccare tutti i dipendenti pubblici indiscriminatamente, rompendo il fronte sindacale, fiancheggiando la distruzione dei servizi pubblici a favore delle privatizzazioni ed arrivando recentemente a proporre persino la modifica dell’articolo 1 della Carta Costituzionale: come in una vignetta di Mauro Biani (l’unità), secondo Brunetta “l’Italia deve essere un paese fondato sul libero mercato della concorrenza meritocratica riformata dall’amore contro i fannulloni dell’odio buonista”.
Chiarito ciò, a scanso di equivoci, devo tuttavia anche dire che il recente Decreto Legislativo n.150/2009 (prende il nome da Brunetta – ma in buona parte il testo del decreto era stato già preparato al Ministero durante il breve periodo in cui è stato ministro Nicolais), che va a modificare in modo significativo il precedente Decreto 165/2001 (Bassanini – norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), detta importanti disposizioni in materia di pubblico impiego, e molte di queste, dovendo essere applicate da subito anche dagli enti locali, ci interessano in modo particolare.
Vediamone sommariamente alcune, per farci un’idea dell’impatto sul funzionamento di tutte le pubbliche amministrazioni, e quindi anche dei Comuni.All’articolo 1 – comma 2, si legge: “Le disposizioni del presente decreto assicurano una migliore organizzazione del lavoro, il rispetto degli ambiti riservati rispettivamente alla legge e alla contrattazione collettiva, elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, l'incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera, il riconoscimento di meriti e demeriti, la selettività e la valorizzazione delle capacità e dei risultati ai fini degli incarichi dirigenziali, il rafforzamento dell'autonomia, dei poteri e della responsabilità della dirigenza, l'incremento dell'efficienza del lavoro pubblico ed il contrasto alla scarsa produttività e all'assenteismo, nonché la trasparenza dell'operato delle amministrazioni pubbliche anche a garanzia della legalità”.
Le finalità della Legge, dunque, sono giuste: chi nella P.A. ha sempre “tirato la carretta” anche per i “fannulloni”, che indubbiamente ci sono, non può che condividere!
I principi generali sono indicati all’articolo 3 - comma 2: “Ogni amministrazione pubblica e' tenuta a misurare ed a valutare la performance con riferimento all'amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti, …”
comma 3: “Le amministrazioni pubbliche adottano modalità e strumenti di comunicazione che garantiscono la massima trasparenza delle informazioni concernenti le misurazioni e le valutazioni della performance”.
comma 4: “Le amministrazioni pubbliche adottano metodi e strumenti idonei a misurare, valutare e premiare la performance individuale e quella organizzativa, secondo criteri strettamente connessi alsoddisfacimento dell'interesse del destinatario dei servizi e degli interventi”.
comma 5: “Il rispetto delle disposizioni del presente Titolo e' condizione necessaria per l'erogazione di premi legati al merito ed alla performance”.
Riportiamo infine il comma 1 dell’articolo 11 (Trasparenza): “La trasparenza e' intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.
Se questo strumento sarà ben utilizzato, potrà indubbiamente favorire la “governabilità” anche degli Enti Locali.

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.