giovedì 24 dicembre 2009

Ciao, Falabella

Il 22 dicembre è una data importante, molto simbolica, e dovrebbe essere un giorno di gioia, quello in cui, dopo il solstizio d'inverno, il giorno, e la luce, iniziano a recuperare tempo sulla notte, e sul buio.
Per me, da quest'anno, sarà sempre triste, perchè ricorderò che in questo giorno te ne sei andato, senza un saluto, senza un abbraccio, in silenzio, quasi senza farti sentire, e comunque, lasciandoci, ancora una volta, un insegnamento, un contributo.

Ci mancherai sempre: in ufficio non potrà mai più essere come prima, come quando Tu eri lì a prenderci in giro, a scherzare, a sdrammatizzare tutto, anche per non farci prendere troppo sul serio, e per non far dare troppa importanza alle cose che facevamo, rispetto a quelle veramente importanti, ma comunque sempre disponibile a dare una mano a tutti.
Non sei stato solo un collega affidabile e fidato, ma anche un amico cui ho voluto bene.
Sempre presente nei momenti importanti, sempre sorridente e capace, con il sorriso e una battuta, di farci capire da soli dove stavamo sbagliando: bastava riflettere sulla tua battuta per capire quello che avevi voluto dirci, in modo indiretto, senza rimproveri e accuse.
Ora dovremo cavarcela senza di Te, magari chiedendoci cosa avresti detto o fatto Tu in quella situazione.
Ciao, Peppe

sabato 19 dicembre 2009

A COPENHAGEN É STATO COMMESSO UN CRIMINE. MA NON E’ FINITA

DALLA LETTERA DEL DIRETTORE ESECUTIVO DI GREENPEACE INTERNATIONAL - KUMI NAIDOO:

Decine di migliaia di attivisti in tutto il mondo hanno manifestato in questi giorni perché da Copenhagen uscisse un trattato equo, ambizioso e legalmente vincolante.
Ho sperato fino all´ultimo che i nostri leader avrebbero agito, raggiungendo un accordo sul clima sufficiente a evitare la catastrofe climatica.
Ma la realtà è stata diversa. Nonostante il mandato ricevuto dai cittadini di tutto il mondo, e più di un centinaio di capi di governo arrivati a Copenhagen, il battibecco continua. I nostri leader non hanno agito come tali. Non hanno portato a termine il loro compito.
Il risultato non è equo, né ambizioso e legalmente vincolante. Oggi, i potenti della Terra hanno fallito l´obiettivo di impedire cambiamenti climatici disastrosi.
La città di Copenhagen è la scena di un crimine climatico, con i colpevoli che scappano verso l´aeroporto, coperti di vergogna. I leader mondiali hanno avuto un´occasione unica per cambiare il pianeta in meglio, evitando i cambiamenti climatici. Alla fine hanno prodotto un accordo debole, pieno di lacune.
Ma non è finita. I cittadini di tutto il mondo chiedevano un vero accordo prima che il Summit iniziasse, e continuano a chiederlo. Possiamo ancora salvare centinaia di milioni di persone dalle devastazioni di un mondo sempre più caldo: è solo diventato molto più difficile.
La società civile, la maggior parte della quale è stata chiusa fuori nei giorni finali di questo Summit sul clima, ora deve raddoppiare i propri sforzi. Ciascuno di noi deve costringere i propri leader ad agire. Dobbiamo portare la lotta per impedire la catastrofe climatica a ogni livello politico: locale, regionale, nazionale e internazionale. E lo stesso per le stanze dei consigli di amministrazione e le strade principali delle nostre città. O lavoreremo per un cambiamento effettivo della nostra società o soffriremo le conseguenze di questo fallimento.
Tre attivisti di Greenpeace entrati nel Palazzo Reale danese, nel corso della cena ufficiale dei capi di Stato, aprendo un banner con la richiesta di una vera azione per il clima, sono stati spediti in prigione per tre settimane. Si tratta dei leader sbagliati. I veri leader mondiali che hanno provato ad agire realmente sono ora in cella, mentre i presunti leader stanno abbandonando la scena.

Leggi la lettera integrale di Kumi Naidoo: http://www.greenpeace.org/italy/news/copenhagen-lettera-kumi

domenica 29 novembre 2009

Introduzione al dibattito “Emergenza sul Territorio e aggressione ai Beni Comuni”

Siamo qui per discutere alcune emergenze che interessano il nostro territorio, alcune già ampiamente note in Valle Telesina, altre che forse ancora non sono percepite come tali, ma che potrebbero in futuro arrecare ulteriore pregiudizio alla salubrità dell’ambiente nel quale viviamo e alle risorse agricole, enogastronomiche e turistiche di cui ancora possiamo vantarci, e senza alcun vantaggio economico per i cittadini.
Si tratta di problematiche apparentemente diverse, ma che hanno un filo che le lega tutte: si tratta, in ogni caso, di beni pubblici, cioè di tutti, che vengono svenduti per favorire gli interessi di pochi.
Subdolamente ci parlano di libero mercato e liberalizzazioni, ma invece, quasi sempre, si tratta di privatizzazioni di servizi e beni essenziali in regime di monopolio, realizzate in modo da sabotare anche le “regole di mercato” che potrebbero garantire quanto meno una reale concorrenza.
Alcuni anni fa ebbi un incubo terribile: l’amministrazione della giustizia, ed il sistema penitenziario, erano stati privatizzati, con tutta una serie di drammatiche conseguenze. Mi svegliai angosciato, e tuttavia potei consolarmi pensando che si era trattato solo di un sogno e che mai sarebbe potuta accadere realmente una cosa del genere.
Ebbene temo che mi sbagliavo: l’art. 15 della legge 135 del 19 novembre scorso ha disposto una nuova disciplina dei Servizi Pubblici Locali (acqua, rifiuti, …) ed ha posto le basi per la prossima “privatizzazione con svendita” delle aziende pubbliche locali (ce ne parlerà estesamente Salvatore Carnevale, del Movimento per la difesa dell’acqua); la scuola pubblica è di fatto sotto attacco, e le si continua a sottrarre risorse senza invece mai intaccare i finanziamenti alla scuola privata, anzi aumentandoli, l’energia, le comunicazioni e i trasporti sono ormai quasi completamente nelle mani dei privati, ….
Sulla stampa si legge inoltre che uscirà a dicembre un decreto che trasformerà la protezione civile in una SpA con il Presidente del Consiglio come amministratore unico (almeno per il momento): insomma, stanno per privatizzare l’emergenza, ovvero una situazioni in cui già oggi si opera con poteri illimitati, con discrezionalità assoluta, facendo operazioni ed investimenti al di fuori di ogni controllo; ma con questo decreto si avranno effetti ancora peggiori sulla trasparenza, per esempio, di assunzioni e gare d’appalto.
Eppure sembriamo poter accettare ogni cosa senza reagire, un po’ perché assuefati e rassegnati, e un po’ perché il controllo dell’informazione è così capillare che ben poche sono le voci e le opinioni di dissenso che riescono a trapelare, immediatamente sommerse dalle rassicuranti repliche di chi ormai detiene tutti i poteri, tranne, per il momento, quello giudiziario. E qui torniamo al mio incubo: con le carceri che ormai debordano di “delinquenti” comuni, soprattutto tossicodipendenti, e la mancanza di risorse denunciate dallo stesso responsabile dei servizi, fra quanto tempo pensate che sarà data la possibilità ai privati di costruire carceri, certamente senza far mancare loro deroghe di ogni tipo ed incentivi? E le ipotesi di riforma della magistratura, in primis la separazione delle carriere fra P.M. e Magistrati Giudicanti, cosa credete che siano, se non l’avvio di una trasformazione in senso privatistico del ruolo di Giudice?
Tuttavia gli enti locali, ed in particolare i comuni, possono opporsi a queste logiche, e rivendicare e concretizzare i loro spazi di autonomia.
Perché ciò avvenga, però, è necessario che i cittadini incalzino i loro rappresentanti eletti. Intanto bisogna smetterla di disinteressarci dei nostri conti e di come vengono gestite le nostre risorse. Bisogna rifiutare le logiche clientelari e muoversi in associazione, come gruppi aperti, dove prevalga l’interesse collettivo e non quelli particolari.
Certo ci sono da fronteggiare resistenze e diffidenze: tempo addietro, un amministratore del mio comune, rispetto alla richieste perché si avviasse una redazione partecipata del bilancio preventivo, e di sottoporre al controllo dei cittadini il bilancio consuntivo, così come si fa da anni in tante amministrazioni, italiane e non, reagì con le seguenti testuali parole, che poi mi sono state riferite: “vuol dare il potere al popolo!”.
Ma quello di partecipare alle decisioni che ci riguardano è un nostro diritto, e non una richiesta eversiva, ed oggi sono disponibili tutti gli strumenti, culturali, legislativi e tecnologici per rendere effettivo questo diritto.
Dunque, andiamo a prenderci quel potere di decidere, che, in democrazia, è nostro, è dei cittadini.
Il nostro impegno civile, come abbiamo dimostrato con la vicenda VOCEM, anche se adesso dobbiamo ancora attendere l’esito dei ricorsi al TAR, ovviamente facendo sentire comunque la nostra voce agli Enti citati, è fondamentale per opporsi alle aggressioni che il nostro territorio sta subendo, per gli interessi di speculatori ed affaristi, che spesso non trovano nessun ostacolo dai nostri rappresentanti politici, per inadeguatezza, magari in buona fede, o per incapacità o, ancora, a volte, per complicità.
Dobbiamo assumerci quindi la responsabilità, come cittadini, di vigilare, controllare, chiedere spazi di democrazia e partecipazione, fare proposte, rappresentare buoni esempi e pratiche virtuose e, quando ci è consentito, lavorare insieme alle amministrazioni per realizzare ogni tipo di iniziativa che vada nella direzione di perseguire l’interesse collettivo.
E’ certo, purtroppo, e qui concludo, che gli spazi che i cittadini lasciano liberi dal loro controllo democratico, vengono immediatamente occupati da imprenditori, professionisti e associazioni di categoria, che vanno a negoziare all’interno delle istituzioni, con modalità lobbistiche, o per il tramite dei loro rappresentanti eletti, tutto ciò che possono: incarichi, affidamenti, finanziamenti, concessioni, …

giovedì 26 novembre 2009

TERRITORI DA DIFENDERE

La partecipazione attiva di tanti cittadini alla vita democratica e la capacità che avremo in futuro di influenzare, in nome del bene comune, le decisioni della politica, sono ormai la nostra unica speranza.



Cittadini in Movimento – Laboratorio di cittadinanza attiva
Comitati civici di San Salvatore Telesino e Guardia S. contro l'inceneritore
Altrabenevento - Associazione per la città sostenibile contro il malaffare
Benevento EcoSolidale – Comunità delle associazioni ambientaliste e solidali sanniteRete Arcobaleno – Associazioni per un’economia ecosolidale
Coordinamento delle associazioni/comitati contro la centrale elettrica di Ponte Valentino
Lerka Minerka – Naturalismo ed escursionismo
Città di Eufemia – Nodo di economia solidale
invitano a partecipare,
Sabato 28 novembre 2009ore 18.00,
al dibattito pubblico: Emergenze sul territorio ed aggressione ai beni comuni
Controllo dei cittadini sul governo degli Enti Locali, sull’uso delle risorse pubbliche e sulla gestione dei beni comuni
• Inceneritore di San Salvatore Telesino;
• Centrale a turbogas “La Luminosa” a Ponte Valentino;
• Rifiuti: discariche, raccolta differenziata e smaltimento;
• Consumo di territorio e degrado del paesaggio;
• Ecovicinanza, un paradigma contro il verticismo culturale, politico ed economico;
• Privatizzazione dei servizi pubblici: il caso dell'acqua;
• Presìdi sanitari e tutela della salute.
Modera Jusy Iuliano, giornalista di Media TV
Telese TermeBiblioteca Comunale - Piazza M.Teresa di Calcutta
“Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L'idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell'aria,lo scintillio dell'acqua, come potete voi acquistarli? Ogni parte di questa terra è sacra per il mio popolo...”
Lettera del Gran Capo Seattle, Tribù Suwamish, a Franklin Pierce, Presidente degli Stati Uniti (1855)
Cittadini ed amministratori sono invitati a partecipare

giovedì 1 ottobre 2009

GESTIONE SERVIZI PUBBLICI: ACQUA, TRASPORTI, ENERGIA, RIFIUTI FUORI DAL CONTROLLO PUBBLICO

Il Governo, con il decreto legge 25 settembre 2009, n. 135 ha modificato ancora una volta in senso negativo la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Si tratta di un'ulteriore accellerazione nel senso della privatizzazione rispetto a quanto già fatto con la legge finanziaria dell'anno scorso all'articolo 23 bis.
Riprende quindi slancio la spinta privatizzatrice del Governo, raccogliendo i ripetuti appelli di Confindustria, perché si mettano a disposizione delle imprese i servizi pubblici locali come fonte di guadagno assicurato in tempi di crisi.
Questa modifica è diretta ad aumentare esponenzialmente la presenza dei privati nella gestione dei servizi pubblici locali, limitando per non dire impedendo l’ingresso alle SPA completamente pubbliche o a maggioranza di capitale pubblico.
E’ un attacco generalizzato ai beni comuni e ai servizi pubblici (servizi idrici, energia, trasporti, rifiuti, manutenzioni…), che dovrebbe essere respinto con una forte mobilitazione.
L’unica possibilità di conservare una gestione pubblica di quei servizi che si intendano mantenere sotto il controllo democratico, pubblico e svincolato da logiche di mercato, è la ripubblicizzazione.
Attraverso gli enti strumentali comunali e consortili, dovrebbe avvenire la riappropriazione sociale tramite la partecipazione popolare.
Alla luce di questa nuova normativa dunque, diventa indispensabile inserire negli statuti comunali la dichiarazione che l'acqua come servizio pubblico, che si vuole mantenere sotto il controllo democratico e popolare, è “privo di rilevanza economica” perché colmo di rilevanza sociale, ambientale e culturale.

mercoledì 16 settembre 2009

Acqua: il grande rifiuto di Padre Alex Zanotelli

"E’ in ballo la Vita perché l’Acqua è Vita! "
Così Padre Alex Zanotelli ha chiuso un suo recente intervento dopo l'ulteriore svolta del governo nella direzione di una completa privatizzazione dell'acqua.
Riporto l'intervento di Zanotelli e faccio mia la richiesta che i comuni deliberino per sancire che l'acqua è un bene comune non mercificabile.
"Non avrei mai immaginato che il paese di Francesco d’Assisi (Patrono d’Italia) che ha cantato nelle sue Laudi la bellezza di “sorella acqua” diventasse la prima nazione in Europa a privatizzare l’acqua! Giorni fa abbiamo avuto l’ultimo tassello che porterà necessariamente alla privatizzazione dell’acqua. Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha approvato il 9/09/2009 delle “Modifiche” all’articolo 23 bis della Legge 133/2008.
Queste "Modifiche" sono inserite come articolo 15 in un Decreto legge per l’adempimento degli obblighi comunitari. Una prima parte di queste Modifiche riguardano gli affidamenti dei servizi pubblici locali, come gas, trasporti pubblici e rifiuti. Le vie ordinarie -così afferma il Decreto- di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è l’affidamento degli stessi, attraverso gara, a società miste, il cui socio privato deve essere scelto attraverso gara, deve possedere
non meno del 40% ed essere socio "industriale”. In poche parole questo vuol dire la fine delle gestioni attraverso SPA in house e della partecipazione maggioritaria degli enti locali nelle SPA quotate in borsa.
Questo decreto è frutto dell’accordo tra il Ministro degli Affari Regionali, Fitto e il Ministro Calderoli. E questo grazie anche alla pressione di Confindustria per la quale in tempo di crisi, i servizi pubblici locali devono diventare fonte di guadagno.
E’ la vittoria del mercato, della merce, del profitto. Cosa resta ormai di comune nei nostri Comuni? E’ la vittoria della politica delle privatizzazioni, oggi, portata avanti brillantemente dalla destra. A farne le spese è sorella acqua. Oggi l’acqua è il bene supremo che andrà sempre
più scarseggiando, sia per i cambiamenti climatici, sia per l’incremento demografico. Quella della privatizzazione dell’acqua è una scelta politica gravissima che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese, ma soprattutto dagli impoveriti del mondo (in milioni di
morti per sete!).
Ancora più incredibile per me è che la gestione dell’acqua sia messa sullo stesso piano della gestione dei rifiuti! Questa è la mercificazione della politica! Siamo anni luce lontani dalla dichiarazione del Papa Benedetto XVI nella sua recente enciclica Caritas in veritate dove si afferma che l’”accesso all’acqua” è "diritto universale di tutti gli esseri umani senza distinzioni e discriminazioni”.
Tutto questo è legato al “diritto primario della vita”. La gestione dell’acqua per il nostro Governo è assimilabile a quella dei rifiuti! Che vergogna! Non avrei mai pensato che la politica potesse diventare a tal punto il paladino dei potentati economico-finanziari. E’ la morte della politica!".
Zanotelli chiede quindi a tutti di:
-protestare contro questa decisione del governo tramite interlocuzioni con i parlamentari, invio di e.mail ai vari ministeri…
-chiedere ai parlamentari che venga discussa in Parlamento la Legge di iniziativa popolare per una gestione pubblica e partecipata dell’acqua, che ha avuto oltre 400mila firme e ora ‘dorme’ nella Commissione Ambiente della Camera;
-chiedere con insistenza alle forze politiche di opposizione che dicano la loro posizione sulla gestione dell’acqua e su queste Modifiche alla 23 bis;
-premere a livello locale perché si convochino consigli comunali monotematici per dichiarare l’acqua bene comune e il servizio idrico “privo di rilevanza economica”;
-ed infine premere sui propri consigli comunali perché facciano la scelta dell’Azienda Pubblica Speciale a totale capitale pubblico: è l’unica strada che ci rimane per salvare l’acqua.
Sarà solo partendo dal basso che salveremo l’acqua come bene comune, come diritto fondamentale umano e salveremo così anche la nostra democrazia
".

martedì 15 settembre 2009

FORUM INTERNAZIONALE DEGLI ACQUISTI VERDI

Dall’ 8 al 10 ottobre 2009 presso la Fiera di Cremona torna il Forum Internazionale degli Acquisti Verdi CompraVerde-BuyGreen, terza edizione della più grande e innovativa mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurement pubblico e privato. L’evento è promosso e organizzato da Provincia di Cremona, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Regione Lombardia insieme a Ecosistemi e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. L’iniziativa, che gode del patrocinio di CONSIP S.p.A, si conferma non come semplice luogo di incontro, ma come veri e propri Stati Generali degli Acquisti Verdi.
Ricordo che gli acquisti verdi costituiscono un obbligo normativo per le amministrazioni pubbliche, nel limite minimo del 30%, e che sono anche una grade opportunità per imprenditori e tecnici "illuminati".
Tra le iniziative speciali promosse dal Forum CompraVerde:
- Premio CompraVerde-Miglior bando verde e migliore politica di GPP realizzata
Un riconoscimento alle pubbliche amministrazioni che si sono contraddistinte per il loro impegno nelle buone pratiche e nella promozione del GPP.
- Premio MensaVerde
L’iniziativa intende valorizzare le organizzazioni pubbliche, private e non profit che si sono distinte per aver attivamente contribuito alla diffusione degli acquisti verdi e del consumo sostenibile nel settore della ristorazione collettiva.
- GreenContact – Borsa degli Acquisti Verdi
Un’area di scambio mirata con incontri one to one tra enti pubblici, piccole e medie imprese, aziende rete e organizzazioni non profit
- Giornata Nazionale del GPP – 9 ottobre 2009
Giornata di chiusura della “Maratona degli Acquisti Verdi”: una settimana di eventi, iniziative e incontri sugli acquisti verdi che si svolgeranno dal 2 al 9 ottobre 2009 in tutta Italia.
- Scuola Laboratorio GPP
Iniziative di educazione alla sostenibilità per i più giovani, percorsi didattici e università green e opportunità di formazione e aggiornamento per dirigenti scolastici e funzionari di riferimento.

domenica 30 agosto 2009

PER UNA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE SOSTENIBILE

Di recente la Regione Campania ha approvato il Piano Territoriale Regionale (PTR).
Nei prossimi mesi la provincia di Benevento dovrà realizzare il suo Piano di Coordinamento Provinciale, e molti comuni della Valle Telesina dovranno aggiornare i loro piani urbanistici, approvando il nuovo PUC (piano urbanistico comunale).
Nei relativi iter progettuali ed autorizzativi, non potrà non essere individuato come obiettivo principale quello di assicurare una adeguata protezione dell'ambiente e del paesaggio dalla "aggressione" degli interventi antropici, così come prescritto dallo stesso PTR, che prescrive di tutelare, valorizzare e riqualificare il territorio con il minor consumo di suolo e senza prescindere dalla difesa del territorio agricolo.
Fondamentale sarà il metodo applicato e la capacità di attivare una reale partecipazione da parte dei cittadini.
Il PTR introduce, anche in Campania, i concetti di auto-riconoscimento delle identità locali e di auto-organizzazione nello sviluppo.
Questo significa, soprattutto, che le comunità locali devono essere protagoniste dall'inizio alla fine dei processi di programmazione e pianificazione territoriale.
Ma come può essere resa efficace la partecipazione dei cittadini, ottenendo un risultato tecnicamente valido, e che possa conciliare l'interesse allo sviluppo socio-economico del territorio di riferimento con quello, altrettando legittimo, e non necessariamente alternativo, della tutela del paesaggio, della protezione dlel'ambiente, e della conservazione delle risorse?
E' necessario mettere a punto un metodo e stabilire degli indicatori.
Ho trovato molto interessante, a tal proposito, la lettura di un libro scritto da Giuseppe Messina, agronomo ed esperto di pianificazione ambientale, impegnato da anni nella difesa del territorio e del paesaggio agrario campano: "Indicatori per una pianificazione territoriale ecosostenibile - il caso Campania", edito dalla casa editrice "La Scuola di Pitagora".
Secondo Messina, una pianificazione sostenibile non può prescindere da un processo partecipato e da una scelta condivisa degli "indicatori", ovvero i parametri sui quali basare misurazioni, fissare obiettivi, ed effettuare verifiche e scelte.
Riporto nel seguito una breve sintesi del testo.
Messina, partendo da un indicatore "aggregato", l'impronta ecologica, propone tre indicatori: sostenibilità, desertificazione ed energia.
L'impronta ecologica si definisce come l'area totale di ecosistemi terrestri ed acquatici necessari per produrre le risorse che una data popolazione umana consuma, e per assimilare i rifiuti che la stessa popolazione produce.
Ebbene, in Campania, a fronte di 0,24 ettari pro-capite disponibili (con una capacità biologica pari a 0,82), l'impronta ecologica è pari a 3,56 ettari pro-capite. Dunque, le risorse naturali della Campania non riescono a rigenerarsi con lo stesso ritmo con le quali vengono consumate, e per sostenere i ritmi e gli stili di vita dei quasi 6 milioni di abitanti, occorrerebbero oltre 20 milioni di ettari di superficie, mentre quelli realmente disponibili sono solo 1.359.354, con una SAU (superficie agraria utilizzata) che va progressivamente riducendosi a causa soprattutto dell'urbanizzazione che, solo negli ultimi 15 anni, ha sottratto all'agricoltura oltre 7000 ettari di terreno.
Le linee guida dell'Unione Europea per un uso sostenibile dei suoli sono basate su un attento dimensionamento dei piani, sul rafforzamento delle reti di trasporto sostenibile, sul controllo della dispersione insediativa, sull'utilizzo delle aree degradate e sottolutilizzate già urbanizzate.
Prescrivono inoltre l'utilizzo di parametri (indicatori) che, a monte delle scelte, indichino ai decisori politici la strada migliore per garantire un futuro sostenibile.
Un uso conservativo delle risorse può garantire anche competitività territoriale in termini di beni e servizi fruibili e godili. Invece un territorio devastato in nome della produzione è di per sè non competivivo, perchè inadeguato per gli stessi abitanti.
Avendo perseguito in molte aree della Campania un modello di sviluppo basato sul massimo profitto monetario, sulla rendita di posizione e sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse, si sono determinate condizioni di scarsa competitività territoriale.
Creare condizioni di competitività, significa invece garantire un ambiente "sano" nei suoi valori materiali e immateriali: la qualità delle relazioni sociali fra gli individui, l'assenza di conflittualità, la capacità di essere percepiti quale comunità, l'integrità e la qualità delle risorse sono i fattori di una moderna competitività territoriale.
Secondo Messina è necessario investire in formazione, per accrescere e migliorare il livello delle competenze, abbandonare le pratiche intensive necessitate da esigenze economiche, intensificare la "multifunzionalità" in agricoltura, valorizzandone le funzioni secondarie per intercettare la domanda di ruralità che si sta sempre piàù diffondendo, e diversificare il reddito aziendale (ospitalità, auto-produzione di energia, agricoltura sociale, fattorie didattiche).
Gli effetti del riscaldamento globale, nei prossimi anni, potrebbero essere devastanti.
Il 2% del territorio italiano è minacciato da processi di inaridimento dei suoli (desertificazione). E in Campania la situazione, come in quasi tutto il meridione, è veramente drammatica, soprattutto a causa del continuo abbandono del territorio agricolo e dell'urbanizzazione (la superficie urbanizzata dal 1960 al 2000 è quadruplicata, a fronte di un incremento demografico del 20% soltanto).
Per evitare la catastrofe bisogna introdurre cambiamenti sia a livello internazionale che a livello locale.
In Campania, negli ultimi 50 anni, dall'espansione urbanistica alla gestione dei rifiuti, si è verificata una vera e propria "mattanza ambientale", dovuta alla sistematica mancanza di un'adeguata pianificazione territoriale, e al rifiuto del dialogo con le popolazioni interessate, che hanno perso ogni fiducia nelle istituzioni.
Ora, le istituzioni, per recuperare questa fiducia, devono adottare un modello di approccio completamente diverso, modificando la comunicazione da mero strumento di illustrazione delle scelte e dell'attività dell'ente, a processo di scambio e di interazione, attraverso cui costruire l'identità del territorio: socializzazione delle informazioni, attivazione di reti e sinergie, definizione condivisa delle scelte, mobilitazione di energie e competenze.
A fronte dei metodi tradizionali di definizione delle scelte (contrattazione e scambio politico, pianificazione, aggregazione degli interessi), anche Messina propone il metodo dialogico: attenzione al bene comune e apertura alla partecipazione dei cittadini.
Una delle pratiche che a livello locale può opporsi alla desertificazione è una buona raccolta differenziata, che recuperi completamente la frazione organica dei rifiuti e la invii completamente al compostaggio e all'impiego in agricoltura e anche nella gestione del verde urbano, sostituendola ai concimi chimici.
Il ruolo della sostanza organica nel terreno è un fattore di rilievo nella strategia di lotta al cambiamento climatico e alla desertificazione. Messina propone alle amministrazioni locali un MANIFESTO PER IL RECUPERO DELLA FRAZIONE ORGANICA DAI RIFIUTI e la produzione di ammendanti organici tramite compostaggio, con positivi effetti in termini di costi, nella gestione dei rifiuti, ma anche con effetti sulla lavorabilità dei suoli, miglioramento della ritenzione idrica, diminuzione dei fenomeni di erosione, e, infine, in termini di qualità e quantità delle produzioni agricole.
Ancora, bisogna ridurre il consumo di combustibili fossili, promuovendo il risparmio energetico e l'uso delle fonti rinnovabili, da finanziare con una elevata tassazione dei "consumi inquinanti".
Anche Messina evidenzia come sia sbagliata la decisione di realizzare altri impianti che producano energia da fonti convenzionali (per esempio la centrale a turbogas prevista a Benevento) e, ancor più, gli inceneritori, che hanno emissioni non tollerabili e che distruggono preziosi materiali riciclabili, con un "bilancio energetico" del tutto fallimentare.
Peraltro, la frazione organica dei rifiuti prodotta in Campania, anche se fosse interamente trasformata in compost, sarebbe insufficiente a soddisfare le esigenze del territorio agricolo regionale, per cui è necessario utilizzare anche tutte le biomasse disponibili. Il ché esclude anche l'utilizzo delle stesse per la produzione di energia.
Il libro di Messina è molto interessante, e dovrebbe essere essere letto da tutti gli amministratori e i tecnici degli enti locali campani.

domenica 9 agosto 2009

Canada: contrordine, le centrali nucleari costano troppo !

(Da Eco-new 7/8 /09)
Lo avevamo detto: Sarkozy ha ormai già rifilato la patacca di 4 Centrali Nucleari al collega Berlusconi ( finora accreditato come il più abile venditore del secolo). Mentre tutto il mondo ha scelto la strada delle Energie Rinnovabili.
Il Canada, a differenza dell’Italia, aveva formato il proprio Piano Energetico Ventennale, il quale, valutati costi e benefici, era così strutturato:
1. 6.300 MW di Risparmio Energetico;
2. 5.700 MW di produzione da Fonti Rinnovabili (Solare, Biomassa, Eolico ed Idroelettrico);
3. 14.000 MW di produzione da Centrali Nucleari.
Tuttavia, bandita la gara per costruire le centrali nucleari, prorogata la stessa di alcuni mesi perché le offerte non arrivavano, finalmente sono arrivate delle proposte, ma molto ....... molto più costose di quanto previste.
In particolare la francese AREVA-NP ha offerto fiammanti centrali EPR da 1600 MW (European Pressurized Reactor, di terza generazione) con costi addirittura tre volte il costo di precedenti contratti (4.587 euro/kW, contro 1.600 euro/kW).
Alla fine il Governo Canadese ha dovuto sospendere il tutto per scongiurare un macroscopico danno economico: evidentemente il Piano Nazionale Energetico canadese, proprio al punto 3, é sbagliato ....... !!!
Per la cronaca, quattro centrali nucleari sul Territorio Italiano, esattamente del tipo EPR, sono alla base dell’ accordo tra ENEL e la francese EDF , firmato da Sarkozy e dal nostro imprudentissimo Berlusconi.
E non é finita: calpestato il referendum del 1987 (aboliva il nucleare), il Governo Berlusconi si apprestava ad imporre a quattro malcapitate Regioni, manu militari, i siti per la costruzione delle Centrali Nucleari di Sarkoszy.
Conclusione: le pericolosissime Centrali Nucleari sono anche antieconomiche ....... come la mettiamo ora ?

domenica 26 luglio 2009

Inceneritore: la conferenza dei servizi ha bocciato il progetto Vo.cem.

Finalmente, dopo due anni di lotta, i cittadini di tutta la Valle Telesina hanno ottenuto un importante risultato nella loro opposizione al progetto di realizzazione di un inceneritore nel territorio di San Salvatore Telesino.
Il 23 luglio 2009, la conferanza dei servizi chiesta dalla società proponente si è chiusa con un diniego.
Gli Enti coinvolti, a maggioranza, hanno infatti bocciato il progetto.
Ero presente alla prima pate della conferenza, ed è stata una grande emozione ed un'ottima esperienza.
Decisivi sono stati i pareri negativi della ASL, soprattutto, e del Genio Civile, cui non ha potuto fare a meno di "allinearsi" anche l'ARPAC. Scontati i no di tutti gli enti locali coinvolti, fortemente "compulsati" dai cittadini.
Completamente ribaltato, dunque, il parere ambientale rilasciato dalla Regione Campania già nel 2006, e poi confermato nel 2008, ma decisamente contestato dai comuni e dalla Provincia di Benevento.
Molti hanno contribuito a questo risultato: enti locali e relativi funzionari ed amministratori, alcuni media, e, soprattutto, i cittadini, organizzati in comitati.
Si è trattato di un grande esempio di partecipazione democratica diffusa rispetto alle scelte di "uso" del territorio.
Non a caso il dirigente responsabile della conferenza dei servizi, in avvio della stessa, ha dato grande risalto al documento (atto di intervento e diffida) presentato dai comitati civici di San Salvatore e Guardia Sanframondi. Nel riconoscere il valore tecnico di tale documento, il Dott. Barretta ha anche voluto evidenziare la preminenza dell'interesse e della volontà dei cittadini rispetto agli interessi economici della ditta.
Personalmente, il 23 luglio, dopo un paio d'anni di grossa sofferenza, ho potuto tirare un gran sospiro di sollievo: l'inganno non solo è stato svelato, ma è anche definitivamente bloccato (salvo colpi di coda della Vo.cem. o di altri soggetti interessati all'affare).
Ad un primo superficiale esame, l'iniziativa - un piccolo impianto per la produzione di energia pulita da biomasse - peraltro allora molto "sponsorizzata" dal mio partito, mi era sembrata, pur con qualche perplessità, tutto sommato buona e soprattutto sostenibile dall'ambiente.
Quando poi ho scoperto che la procedura era stata attivata per il trattamento di rifiuti, e non per la produzione di energia (ai sensi del D.Lgs 152/2006, e non ai sensi del D.Lgs. 387/2003), mi ero sentito anch'io responsabile, di quanto stava avvenendo, pur senza mai aver avuto alcun ruolo nella vicenda, ma solo per averne scritto bene in un volantino.
Mi corressi immediatamente, precisando che se di ineneritore si trattava, non potevo che essere contrario. D'altra parte avevo già abbondantemente scritto contro l'ineneritore di Acerra in precedenza.
Naturalmente non mi sono nemmeno "fossilizzato" su quell'errore, e anzi ho dato tutto me stesso, con umiltà e pazienza, nello studio dei progetti, nell'analisi dei punti di caduta dello stesso, nella ricerca di tutte le motivazioni scientifiche che potessero suffragare il nostro dissenso.
Ho avuto compagni straordinari, con i quali il confronto è stato sempre franco e fruttuoso.
Oggi, giustamente, molti stanno riconoscendo a Maria Pia Cutillo di essere stata l'anima di questa battaglia, quella che più di tutti si è esposta, si è mossa, ha chiesto e richiesto contributi a chiunque potesse darne, e notizie e documenti a chi li avesse; soprattutto è quella che ha sempre rifiutato ogni compromesso.
Uno dei suoi meriti è stato quello di saper "cercare", "attivare" e "stimolare" tanti altri contributi. E' stata una leader, suo malgrado, forse.
Di fronte al suo spendersi per questa causa, nessuno si è potuto tirare indietro con leggerezza.
Oggi possiamo dire che forse, grazie a questa vicenda, abbiamo imparato a non essere inerti e rassegnati rispetto a quello che avviene intorno a noi, e che abbiamo imparato a prenderci cura del nostro territorio, del nostro habitat, della nostra salute e del nostro benessere.
Da questa esperienza è già nato un movimento attivo di cittadini che ha prodotto straordinari risultati in termini di proposte, idee, opinioni.
Se la politica locale avrà l'intelligenza di assecondare questa tensione, questa voglia di fare, interessata solo a mettere le proprie competenze al servizio del bene comune, potrà beneficiarsi di un valido aiuto per migliorare le condizioni di vita della nostra comunità.
Io sono fiducioso, sulla base di quello che fino ad ora si è potuto vedere, e per lo spessore delle persone che sono "in campo" a giocare questa partita.
Spero di non restare deluso, che non si sia vinta solo la prima partita, e che vinceremo questo "campionato" giocando con il massimo impegno civico, e con "spirito di squadra" tutte le "partite" che ci attendono.

sabato 6 giugno 2009

Dalle parole ai fatti: saranno capaci?

Si è conclusa la terza campagna elettorale per le amministrative di San Salvatore Telesino dopo Salvatore Pacelli.
Tutto, o quasi, è stato uguale: gli stessi personaggi, le stesse tattiche, la stessa mancanza di argomenti, idee, programmi, ...
Nessuno è stato in grado di utilizzare il proprio potenziale per ideare, e illustrare ai cittadini di San Salvatore, un progetto per il governo del nostro comune.
Molto si è giocato nel cercare di dimostrare che gli altri erano peggiori, nessuno è riuscito a mostrare di essere degno di fiducia in assoluto, senza attacchi personali e denigrazione continua dell'avversario.
Certo, c'é sempre qualcosa che può essere peggiore dell'altra fra quelle che ci propongono, ma come mi amareggia dover scegliere il meno peggio!
Consola tuttavia che certi ragionamenti, alcune definizioni, cominciano a entrare nei discorsi di questi che si propongono come amministratori: democrazia, partecipazione, trasparenza, interesse collettivo, ...
La politica come servizio alla comunità non è però fatta di parole. Ora vedremo come sapranno passare ai fatti, se sapranno iniziare una nuova stagione fatta di confronto continuo con i cittadini, in assemblee pubbliche per discutere delle decisioni più importanti prima di prenderle, se sapranno rendere trasparenti tutte le loro azioni, per evitare, anche, gli errori del passato.
E vedremo se noi cittadini-utenti sapremo finalmente vigilare sull'operato di chi andrà ad amministrare.
Oggi e domani si vota. Poi ci sarà da lavorare!

martedì 12 maggio 2009

Declinare la partecipazione nelle pratiche amministrative.

Da circa due anni, è partita un'esperienza di governo condiviso, con l'obiettivo di trasformare la socialità e il rapporto con il territorio, integrando politiche e pratiche, in modo da renderle più prossime ad un'idea di equilibrio fra comunità e natura.
Grazie anche al forum giovanile, e rovesciando una prassi dove l'amministratore si vede al vertice di una piramide che deve irradiare le proprie politiche sul territorio, sono stati ideati, programmati e realizzati dibattiti e incontri sulle tematiche giovanili, iniziative per la socializzazione, promozione di rapporti fra la realtà giovanili e le istituzioni locali.
Grazie agli assessorati alla partecipazione e alle politiche giovanili, è stato allestito un luogo fisico di aggregazione per lo svolgimento delle attività del forum, e, insieme all'assessorato all'urbanistica, è stato attivato un percorso partecipativo collegato alla stesura del P.U.C. e del regolamento urbanistico: convegni e assemblee, incontri con i cittadini, con le categorie interessate, con le associazioni. Tutti hanno avuto la possibilità di "entrare in contatto" con il piano attraverso internet, e si è ragionato insieme intorno alle carte e ai progetti sulla e della città, prima individuando problematiche, aspettative e visioni della città e della società nel futuro, e poi individuando le strategie di manutenzione e riqualificazione della città e del territorio, con particolare riferimento alla spazio pubblico.
E' quello che è avvenuto a Grosseto.
Ma è anche quello che vorrei avvenisse a San Salvatore Telesino nei prossimi due anni, grazie alla prossima amministrazione, perchè nei giovani sono riposte le nostre speranze per il futuro.

sabato 9 maggio 2009

2002-2009: cosa è cambiato?

Nel rimettere a posto vecchie carte, ho trovato 2 fogli dattiloscritti che nel 2002 consegnai a quelli che, a pochi mesi dalla morte di Salvatore Pacelli, dovendosi impegnare nelle imminenti elezioni comunali, mi chiedevano di candidarmi o, almeno, di "dare una mano".
Avevo la netta impressione che tutti fossero concordi nel denigrare quanto era stato fatto in passato, ma nessuno riuscisse a proporre qualcosa di concreto per il futuro.
Tutti dicevano che era necessario un rinnovamento, e che solo loro potevano garantirlo, ma nessuno sapeva dire in che cosa dovesse consistere.
Lamentando la mancanza di programmi, e anche di idee, sostenevo comunque che l'ascolto delle esigenze dei cittadini era fondamentale per avviare un processo di cambiamento basato su trasparenza, partecipazione, protezione dell'ambiente.
In particolare chiesi di rivedere gli strumenti di pianificazione e soprattutto che non fosse più consentito di "edificare, senza alcun limite, in tutto il territorio comunale e di impiantare attività produttive dappertutto, privilegiando gli aspetti economici, ma svilendo la vocazione rurale del territorio".
Affermai che "a tutti deve essere garantito uno spazio per vivere ed abitare. Aree da destinare alle attività produttive sono anch'esse necessarie. Ma speculazioni ed esagerazionni devono trovare i giusti limiti in nome del comune interesse a salvaguardare l'ambiente che ci circonda".
Parlai di soluzioni eco-compatibili per l'edilizia e di recupero del costruito, nonchè della necessità di ridurre i consumi e applicare tecnologie per produrre ed utilizzare energie alternative.
E ancora, di piano rifiuti, lavori pubblici e incarichi professionali, del sito internet del comune, di una "carta dei servizi" del comune, e di tante altre cose.
Stettero a sentire senza ascoltarmi, e poi non tennero conto di nulla.
E intanto il territorio mi sembrava sotto aggressione, con capannoni inutili dappertutto. E nella vicina Telese accadeva pure di peggio, e i costruttori che la devastavano di orribili "casermoni" cominciavano a guardare verso di noi.
Già nel 1995 avevo avuto una pessima esperienza, così nel 2007, non avendo più molta fiducia negli altri, provai a "mettermi in azione" di persona, ma dovetti rinunziare, un po' per gli ostruzionismi e i sabotaggi, ma soprattutto perchè senza un più che ampio consenso non hai speranze di cambiare le cose, e per avere consenso devi scendere a compromessi, e se scendi a compromessi diventi come gli altri e non puoi più cambiare nulla.
Questa volta, dopo i fallimenti recenti dei "politici competenti", e grazie al fatto essenziale di poter condividere un progetto con altri, personalmente disinteressati, ma decisamente convinti della necessità di un impegno civile per il bene della collettività, forse siamo finalmente sulla strada giusta: le cose stanno cambiando.
Spero che chi farà questa campagna elettorale, pur avendo ancora seguito le vecchie logiche, ora cominci a capire, e si adegui, e quando andrà ad amministrare il nostro paese lo faccia con trasparenza e dia spazio alla partecipazione, e quindi faccia cose buone per tutti.
E' la loro ultima possibilità.

sabato 4 aprile 2009

CITTADINI IN MOVIMENTO

E' in linea il blog con il programma elettorale per le elezioni amministrative di San Salvatore realizzato in modo partecipato dai cittadini.
E' una bella iniziativa, molto stimolante e coinvolgente, pensata da persone che non vogliono presentare una lista, ma semplicemente porre all'attenzione dei futuri candidati e degli elettori le loro idee e le loro proposte.
Infatti lamentavamo da tempo il mancato coinvolgimento dei cittadini, e l'assenza, nel dibattito pre-elettorale, di qualcuno che volesse presentare un progetto politico, e fosse disponibile ad ascoltare, prima di andare in piazza per i soliti comizi di rito, o peggio di andarsene "casa-casa" a farsi propaganda, magari lasciando promesse irrealizzabili e impegni vaghi, ed assai volatili, per lo sviluppo del paese.
Le nostre proposte saranno bersaglio di critiche e commenti negativi, sussurrati in piazza ad interlocutori compiacenti, senza avere il coraggio di un confronto aperto, di affrontare una discussione sul merito.
Ma non fa nulla, l'importante è che si sia proposta un'alternativa e che si cominci a discutere anche di progetti e non solo di liste, alleanze, candidadure.
Personalmente fui accusato, tre anni fa, come segretario dei DS, di "non aver voluto scegliere". Non si volle comprendere che, invece, scelsi di essere coerente con me stesso, non potendo appoggiare liste nelle quali non mi riconoscevo, e nelle quali non vedevo riconosciuti i miei valori, con persone che non erano interessate a discutere delle mie proposte e che, anzi, spesso, ne avevano, loro, benchè poco chiare, alcune del tutto antitetiche rispetto alle mie.
Allora ebbi molti dubbi. Oggi sono certo che non sbagliai, ed il fatto di poter condividere con altri un modo diverso di vedere l'impegno politico mi conforta.
Le cose possono cambiare.

domenica 29 marzo 2009

PUBBLICITA' PROGRESSO.

CONSUMO CRITICO E CONSAPEVOLE
Da circa due mesi, presso la "Merceria Sogno" di San Lorenzello (BN), si vendono detersivi alla spina, ecologici e con materie prime acquistate prevalentemente dal circuito dell'economia equa e solidale.
Si va con il proprio contenitore, sempre lo stesso, senza appesantire ogni volta di nuova plastica la raccolta dei rifiuti, e ci si approvviggiona di detersivo per lavatrice o bucato a mano, detersivo per piatti e detergente per pavimenti.
Sono prodotti di eccellente qualità, non dannosi per la salute e per l'ambiente.
A fronte di un costo apparentemente più elevato dei prodotti chimici, le dosi ridottissime da utilizzare portano ad un risparmio di oltre il 40%.
Riteniamo che iniziative commerciali come questa avranno sempre più fortuna, aiutando sia l'ambiente che le nostre economie domestiche, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale.
Peraltro il detersivo e il sapone, così come lo yogurt, il pane, e tante altre cose, potrebbero essere facilmente prodotti in casa, sempre in modo ecologico, e con enormi risparmi. Soprattutto, questo tipo di azioni consentirebbe di ridurre drasticamente il quantitativo di rifiuti conferiti alle discariche (buste di plastica per la spesa, contenitori dei prodotti industriali ed imballaggi), il quantitativo di materie prime consumate per gli imballaggi, e il consumo di energia sia per la produzione degli stessi imballaggi e contenitori sia per il trasporto.

sabato 21 marzo 2009

25 ANNI DI CALCI AL PALLONE

Cercando una vecchia foto per un amico mi sono emozionato nel rivedere le facce di tanti ex compagni di squadra, ed ho deciso di condividere alcune fotografie pubblicandole sul blog: le trovate sulla sinistra in questa pagina, ma presto le inserirò in una sezione specifica con una migliore risoluzione.
Sono ricordi di alcuni fra i 25 campionati dilettantistici cui ho partecipato dal 1980 al 2006 (allievi, 2^ e 1^ categoria FIGC, dai 16 ai 40 anni), più qualche torneo di San Leucio al paese e quelli con la squadra degli ingegneri dell'ordine di Benevento.
Venticinque anni di passione, più di 600 partite ufficiali, tanto impegno per sopperire alla scarsità di talento naturale, un migliaio almeno di compagni ed avversari incrociati sui campi di calcio. Ho giocato in squadre dove ero il più piccolo, con giocatori che potevano essermi padre (anzi una volta ricordo di aver giocato una partita del torneo di San Leucio con mio padre in squadra), e in squadre dove ero il più vecchio, con ragazzi che potevano essermi figli: tre generazioni di calciatori.
Il risultato? Da bambino ero timido ed introverso, con poca attitudine alla relazione con gli altri, compresi i compagni di classe, ed invece, grazie al calcio, ho imparato a stare in un gruppo, a "fare squadra", ad essere più sicuro nel rapporto con gli altri, ad acquisire capacità anche di guida di un gruppo (leadership), il ché mi è stato utilissimo nel mio lavoro.
Quanta nostalgia guardando queste foto.
Spero che qualcuno di quelli che sono ritratti con me nelle foto vorrà lasciare un commento, e magari mandarmi altre foto (in particolare non ne ho nessuna dell'anno in cui vincemmo il campionato di 2^ categoria a San Salvatore: 1987-88, mi sembra).

domenica 22 febbraio 2009

Elezioni a San Salvatore Telesino: potrebbero partecipare anche i cittadini?

Finora c’è stata un’unica occasione di confronto pubblico, che peraltro non ha avuto alcun seguito, offerta ai cittadini di San Salvatore dai probabili candidati alle prossime elezioni .
Per il resto si può presumere che, come al solito, l' attività politica pre-elettorale dominante si limiti alle riunioni più o meno private in cui si fanno e si disfano schemi di possibili liste ed in cui le provenienze politiche, il senso morale ed i riferimenti culturali si confondono in un assieme informe ed indefinito.
La discriminante che dovrebbe, invece, permettere ai cittadini di San Salvatore di poter scegliere in maniera consapevole, responsabile e possibilmente partecipata i propri amministratori,un progetto politico per il nostro comune, continua ad essere l'assente illustre di questa fase.
Questa discriminante dovrebbe anche costituire l’elemento intorno al quale le liste e le coalizioni dovrebbero aggregarsi, ma allo stato attuale non vi sono segnali in tale direzione: anche qui, a quanto pare, prevale la pura aritmetica dei portatori di voti.
Allo scopo di agevolare un dibattito aperto e di portare al centro dell'attenzione politica alcune tematiche concrete e di interesse comune, sarebbe utile che tutti coloro che intendono proporsi ai cittadini di San Salvatore Telesino come candidati per le prossime elezioni amministrative illustrassero pubblicamente, e con la possibilità di contraddittorio, il loro pensiero sugli argomenti elencati di seguito pur senza pretese di esaustività:
L'inceneritore Abm-Vocem ed altri eventuali “aggressioni” imposte al territorio senza il preventivo consenso della popolazione;
Come rendere effettiva ed efficace la partecipazione dei cittadini al processo di redazione del prossimo Piano Urbanistico Comunale;
La sensibilizzazione e il coinvolgimento dei cittadini nella gestione del ciclo dei rifiuti e nella tutela dell'ambiente ;
Il coinvolgimento dei cittadini nella pianificazione e nel controllo della spesa pubblica del comune anche alla luce della situazione di bilancio da più parti definita in dissesto;
Le risorse e le iniziative che si intendono attivare per affrontare i problemi di sofferenza economica e sociale a livello comunale con particolare riferimento alle difficoltà delle fasce più deboli della popolazione.
E’ necessario, quindi, che coloro che propongono sé stessi per governare il paese, assumano una posizione chiara ed inequivocabile rispetto a tali tematiche, confrontandosi con la cittadinanza sia per raccogliere spunti e proposte utili a meglio definire i propri programmi politico-amministrativi, sia per indicare le modalità e i successivi momenti di confronto pubblici in cui coinvolgere i cittadini circa l’azione amministrativa, le realizzazioni, le difficoltà, le criticità, le nuove esigenze.
Farsi carico di organizzare e promuovere iniziative del genere, costituirebbe un segnale tangibile della concreta volontà e capacità di cambiamento, di introdurre idee, progetti e nuove modalità amministrative che non siano la solita gestione di interessi poco trasparenti che porta a impianti inquinanti, opere inutili e che sottraggono risorse pubbliche, consumo incontrollato di territorio, bilanci in rosso, diffusione più o meno celata di clientele.

Restiamo in fiduciosa attesa…
Angelo Romano
Francesco Pascale
Maria Pia Cutillo
Pierluigi Santillo
Rocco Minicozzi

sabato 7 febbraio 2009

IL PIACERE DI LEGGERE

Qualche tempo fa, una persona appena conosciuta, quasi per caso, mi ha donato un suo libro, quello che ora sto leggendo, lentamente, "gustandolo" pagina per pagina.
I libri sono regali meravigliosi, soprattutto quando "ti prendono" come questo.
"ORME NELLA NEBBIA" di Vincenzo Argenio, è un romanzo storico, che racconta con passione l'azione degli anarchici sul Matese nell'anno 1877.
Ma è assolutamente sorprendente come l'autore abbia saputo costruire, su quell'avventura di oltre un secolo fa, un romanzo così bello, soprattutto per noi che abitiamo qui, e conosciamo quei luoghi così ben descritti, e condividiamo molte di quelle idee di giustizia e libertà.
Come dice lo stesso Argenio, il libro vuole rappresentare "la metafora dell'uomo contemporaneo vista dagli occhi di un giovane che crede nei sogni, ma che naturalmente è costretto a fare i conti con la realtà". Forse quel giovane è lo stesso autore, o mi piace pensare che lo sia, ma è anche un po' me stesso.
Nell'apposita sezione di questo blog dove ho voluto elencare i libri che ho letto più di recente, ho deciso di riportare alcune fra le tante citazioni del libro dove ho ritrovato le mie idee, e la mia anima.

sabato 31 gennaio 2009

A VINCENZO CICCHIELLO

(vedi intervento di Vincenzo Cicchiello su www.vincenzocicchiello.it)

San Salvatore Telesino, 31 gennaio 2009.
Oggi tutto San Salvatore era tappezzato di un manifesto indirizzato a me, firmato Vincenzo Cicchiello, e ho visto molte persone leggerlo con attenzione.
L’ho letto anch’io, naturalmente, e, coinvolgimento diretto a parte, era veramente interessante. Tutto sommato ci ho trovato alcune cose sulle quali non posso che essere d’accordo.
Poi, nel pomeriggio, Ti ho incontrato di persona, e abbiamo parlato tranquillamente, del manifesto e di altro.
Avevo pensato, sinceramente, che qualcuno fosse interessato ad avviare ed alimentare una querelle utile solo a distogliere l’attenzione dai veri problemi di cui si dovrebbe discutere, magari per trovarvi una soluzione, e non per cercare i responsabili.
Visto però che intendi chiarire quello che è successo negli anni scorsi, sul “termovalorizzatore”, e su altro, ben vengano questi chiarimenti.
Non aggiungo altro, rispetto a quello che ho già scritto, e che credo sia già sufficientemente chiaro ed esaustivo, anche perché, sinceramente, non penso di meritare tanta attenzione.
Una cosa sola: le tue dimissioni non mi fecero affatto tirare un sospiro di sollievo, anzi, a dire il vero, mi sentii tradito. Fu, in ogni caso, una sconfitta, anche mia. Ma posso provare a comprendere le tue motivazioni.
In attesa di visitare il tuo sito, invito anche te a leggere il mio blog: http://pierluigi-santillo.blogspot.com
(l’ho realizzato nei giorni scorsi, inserendovi anche alcuni documenti relativi al mio impegno come segretario dei DS e, quindi, credo possa interessarti, perché ci ritroverai la tua stessa passione).

venerdì 30 gennaio 2009

Intervento al convegno: LA SICUREZZA SUL LAVORO

(UN DIRITTO DI TUTTI PER UN DOVERE COMUNE)
(Napoli – 27 settembre 2008)

Sono un tecnico che lavora nella pubblica amministrazione e, per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, le mie competenze sono legate soprattutto all’analisi e prevenzione dei rischi delle nostre strutture adibite a sedi strumentali (uffici), e ai cantieri, generalmente per lavori di manutenzione.
Ma la mia prima esperienza con la questione sicurezza risale a quasi 35 anni fa, quando avevo più o meno otto anni e, sfuggito al controllo dei miei genitori, insieme a mio cugino andai a giocare nel cantiere della sua casa in costruzione. Non avemmo nessuna difficoltà ad accedervi, e nessuno si accorse di noi.
Già allora esisteva, e da oltre 20 anni, in Italia, una normativa molto avanzata (DPR 547/1955), ma che era largamente disattesa, soprattutto per la mancanza di controlli; così, mentre giocavo sono caduto da un balcone del primo piano, privo di ogni protezione, cadendo, per fortuna, proprio su un cumulo di soffice pozzolana che ha ridotto l’altezza della caduta ed ha attutito il colpo. Insomma, ne sono uscito del tutto illeso, e tuttavia da allora, per lo spavento, ho sempre avuto una certa sensibilità per i rischi dei cantieri.
E’, questo, quello che potremmo chiamare “effetto educativo” della paura: come la paura di fare incidenti e/o di prendere multe che ci fa guidare con prudenza.
I cantieri hanno continuato comunque ad affascinarmi, come tutte le manifestazioni della capacità creativa dell’uomo, ma, da allora, mi ci sono mosso sempre con prudenza, cercando di fare attenzione a dove metto i piedi, sia quando da ragazzo ci andavo saltuariamente a lavorare, sia dopo, nello svolgimento della mia professione, che mi impone, fra l’altro, anche di vigilare sul rispetto delle norme di sicurezza e sui comportamenti degli addetti ai lavori.
Anche oggi, come all’epoca della mia caduta, nonostante un quadro normativo ancora più moderno e teoricamente efficace (dal D.Lgs. 494/96 al T.U. introdotto dal D.Lgs. 81/2008), i livelli di sicurezza sono insufficienti, soprattutto nei piccoli cantieri, non soggetti a notifica preliminare, e nelle piccole fabbriche o officine artigianali, dove i controlli sono meno frequenti, e spesso, si interviene solo ad infortunio ormai avvenuto.
In passato, infatti, ho lavorato anche per un’azienda che produce prefabbricati in cemento e quindi ho fatto l’esperienza del lavoro in fabbrica, rendendomi conto che, se possibile, può essere ancora più pericolosa del cantiere, probabilmente pure a causa della “monotonia” del lavoro, che porta i gesti e i comportamenti a diventare automatici, troppo ripetitivi, in un ambiente che è sempre uguale, e dove le procedure e la produttività sono più facilmente codificabili e controllabili, mentre contemporaneamente si tende a ridurre il livello di attenzione, per la stanchezza, e a velocizzare troppo i gesti, perché per andare via bisogna completare un lavoro.
A conferma del fatto che i controlli sono importanti, posso testimoniare che quando mi sono occupato della direzione dei lavori di bonifica dall’amianto dell’edificio ex SIP di via Arenaccia a Napoli, la presenza costante degli ispettori della ASL, sia in fase preliminare che esecutiva, anche con un approccio più “da consulenza” che di vero e proprio controllo, e che quindi fu percepito in modo non coercitivo, o semplicemente sanzionatorio, dall’impresa e dagli operai, la sicurezza di tutti fu assolutamente garantita, e non si verificò nessun infortunio, né rilascio di fibre di amianto oltre i limiti consentiti.
Naturalmente, anche in quel caso, non fu possibile ottenere l’annullamento di ogni pericolo, ma, come sempre dovrebbe avvenire, si perseguì come prioritario l’obiettivo di ridurre i rischi al di sotto dei limiti codificati come accettabili.
I tempi di lavoro, in vero, furono più lunghi di quelli contrattualmente stabiliti, ma da parte del committente, che io rappresentavo, non fu mai esercitata alcuna pressione, né sull’impresa, né sull’organo di controllo, per aumentare i ritmi di lavoro.
L’integrità e la sicurezza di un uomo, e la dignità dei lavoratori, dovrebbero essere sempre più importanti di un qualsiasi aumento di produttività o di qualsiasi obbligo contrattuale.
Anche questo è, in definitiva, un problema di legalità, che incide direttamente, fra l’altro, sui livelli di sicurezza dei lavoratori che, in un contesto dove diritti negati e sfruttamento sono la regola, ne viene inevitabilmente pregiudicata.
Per sfruttamento, in questo discorso, intenderei comprendere, assieme allo sfruttamento dei lavoratori, anche lo sfruttamento delle risorse naturali, sempre per finalità di massimizzazione dei profitti.
Qual è il rimedio a tutto ciò?
Una citazione di Serge Latouche mi sembra utile, a questo punto, per introdurre una riflessione sull’attuale sistema economico, e sulle ricadute che esso ha sulle condizioni di lavoro e sulla stessa sicurezza dei lavoratori, e non solo dei lavoratori.
… bisogna concepire e volere una società nella quale i valori economici cessino d’essere centrali (o unici), dove l’economia è rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine ultimo. …. Ciò è necessario non solo per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre, ma anche soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale dell’umanità contemporanea.[1]
I valori economici, infatti, stanno sempre più monopolizzando la nostra società: tutto è giustificato in nome del profitto e dello sviluppo. Sicurezza, ma anche onestà, etica, deontologia, correttezza professionale, autonomia di pensiero, …, l’interesse economico sta subordinando ogni altro valore.
In nome dello sviluppo economico e della crescita del PIL, imprenditori, tecnici ed amministratori con pochi scrupoli, mettono in atti o tollerano sistemi produttivi che sfruttano il lavoro e le risorse naturali, senza regole e remore, introducendo nei processi sostanze chimiche tossiche e cancerogene, che avvelenano sia i lavoratori che i destinatari finali del prodotto.
E tutti ciò con un sistema di norme inadeguate ma largamente disattese, e con scarsissimi controlli.
E, in questa situazione, aggravata sempre più dal decadimento morale, della nostra società, alimentato dal degrado dell’ambiente che ci circonda, non possono che aumentare purtroppo anche gli infortuni sul lavoro, e ci si indigna sempre meno e ci si abitua, pian piano, a pensarlo come un inevitabile “effetto collaterale” del benessere che pensiamo di dover sempre più migliorare; e non pensiamo che domani potrebbe toccare a noi, o a un nostro figlio o a un fratello, o un amico.
Così, di lavoro si continua a morire, come si muore per lo svilimento delle strutture sanitarie pubbliche a favore di quelle private, che per massimizzare i profitti e ridurre i costi, spesso sono anche peggiori di quelle pubbliche, mentre l’evasione fiscale e contributiva continuano a sottrarre risorse alla collettività.
Inoltre si soffre per la precarizzazione del lavoro: anche questa è insicurezza, e per di più, si verificano sempre più spesso situazioni in cui lavoratori inesperti e non sufficientemente preparati vengono utilizzati per attività anche molto pericolose.
Intanto i mezzi di informazione, televisione in testa, continuano a diffondere un misto micidiale di notizie angoscianti e spot pubblicitari, costruendo da un lato paura, insicurezza, incertezza e diffidenza, che servono a giustificare politiche sempre più repressive e invadenti, e dall’altro bisogni, e domanda di merci, per sostenere la crescita economica e far aumentare i profitti delle multinazionali.
Oggi però c’è la chiara sensazione che il mito del mercato che si auto regola e della crescita economica stiano crollando insieme alle aziende, soprattutto finanziarie, che stanno fallendo; e infatti l’Italia è ferma, dal punto di vista economico; anzi, ormai siamo alla soglia della recessione.
Se vogliamo salvare il Paese dalla bancarotta, e il mondo dalla catastrofe (l’attuale ritmo di sviluppo e di logoramento delle risorse, e l’accelerazione della produzione e dei consumi di beni non necessari, stanno pregiudicando il futuro del pianeta), è necessaria una vera rivoluzione culturale.
Scuotendoci dalla rassegnazione passiva e liberandoci da egoistici opportunismi, dobbiamo reagire, abbandonando il mito della crescita senza limiti, e rifiutando per sempre l’idea che l’arricchimento personale possa essere un fine che giustifichi ogni mezzo.
Dobbiamo togliere centralità all’economia e al mercato, e restituirla all’uomo: solo così potremo perseguire con successo una più equa distribuzione delle risorse, e inoltre avremo anche cantieri e fabbriche più sicure e meno infortuni e morti.
Investimenti appropriati in ricerca, tecnologia e formazione, legati anche alla correttezza delle imprese, devono sostituire i finanziamenti a pioggia, ed è fondamentale un miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa delle istituzioni pubbliche, indispensabile presupposto anche per un incremento della produttività, che non può e non deve essere ottenuto solo con l’esasperazione dell’impegno dei lavoratori, perché ciò porta poi a stress e stanchezza, precarizzazione e riduzione dei livelli di attenzione, favorendo gli infortuni sul lavoro.
Ho letto di recente della pericolosa diffusione delle droghe sui luoghi di lavoro, spesso utilizzate, e tollerate, per sopportare meglio i terribili ritmi di lavoro oggi richiesti in alcune fabbriche o nei cantieri.
Imprenditori ed artigiani devono acquisire maggiore consapevolezza sulle conseguenze ambientali, economiche e sociali della propria attività, cercando di migliorare continuamente le proprie conoscenze tecnico-specialistiche (formazione professionale), ma anche il proprio livello culturale, e la capacità di confronto e sinergia con altre professionalità, e con la coscienza di svolgere un ruolo di interesse collettivo, e non solo un’attività finalizzata al profitto.
Lo sviluppo economico non deve prescindere dal rispetto per l’ambiente e dell’integrità, fisica e morale, della persona umana, la cui difesa deve condizionare ogni decisione legislativa e amministrativa, ma anche le scelte di tipo imprenditoriale.
Un importante contributo a migliorare le condizioni di lavoro nei cantieri e nelle fabbriche può essere portato anche dalla bioedilizia e, in generale, dal movimento ecologista, che potrà imporre al mercato prodotti meno tossici, nelle varie fasi di produzione, esecuzione, vita utile e smaltimento finale, in edilizia, nell’industria dell’arredamento, per i prodotti per la casa, ecc..
Anche nel campo della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti un consapevole movimento e diffuso ecologista potrà portare benefici in termini di riduzione, riuso, riutilizzo, recupero, …, con minori rischi per la sicurezza, anche, degli addetti ai lavori.
In conclusione, dopo aver ascoltato prima gli straordinari versi di “Fravecature” di Viviani, vorrei citare anch’io un’unica strofa di una altrettanto straordinaria canzone scritta in onore dei morti dello scoppio nella “Flaubert’s” di Sant’Anastasia, quasi 33 anni fa:
“E chi và 'a faticà
pur' 'a morte addà affruntà
murimm' 'a uno 'a uno
p'e colpa 'e 'sti padrune”.
(E'Zezi, "A' Flaubert", 1975)

[1] Serge Latouche (Professore emerito di Scienze Economiche all’Università di Parigi) – ALTRI MONDI, ALTRE MENTI, ALTRIMENTI – Ed. Rubettino – 2004 – pag. 126.

giovedì 29 gennaio 2009

“MENS SANA IN CORPORE SANO” (*)

LA PRATICA SPORTIVA PER LA PROMOZIONE DEL BENESSERE E DELLA SALUTE
(e le ricadute di carattere sociale, ovvero le responsabilità della politica)

La prima parte di questo articolo è stato pubblicato sulla rivista "Asclepiadi" numero 15 - ottobre 2008.

(*) Locuzione latina del poeta Giovenale (Satire, X, 356): La satira decima di Giovenale è tutta volta a mostrare la vanità dei valori o dei beni che gli uomini cercano con ogni mezzo di ottenere: ricchezza, fama, onore… Ma tutto ciò è effimero e, talvolta, anche dannoso. Nell'intenzione del poeta, l'uomo non dovrebbe aspirare che a due beni soltanto, la sanità dell'anima e la salute del corpo. Nell'uso moderno si attribuisce invece alla frase un senso diverso, intendendo che, per aver sane le facoltà della mente bisogna aver sane anche quelle del corpo (da Wikipedia).

Nell’agosto scorso si sono svolte, in Cina, le XXIX olimpiadi dell’era moderna, ovvero l’evento sportivo più importante che si svolge sul pianeta, con la partecipazione di tutte le nazioni del Mondo impegnate in quasi tutte le discipline sportive, da quelle più antiche (come l’atletica e la lotta) a quelle più nuove (come quelle che utilizzano pistole e carabine di precisione). Si tratta della massima espressione dello “spirito competitivo” insito nella natura umana, sia pure incanalato e disciplinato con le regole dello sport.
Ma le olimpiadi, che dovrebbero essere del tutto apolitiche, in realtà, sono anche un grande evento politico. E come nella Berlino hitleriana nel 1936, a Città del Messico nel 1968, e a Mosca nel 1980, grazie all’impatto sull’opinione pubblica e alle imprese degli atleti di casa, le olimpiadi in Cina sono state anche strumento di rafforzamento di un regime che nega fondamentali diritti dell’uomo.
Ma, grazie alle iniziative di Amnesty International e di altre associazioni ed organizzazioni internazionali, sono state, di contro, pure l’occasione per una campagna mondiale per chiedere alla Cina l'adozione e l'attuazione di riforme significative nel campo dei diritti umani, anche in considerazione dell'impegno che la stessa Cina si è assunta di fronte al Comitato olimpico internazionale (Cio). Infatti, quando nell'aprile 2001 fu scelta Pechino per le olimpiadi del 2008, Kiu Jingmin, vicepresidente del Comitato promotore di Pechino 2008, aveva affermato: "assegnando a Pechino i Giochi, aiuterete lo sviluppo dei diritti umani". E ancora, Wang Wei, Segretario generale del Comitato promotore di Pechino 2008, aggiunse: "garantiremo completa libertà d'informazione ai giornalisti che verranno in Cina. Abbiamo fiducia nel fatto che i Giochi non solo promuoveranno la nostra economia ma miglioreranno tutte le condizioni sociali, compresa l'educazione, la salute e i diritti umani".
In realtà, nonostante alcune riforme in tema di pena di morte e di maggiore libertà di stampa per i media internazionali, questo impegno non è stato rispettato, anche in conseguenza della timidezza nel pretenderne il rispetto da parte dei governi degli Stati partecipanti e dello stesso CIO, che ha chiaramente lasciato intendere che le condizioni politiche e sociali in Cina erano meno importanti dello stato degli impianti e delle strutture per gli atleti. Delle richieste di Amnesty International (adottare provvedimenti per la riduzione significativa dell'applicazione della pena di morte, come primo passo verso la sua completa abolizione - applicare tutte le forme di detenzione in accordo con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani e introdurre misure che tutelino il diritto a un processo equo e prevengano la tortura - garantire piena libertà d'azione ai difensori dei diritti umani, ponendo fine a minacce, intimidazioni, arresti e condanne nei loro confronti - porre fine alla censura, soprattutto nei confronti degli utenti di Internet), nulla è stato fatto. Anzi, nessuna manifestazione di protesta è stata autorizzata durante lo svolgimento dei giochi, e chi ne ha fatto richiesta è stato immediatamente arrestato, così come coloro, anche cittadini stranieri, poi immediatamente espulsi, che hanno osato manifestare in assenza di autorizzazione.
Pechino, dunque, ha sbalordito per lo sforzo organizzativo e per l’impegno economico dedicati ai giochi (40 miliardi di dollari per mostrare al mondo la faccia moderna della potenza cinese), ma è venuta meno alle promesse di migliorare la situazione dei diritti umani, tradendo in questo modo i valori fondamentali dell'olimpismo.

Da Amnesty International:
In Cina la pena di morte resta prevista per 68 reati, compresi crimini di natura economica, o connessi alla droga, che non comportano il ricorso alla violenza, e, nonostante la Cina dichiari che il numero delle esecuzioni è diminuito da quando la Corte suprema del popolo ha ripristinato il suo potere di revisione delle condanne a morte, le autorità cinesi continuano a non pubblicare alcun dato sulle esecuzioni, che dovrebbero comunque essere più di 5000 ogni anno.
L'attivista e scrittore Hu Jia continua a scontare una condanna per "incitamento alla sovversione", per aver scritto articoli e rilasciato interviste alla stampa estera sui diritti umani: ha problemi al fegato, a causa dell'epatite B, ma le autorità impediscono ai suoi familiari di fargli arrivare le medicine necessarie.
A giugno, la polizia ha arrestato l'attivista per i diritti umani del Sichuan, Huang Qi, con l'accusa di "essere entrato illegalmente in possesso di segreti di Stato". Huang stava fornendo assistenza legale alle famiglie di cinque alunni morti a seguito del crollo di una scuola elementare nel terremoto di maggio.
Liu Jie, un'attivista per il diritto alla terra, sta scontando un periodo di 18 mesi di "rieducazione attraverso il lavoro" nella provincia dell'Heilongjiang (Cina nord-orientale); secondo fonti locali, è stata sottoposta a violenze fisiche per aver lanciato una campagna in favore di riforme politiche e legali, tra cui l'abolizione della stessa "rieducazione attraverso il lavoro".
I giochi hanno raccontato una Cina diversa da quella che albergava nell’immaginario occidentale, più avanzata economicamente e tecnologicamente di quanto si potesse credere, e con un partito comunista senza ideali, ormai convertito in un’azienda che gestisce i soldi dello stato.
I cinesi si sono esaltati per le imprese dei propri atleti, ma i media e il regime hanno strumentalmente confuso il comprensibile entusiasmo nazionalista con l’approvazione politica, senza tuttavia riuscire ad attenuare l’immagine di un paese chiuso persino ai propri cittadini, dove i divieti e le limitazioni sono a volte insensati, e qualunque forma di dissenso porta immediatamente a limitazioni delle libertà personali o all’esilio, come quello di Wang Dan, a lungo perseguitato in patria, ed ora professore di storia ad Harvard, che non ha ottenuto il visto per rientrare in occasione delle olimpiadi.
Nel riquadro sono riportati altri casi di dissidenti perseguitati dal regime cinese, ma almeno 500 cittadini sono sottoposti a pene detentive senza alcuna accusa né processo.
Nel periodo che ha preceduto i Giochi, le autorità cinesi hanno imprigionato, posto agli arresti domiciliari o allontanato a forza chiunque avesse potuto minacciare l'immagine di "stabilità" e "armonia" che intendevano presentare al mondo, hanno abbattuto vecchie case scacciandone in malo nodo gli abitanti (per realizzare nuove strade ed eliminare edifici fatiscenti, poco consoni all’immagine della città), hanno chiuso fabbriche e hanno vietato l’uso delle automobili private (per ridurre i terribili livelli di inquinamento), hanno obbligato artigiani e venditori ambulanti a lasciare Pechino, hanno costretto milioni di cittadini a tali e tanti disagi, divieti, costrizioni e rinunce che v’è davvero da dubitare che ricorderanno i giochi come un momento alto della loro storia.
Inoltre le autorità cinesi hanno esteso l'uso di forme punitive di detenzione amministrativa, tra cui la "rieducazione attraverso il lavoro" e la "riabilitazione forzata dalla droga", per "ripulire" Pechino prima dell'inizio delle Olimpiadi e tenere alla larga gli attivisti per tutta la durata dei Giochi; e ai giornalisti cinesi continua ad essere impedito di scrivere su argomenti giudicati sensibili dal governo.
In questa situazione, secondo Amnesty International, i leader mondiali che hanno assistito ai Giochi “avrebbero dovuto prendere pubblicamente posizione in favore dei diritti umani in Cina e appoggiare l'azione degli attivisti per i diritti umani. Non avendolo fatto hanno mandato al mondo il messaggio che è accettabile che un governo ospiti i Giochi olimpici in un'atmosfera di repressione e persecuzione".
In nome del business, e completamente soggiogati agli interessi delle multinazionali e degli sponsor, i capi di Stato e i Dirigenti dello sport mondiale non hanno mai trovato la forza, prima, durante o dopo lo svolgimento dei giochi, di far sentire la loro voce contro la violazione dei diritti umani in Cina.
D’altra parte, anche quando, dopo l’assegnazione dei Giochi Olimpici del 1936 a Berlino, e la successiva nomina di Hitler a Cancelliere, il CIO non ne volle sapere di spostare altrove le Olimpiadi, così come richiesto da più parti. Eppure lo stesso "Führer", inizialmente, non era per nulla contento di ospitare quello che definì un "indegno festival organizzato dagli ebrei". Poi i suoi gerarchi gli fecero notare che i Giochi rappresentavano una grande occasione per mostrare al mondo la potenza germanica e la superiorità degli atleti tedeschi e Hitler, ormai persuaso, per celebrare la pretesa superiorità della "razza ariana", non badò a spese: lo stadio e la piscina furono ampliati e gli atleti poterono godere di uno sfarzoso villaggio olimpico. Fu un'olimpiade organizzata perfettamente e, mai come prima, i Giochi coinvolsero il pubblico, con oltre quattro milioni di biglietti venduti; e chi non riuscì ad entrare negli stadi poté seguire le gare grazie a 25 innovativi maxi-schermi installati in diversi punti di Berlino. Come a Pechino, gli atleti di casa fecero la parte del leone nel medagliere, e solo nel calcio, nel polo e nel basket la Germania non salì sul podio.
Però non mancarono iniziative di dissenso da parte degli atleti, come quello di Jesse Owens: grazie alle quattro medaglie d'oro conquistate, il suo pugno teso contro Hitler e il razzismo resterà un'immagine simbolo del Novecento, e quell’atleta e uomo straordinario, sulla pista di Berlino e sul podio, più avanti e più in alto delle miserie di uomini che lo giudicavano inferiore, denunciò, insieme, il razzismo tedesco e le discriminazioni che i neri subivano nella sua patria, subendone poi le prevedibili conseguenze: il ritorno a casa fu amaro e, per una squalifica ingiusta, subito dopo il suo trionfo, fu costretto ad abbandonare lo sport praticato. Invece l'atleta tedesco e comunista Werner Seelenbinder, che aveva promesso un plateale gesto di dissenso nei confronti di Hitler in caso di vittoria nella gara di lotta greco-romana, non riuscì nel suo intento perché si piazzò solo quarto e non ebbe la possibilità di sfruttare la ribalta del podio.
Anche a Città del Messico, nel 1968, uno degli anni più difficili e turbolenti della storia recente, pochi mesi dopo l’invasione sovietica che represse la Primavera di Praga, nel bel mezzo della guerra in Vietnam, e nel pieno delle lotte antirazziste (fu l’anno dell’assassinio di Martin Luther King, che si batteva per ottenere l'uguaglianza tra bianchi e neri), lo svolgimento dei Giochi Olimpici fu condizionato da importanti vicende storiche: la cieca follia del governo messicano compì un’orrenda strage di studenti pochi giorni prima della cerimonia di inaugurazione olimpica. All’origine del massacro vi furono le incursioni dei poliziotti messicani nelle Università, alle quali gli studenti si opposero manifestando contro il presidente Diaz Ordaz e cercando di sfruttare l’attenzione del mondo per le imminenti olimpiadi. Il presidente-dittatore li accusò quindi di voler boicottare i Giochi con le loro proteste, e ordinò l’occupazione militare dell’Università di Città del Messico, con centinaia di arresti. Gli studenti organizzarono una manifestazione di protesta in Piazza Tre Culture, alla quale il governo rispose ordinando una vera e propria carneficina: la piazza fu bloccata in ogni accesso, e l’esercito sparò da elicotteri ed edifici adiacenti (come non pensare ai carri armati di Piazza Tiananmen?). Del massacro non si sono mai avute cifre ufficiali, ma si parlò di centinaia di morti. L’efferatezza dell’azione scosse l’opinione pubblica, e dappertutto vi furono manifestazioni per portare solidarietà ai ragazzi messicani. Eppure il CIO decise che, nonostante tutto, i Giochi si dovevano disputare regolarmente: una scelta che fece discutere. E anche qui, come a Berlino, non mancarono gesti clamorosi da parte degli atleti: Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo nei 200 metri, salirono sul podio a piedi nudi sollevando il pugno e abbassando la testa quando venne issata la bandiera americana, in segno di protesta per la considerazione dei bianchi americani verso i neri considerati ancora come "animali, buoni unicamente per correre più velocemente oppure per saltare più in alto o più in lungo". E anche Lee Evans, Larry James e Ron Freeman, primo secondo e terzo nella 400 metri, salirono sul podio a piedi nudi, con il pugno alzato e con il basco scuro delle Pantere nere. I coraggiosi atleti protagonisti di questi gesti di grande valore sportivo e politico furono poi tutti sospesi dalla Federazione americana, esattamente come era capitato a Jesse Owens trentadue anni prima.
In Messico il regime militare sopravvisse alle olimpiadi per oltre 30 anni, fino a quando fu poi scalzato dal voto democratico, e ancora oggi la situazione politica non è del tutto stabilizzata: c’è da augurarsi che in Cina non debba passare così tanto tempo per una svolta.
I giochi del 1980 a Mosca, con il pretesto dell’invasione sovietica dell’Afghanistan (una guerra che è andata avanti per tutti gli anni ottanta, provocando un milione e mezzo di morti), furono boicottati dagli Stati Uniti e da altri Paesi della NATO, ma solo perché si era in piena guerra fredda, mentre oggi, almeno fino alla recente crisi caucasica, le due ex superpotenze mondiali hanno tollerato vicendevolmente, se non addirittura appoggiato logisticamente, le rispettive politiche imperialiste e neo-colonialiste (Cecenia da una parte, Afghanistan ed Iraq dall’altra). E anche qui un cambiamento politico si è avuto solo molto dopo le olimpiadi, con la Perestroika di Gorbaciov e la caduta del muro di Berlino.
Parliamo dunque di ri-corsi storici, della ri-proposizione di debolezze ed errori che nulla sembrano aver insegnato. E così in Cina oggi, come in Germania nel 1936, alla negazione della democrazia, all’autoritarismo sanguinoso, ai crimini di regime, si aggiunge il silenzio e la complicità dei governi di quasi tutte le nazioni partecipanti, dagli Stati Uniti ai paesi dell’Unione Europea, e delle relative istituzioni sportive.
I leader politici europei e americani hanno troppo timore delle possibili ritorsioni cinesi in campo economico per potersi preoccupare del Tibet o delle discriminazioni contro i mussulmani Uiguri della provincia di Xinjiang, rifiutano persino di incontrare il Dalai Lama, e hanno fatto di tutto per evitare, o almeno circoscrivere, le manifestazioni di protesta nei loro paesi durante il passaggio della fiaccola olimpica, pur di non irritare, più dell’inevitabile, gli “amici” cinesi. Inoltre hanno chiaramente “fatto sapere” che non avrebbero nemmeno gradito che i propri atleti avessero manifestato, per esempio, la loro solidarietà al popolo tibetano. D’altra parte, anche gli stessi atleti hanno generalmente obiettato che, se non se ne occupano i politici, di questioni politiche, non vedevano proprio perché avrebbero dovuto farlo loro.
I media hanno solo mostrato ed esaltato le imprese dei campioni in gara e i risultati delle nazioni più medagliate: abbiamo visto e rivisto in TV l’impressionante e, per alcuni inquietante, facilità delle vittorie del velocista giamaicano Usain Bolt, che ha stracciato i record mondiali sia dei 100 che dei 200 metri, o le otto medaglie d’oro del nuotatore americano Michael Phelps, ed altre imprese sportive, ma non abbiamo saputo nulla delle condizioni di vita dei cinesi, né si sono viste proteste di cittadini cinesi (e mi è difficile credere che non ve ne siano state).
E’ stato dato grande risalto alle 51 medaglie d’oro degli atleti cinesi, 25 delle quali conquistate da “debuttanti” sbucati da chissà dove, del tutto sconosciuti prima dei giochi. I cinesi hanno fatto quasi il pieno nei tuffi e nella ginnastica, dove sono state viste gareggiare bambine che non sembravano proprio avere i 16 anni necessari per partecipare alle olimpiadi.
La Cina ha vinto anche 21 argenti e 28 bronzi, per un totale di 100 medaglie: un risultato assolutamente sorprendente, ma ancora più, secondo me, è sorprendente che, con poche eccezioni, tutti i vincitori delle medaglie olimpiche di Pechino, cinesi e non, hanno festeggiato sorridendo le loro vittorie, ignari, o indifferenti, del dolore e della disperazione della stragrande maggioranza dei “sudditi” del regime cinese, inclusi, forse, gli stessi atleti in gara, a cominciare dalle “bambine” della ginnastica. E, anche fra gli atleti occidentali, quasi nessuno ha espresso la propria opinione sulla situazione dei diritti umani in Cina.
Oppure le espressioni di dissenso, se vi sono state, hanno subito una rigorosa censura.
Nessuno ha raccontato cosa accade in Cina ai dissidenti politici e agli attivisti dei diritti umani, tranne poche ONG, e si è persa così una grande occasione. Lo sport, che dovrebbe evocare e rilanciare messaggi positivi, in questo modo rinuncia al proprio ruolo culturale, appiattendosi su una logica economico-industriale, dove i risultati e il profitto giustificano ogni cosa, anche, forse, i presunti esperimenti di eugenetica cinesi, per selezionare atleti formidabili, o il doping, di cui si è parlato pochissimo, anche perché, a fronte dei 38 record mondiali stracciati a Pechino, la metà dei quali nel nuoto, una cosa mai vista prima, i test anti-doping sono risultati quasi tutti negativi, e solo due medaglie sono state ritirate. Ma non sembra possibile “credere a tutto ciò che luccica” e forse, fra qualche tempo, sapremo come è stato possibile, ai vari Bolt, Phelps, e ai tanti “carneadi” cinesi, ottenere certi risultati così sorprendenti.
A forza di cercarla ostinatamente, ho comunque trovato sui giornali l’unica “uscita” fuori le righe di un atleta partecipante alle olimpiadi, paragonabile forse al pugno teso di Jesse Owens nel 1938 contro il razzismo (di Hitler e del suo stesso Paese): la “confessione” del ventenne statunitense Matthew Mitchan che, prima di partire per Pechino, dove poi ha vinto l’oro nella gara di tuffi dalla piattaforma da 10 metri, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha dichiarato serenamente di essere omosessuale, scardinando così il tabù del maschio gay nel mondo dello sport, moderno “tempio della virilità”.
Solo che i media di oggi, decisamente più “controllati” di quanto non lo fossero nel 1936 o nel 1968, hanno oscurato anche questo isolato gesto di ribellione contro le discriminazioni, così come hanno ignorato le paraolimpiadi svoltesi, sempre a Pechino, a settembre. Qui, si poteva riportare l’attenzione sui valori veri dello sport, sulla sua capacità terapeutica per il corpo e per la mente, così come la mia esperienza personale di sportivo dilettante mi ha insegnato.
Ma i “diversi”, almeno nella convinzione di chi controlla l’informazione, non sono “telegenici”, e sono anzi destabilizzanti rispetto al connubio sport-consumismo, forse perché, Pistorius a parte, fanno riflettere sulla “vanità dei valori o dei beni che gli uomini cercano con ogni mezzo di ottenere: ricchezza, fama, onore”, e il consumatore non deve riflettere, ma deve agire d’istinto, seguendo acriticamente le indicazioni e i condizionamenti degli spot pubblicitari!
Venerare acriticamente la propria maglia/divisa/bandiera, e odiare l’avversario: qui è anche il seme della violenza, nello sport e non solo.
Tutto il contrario di ciò che dovremmo insegnare ai giovani: la cultura sportiva di un popolo dovrebbe educare alla convivenza civile e ai valori veri dello sport: lealtà, correttezza, rispetto delle regole, tenacia e conoscenza dei propri limiti, umiltà e capacità di accettare le sconfitte, rispetto per l’avversario.
Nello sport professionistico, invece, prevalgono ormai gli interessi economici e le esigenze di spettacolo, tanto che anche i politici spesso sfruttano la popolarità data dallo sport per perseguire i loro fini.
E la partecipazione di massa allo sport, sempre più, per effetto del deciso intervento dei media in favore degli interessi degli sponsor si trasforma: dalla pratica diretta al ruolo di spettatore, o di consumatore, di beni prodotti, anche in Cina, sfruttando il lavoro dei bambini, oppure di sostanze dopanti, diffuse purtroppo anche fra i dilettanti e gli amatori, dove peraltro i controlli sono semplicemente inesistenti. Infine, anche in Italia, è ormai dilagante la nuova frontiera del business sportivo: le scommesse, legali e non.
In questa metamorfosi negativa si può anche leggere un parallelo con la politica, che è ormai un “campo di gioco” per professionisti, dove i cittadini non sono altro che tifosi e dove, per un “ingaggio” più alto, si cambia “squadra” con molta disinvoltura.
Per le elezioni legislative ci hanno tolto anche la possibilità di esprimere voti di preferenza, e poi hanno fatto in modo di rinviare il referendum che era stato ottenuto per modificare questo schiaffo alla democrazia, magari con l’intenzione di lavarci un altro po’ il cervello e abituarci a tale modalità di “non-voto”, che ora vorrebbero estendere anche alle europee; quindi gli eletti sono già decisi a tavolino, prima ancora che si vada a votare, così come le “liste/squadre” che scendono in campo le decide il “partito/allenatore”, quasi sempre sulla base della fedeltà e, l’elettore/spettatore/tifoso, non può far altro che parteggiare per l’una o per l’altra squadra.
Allora, anche sul piano civico e sociale, dobbiamo sperare che possa essere ritrovato uno spirito sportivo, e per questo, riprendendo quanto già avevano compreso i greci, e come ci ha ben ricordato il poeta latino Giovenale, è necessario che la scuola non trascuri la “cura del corpo” e quindi l’educazione degli studenti alla salute fisica e psichica, dando il giusto spazio alla pratica sportiva dei nostri giovani, magari senza ricorrere alle sponsorizzazioni delle aziende produttrici di merendine “obesogene”.
Questo processo di educazione allo sport è fondamentale e non più rinviabile, vista anche la dilagante violenza negli stadi, e perché, anche a livello dilettantistico, da alcuni anni, pure ai livelli più bassi, soprattutto nel calcio, si gioca se e dove si guadagnano più soldi, i bambini vanno sempre meno a giocare all’aria aperta, preferendo, con la “complicità” dei genitori, televisione e videogiochi, e, se praticano una qualche disciplina sportiva è perché i genitori li iscrivono, a pagamento, alla scuola calcio, o in palestre e piscine private che suppliscono, per business, alla carenza di strutture pubbliche, soprattutto scolastiche. Tuttavia, nelle “scuole calcio”, anche per inadeguatezza degli istruttori, che quasi mai hanno seguito corsi specifici, e per il solo fatto di aver “giocato a pallone” pensano di poter diventare allenatori, sovente si insegnano solo tecniche di gioco e competitività/aggressività, perché le vittorie sono in realtà un mezzo per aumentare il prestigio della società e per soddisfare i genitori delle “giovani promesse”, e non il sano risultato del lavoro fatto sul campo di allenamento. E quando i bambini capiscono che non diventeranno campioni strapagati e venerati, come vorrebbero i loro genitori, smettono del tutto di fare sport e si dedicano ad altro.
Lo sport fa bene, ma può fare anche molto male. Ha grandi potenzialità, soprattutto per la prevenzione e la riabilitazione dei disagi sociali, ma anche contraddizioni, come hanno efficacemente mostrato anche numerose opere letterarie e cinematografiche che si sono ispirate a vicende sportive. Comunque rappresenta sempre uno straordinario strumento educativo e di socializzazione, soprattutto per i bambini, ma anche per gli amatori e appassionati praticanti: nonostante i sacrifici e gli “acciacchi”, atleti di tutte le età praticano sport per sentirsi in forma e per il bisogno inconscio, che tutti hanno, di sentirsi ancora “fanciulli”, di continuare a “giocare” con la spensieratezza dei bambini, e, con lo stesso entusiasmo di quando giocavano in strada o nei cortili. Interminabili partite a pallone iniziavano dopo la scuola e finivano spesso quando era già buio, o quando ci sequestravano il pallone! Nessuno voleva perdere, ma non c’era bisogno di arbitri o moviole: non era certo un rigore a decidere una partita, ma il talento e la grinta dei giocatori in campo. Magari si litigava, ma poi si tornava a casa amici come prima, aspettando con impazienza la rivincita.
Una “partita a pallone” era come un rito, e la vita è come una partita: bisogna giocare per vincere, mettendo in campo tutte le proprie qualità, non solo quelle atletiche, e con il massimo impegno, con lealtà e rispetto per compagni ed avversari. In questo modo, facendo sport e divertendosi, si imparava a “stare in una squadra”, accettandone anche regole e limitazioni personali, insomma ci si allenava a “lavorare insieme agli altri”, condividendo sogni e paure, vittorie e sconfitte.
Ogni giocatore, anche il più “scarso”, anche chi è stato messo momentaneamente “in panchina”, deve saper aspettare il suo “momento di gloria”, e oltre a gioire delle vittorie, bisogna saper accettare le sconfitte, perché vincere non è la cosa più importante: quello che è importante è esserci, avere fiducia in se stessi, sapersi mettere in gioco, superando la paura di non farcela e impegnandosi per raggiungere un obiettivo prefissato, migliorando giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita.
In questo senso lo sport ha un enorme valore sociale e, anche la politica deve impegnarsi affinché lo possa esprimere, soprattutto a livello giovanile, con investimenti adeguati in strutture e formazione, e con aiuti economici alle società dilettantistiche, perché lo sport sia sempre più praticato e meno “consumato”.

INCENERITORE: RISPOSTA A CICCHIELLO.

(Vedi intervento di Vincenzo Cicchiello su www.vincenzocicchiello.it)

San Salvatore Telesino, 13 gennaio 2009.
Ciao Vincenzo,
sono davvero felice che Tu stia bene.
E mi fa piacere, con l’occasione di questa doverosa risposta al Tuo intervento, chiarire alcune vicende strettamente correlate con le questioni da te sollevate.
E’ vero, sono stato nel direttivo dei D.S. di San Salvatore Telesino per un po’ di tempo, e segretario di sezione per un ulteriore periodo (l’ultimo segretario, anzi, fino allo scioglimento del partito).
Inoltre sono stato impegnato per molto tempo a sostenere le battaglie della sinistra, spesso anche quella che Tu oggi chiami “estrema” (prima il P.C.I., poi il P.D.S. e i D.S. o Rifondazione Comunista).
L’ho fatto, e spero di poterlo fare ancora, con profonda convinzione, solo perché quelle idee erano più vicine al mio “sentire” rispetto a quelle della destra o, prima, della D.C., e non per interessi personali.
Invece non sono mai stato candidato, nonostante le tante sollecitazioni che ho avuto, e non ho mai ricoperto cariche istituzionali, né ho avuto responsabilità amministrative. Ho sostenuto però, in passato, Tue candidature, in quanto convinto delle Tue capacità e delle Tue buone intenzioni.
Ancora oggi sono convinto di aver fatto, allora, una scelta giusta.
Sono anche certo che la Tua stima nei miei confronti non può essere venuta meno: fosti Tu a volermi nel direttivo.
Solo dopo le Tue dimissioni da assessore, su sollecitazione di molte persone, accettai di impegnarmi direttamente, senza più delegare. Volevo mettere a disposizione della comunità le mie competenze, e cercare di lavorare, con gli strumenti della politica, per concretizzare le mie idee, come quelle, per esempio, sulla necessità di una maggiore partecipazione democratica, di un maggior coinvolgimento della società civile nella politica, di una maggiore attenzione verso le tematiche ambientali.
In quel periodo ho scritto molte pagine su questi e altri argomenti (articoli, comunicati, lettere, …), che sono a Tua disposizione, se vorrai leggerli, per contestualizzare le mie parole senza fermarti a pochi concetti estrapolati da un più complesso discorso (non pubblicherò invece, come Tu chiedi, documenti ufficiali che sono agli atti della “conferenza dei servizi”, che sono stati estratti con normali istanze di accesso agli atti ai sensi della normativa vigente e che sono, da tempo, di pubblico dominio).
In particolare, come potrai ricordare e verificare, come segretario dei D.S., ma anche prima, ho sempre cercato di proporre agli elettori una alternativa “di sinistra”, ancorché inserita in un “contenitore” di centro-sinistra. Come è noto, questo obiettivo, che peraltro era largamente condiviso dagli iscritti, e che vedeva apparentemente d’accordo anche gli altri partiti di centro-sinistra, non fu raggiunto; di questo mi assunsi personalmente la responsabilità, anche se tutte le scelte e le iniziative della sezione in quel periodo furono partecipate, condivise e, infine, democraticamente decise a maggioranza.
Anche la decisione più grave, quella che ci portò a non schierarci apertamente con nessuna della due liste in competizione, nelle ultime amministrative, fu assunta a maggioranza in sezione (anche se con dolorosi dissensi e prese di distanza), e fu condivisa con i vertici provinciali del partito. Né si ritenne opportuno proporre una terza lista, solo di sinistra, che avrebbe avuto il solo risultato di favorire uno dei due contendenti. Peraltro, come ribadii in più occasioni, non mi interessava un ruolo individuale non inserito in un gruppo in grado di incidere concretamente sull’azione amministrativa.
Oggi, alla luce degli avvenimenti successivi, sono personalmente convinto che fu una scelta giusta quella di non accostare la sigla dei D.S. a quelle di F.I. e/o A.N., ben rappresentate nelle due liste (sia pur civiche, ma entrambe troppo disomogenee politicamente) che si contesero il governo del paese nel 2007.
Ho anche creduto nel progetto del P.D. e, altro errore, anche su questo mi sono dovuto ricredere: oggi sono deluso, e fortemente indignato, per il comportamento di chi, nel P.D. ha responsabilità direttive o amministrative, da Veltroni a Bassolino, e fino ai responsabili provinciali.
Insomma, anche nell’impegno politico, e anche all’interno del partito, ho sempre cercato di ragionare con la mia testa, di rispettare tutti e di non insultare nessuno.
Ho rispettato anche i Tuoi silenzi quando hai ritenuto di non venire a spiegare in sezione, e a chi Ti aveva sostenuto, le ragioni delle Tue dimissioni. Ed ho rispettato i Tuoi silenzi quando altri ti hanno accusato, e a volte insultato, e assieme a Te tutto il partito, per questa faccenda della centrale, ed era legittimo attendersi una Tua presa di posizione, se non altro per dovere proprio verso il partito che Ti aveva sostenuto.
A questo punto, sono quasi onorato che Tu abbia scelto me, come bersaglio, per rompere il Tuo isolamento.
Ma veniamo al dunque.
E’ vero anche che parlasti ai componenti del direttivo, nel 2004 credo, o forse all’inizio del 2005, di un progetto di centrale a biomasse da realizzare nella “zona industriale” di San Salvatore Telesino; ma ricorderai anche che in quell’occasione Ti espressi immediatamente le mie personali perplessità in merito (per inciso, dicesti anche della possibilità che io me ne potessi occupare professionalmente e, ricorderai, anche su questo risposi negativamente).
In ogni caso non fornisti nessun dettaglio e non mostrasti alcuna documentazione. Poi non ne hai più parlato, almeno non con me.
Solo nel 2006, dopo che Emilio Bove aveva parlato dell’impianto nel suo periodico informativo, cercai di assumere altre notizie (nel frattempo ero stato eletto segretario). Ma su quello specifico progetto non riuscii ad avere alcuna informazione da parte dei referenti provinciali, e solo da un amico di Caivano, anche lui ingegnere e anche lui nei D.S., riuscii ad avere copia della relazione relativa ad un impianto che, mi disse, doveva essere simile a quello di San Salvatore. Mi disse anche che i D.S. appoggiavano decisamente questo tipi di centrali.
In effetti, ancora oggi, la regione governata da Bassolino incentiva e finanzia generosamente questi impianti nell’ambito di quelli per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili.
Insomma, questo progetto sembrava inserirsi effettivamente in una strategia complessiva di interventi per la sostituzione dei combustibili fossili.
Così, senza approfondire oltre, firmai anche un documento favorevole all’impianto.
E sbagliai! Perché non mi ero documentato abbastanza, perché non avevo nessun documento specificamente relativo all’impianto in questione, e perché mi ero fidato troppo di quello che altri mi avevano detto. Fui dunque, io anche, un ingenuo, nel pensare che il partito non potesse che sostenere progetti giusti!
Questo però l’ho capito solo in seguito, subito dopo lo svolgimento delle elezioni amministrative a San Salvatore, quando un funzionario della regione, anche lui “vicino” ai D.S., e al quale avevo chiesto notizie, finalmente, ritenne giusto informare il segretario dei D.S. di San Salvatore Telesino che l’autorizzazione per quell’impianto non era stata chiesta come impianto per la produzione di energia da biomasse, ma come inceneritore di rifiuti. E disse chiaramente che era stato il Presidente della provincia Nardone a volere così!
Casualmente, dopo pochi giorni (siamo già a giugno del 2007), ad un’iniziativa della federazione provinciale, mi fu presentato Giovanni Zarro, col quale ebbi una sgradevole discussione proprio sulla centrale-inceneritore. Zarro sostenne con decisione e con chiarezza che l’impianto sarebbe stato sicuramente realizzato, nonostante l’intervenuta contrarietà del sindaco, perché il Presidente della Provincia Nardone era deciso ad autorizzarlo, e perché sia i D.S. che la Margherita di Benevento erano d’accordo.
Lo stesso Presidente Nardone ha detto più volte di essere assolutamente favorevole all’impianto, e lo ha difeso con una chiarezza ed una veemenza incredibili. Bisogna riconoscere che è stato assolutamente coerente, anche a costo di pagare politicamente questo suo accanimento.
Per conto mio, come segretario dei D.S. di San Salvatore Telesino, non potevo ovviamente accettare che il partito potesse sostenere quel progetto a dispetto delle popolazioni coinvolte, e conseguentemente, mi attivai per rappresentare ai vertici provinciali la contrarietà mia e degli iscritti di San Salvatore rispetto all’impianto e, soprattutto, rispetto alle modalità con le quali lo si voleva imporre.
Nel frattempo la notizia era stata divulgata, finalmente, dal sindaco di San Salvatore in un consiglio comunale agli inizi di luglio del 2007, quindi dopo la conferenza dei servizi del giugno 2007.
Grazie anche della grande mobilitazione che vi fu contro l’impianto (io stesso mi ero adoperato per la raccolta delle firme), insieme agli amici di Amorosi, ottenemmo che la federazione di Benevento, in vista anche delle ormai prossime elezioni (nel frattempo anche i rapporti con il Presidente Nardone si erano definitivamente deteriorati), si esprimesse pubblicamente a sfavore della centrale: uscirono articoli di giornale con una dura presa di posizione di Rossano Insogna, fu affisso in tutti i paesi un manifesto e, in consiglio provinciale, anche i consiglieri D.S. si espressero contro il progetto appoggiato da Nardone.
Questo mi è stato possibile fare, e l’ho fatto. Ma ho ammesso anche le mie responsabilità politiche, le ho pagate di persona, e tuttavia, pur avendo messo a disposizione della sezione il mio incarico, ho continuato a lavorare fino allo scioglimento dei D.S. e alla conseguente decadenza dell’incarico stesso. A quel punto ho rinunziato ad ogni impegno nel partito, ma non all’impegno civico: credo che l’associazionismo, l’ambientalismo, i comitati, le imprese del commercio equo e solidale, più dei partiti, possano essere un campo di impegno per proporre un nuovo modo di fare politica: più partecipazione, più attenzione alle esigenze della collettività, più cura dei beni comuni e dell’ambiente, meno compromessi e personalismi, più etica, sociale e politica.
Mi scuso con tutti per essermi dilungato sulle mie vicende personali, ma era necessario per contestualizzare le risposte alle Tue domande (strettamente correlate ai fatti che sono accaduti in Tua assenza, soprattutto all’interno del partito). Spero che le troverai esaurienti.
1) Non volevo affatto fare disinformazione, né piccola né grande, e non pensavo certo a Te nello scrivere, ma, semplicemente, intendevo far sapere all’Architetto Visalli, il cui ultimo intervento mi aveva indignato, che non potevo accettare lezioni, per suo tramite, dalla società VOCEM. Scrivendo di getto, ho espresso idee ed opinioni coerenti con quanto avevo sempre detto e scritto in precedenza, senza lanciare accuse personali, ma solo opinioni, e credo che le opinioni di ognuno debbano sempre essere rispettate.
2) Non so se la mia “lettera-articolo” possa essere considerata “inquietante”, a me non sembra affatto: la mia era solo una lettera (il titolo, che è proprio di un articolo, non è stato messo da me) e non avevo altro modo di farla giungere a Visalli se non attraverso Vivitelese, che Lui segue con interessata fedeltà.
A parte il titolo, che era effettivamente un po’ fuorviante, con l’occasione, devo ringraziare VIVITELESE per il servizio che rende alla nostra comunità, consentendo a Tutti di esprimere le proprie idee.
3) In un passaggio ho parlato di pressioni della società per “promuovere” i propri interessi presso politici locali. Facevo riferimento, in particolare, ad un fatto specifico: il 16 maggio 2005 la VOCEM-ABM inviò una nota al Presidente Nardone pregandolo di “armonizzare ed integrare” il progetto VOCEM all’interno dei piani provinciali di smaltimento dei rifiuti e di produzione di energia; da tale lettera si poteva evincere chiaramente che la ditta voleva bruciare CDR nel termovalorizzatore. Testualmente vi si legge: «l’impianto VOCEM, come attualmente dimensionato e progettato, potrebbe essere alimentato integrando il materiale organico a matrice vegetale con il quantitativo di Cdr prodotto in provincia di Benevento». Risulta anche che, qualche giorno dopo, la ABM-VOCEM Ti abbia informato confidenzialmente di tale iniziativa, ed in particolare di aver sollecitato una modifica della pianificazione provinciale in materia di energia.
Si tratta di circostanze e documenti, questi ed altri, già più volte citati, e commentati, da altri prima di me, senza che nessuno li abbia mai smentiti.
Anche recentemente, in una pubblica assemblea ad Amorosi (che non a caso avevo richiamato rivolgendomi a Visalli, in quanto presente in quell’occasione), questi ed altri documenti sono stati nuovamente citati, e in parte letti in sala, parlandone chiaramente come di fatti penalmente rilevanti, senza che nessuno abbia ritenuto di chiedere chiarimenti in merito. Io, personalmente, non credo che si trattasse di azioni penalmente rilevanti, ma erano senz’altro scorrette ed inopportune: infatti le ho definite pressioni indebite (se avessi prove di fatti illeciti, li denuncerei immediatamente alle Autorità Competenti, così come ho sempre fatto nell’ambito del mio lavoro).
In ogni caso si trattava, oggettivamente, di tentativi di condizionamento di amministratori pubblici e politici affinché si potessero “armonizzare” i piani provinciali al loro progetto. Non credi che siano i progetti, invece, che devono armonizzarsi agli strumenti di pianificazione e che, semmai, se ne debba parlare con i tecnici, e non con i politici?
4) Per quanto riguarda, appunto, l’Ufficio Tecnico di San Salvatore Telesino, il Dirigente ha riferito più volte di non aver mai formalmente ricevuto il progetto VOCEM per il rilascio delle autorizzazioni di competenza dell’ufficio stesso fino al luglio del 2007; ciò sembra confermato anche da una Sua comunicazione al sindaco del 23.07.2007, con la quale rappresentava di non poter esprimere un parere urbanistico in quanto gli elaborati trasmessi il 19.07.2007 erano carenti. Al momento, sulla base anche della conoscenza delle norme, soprattutto quelle sul pubblico impiego e sul governo degli enti locali, non ho motivi per dubitare delle parole di un collega. D’altra parte anche in una lettera alla VOCEM del 28.11.2005 si parla di incontri fra i tecnici della VOCEM e i consiglieri comunali, e si rappresentava che il progetto doveva poi essere valutato dai tecnici del comune, e quindi portato in consiglio comunale, aperto alla cittadinanza …
A me non risulta che tutto ciò sia avvenuto. Ma forse mi sbaglio. C’è qualcuno che può chiarire davvero che cosa è successo? Io non ho altri elementi.
In particolare, a me non è proprio mai venuto in mente che qualcuno possa aver “cambiato le carte del gioco e del progetto”.
Risulta senz’altro che la VOCEM abbia, ad un certo punto, cambiato il suo progetto iniziale, e abbia cominciato a parlare di CDR, come detto sopra, e sembra che sia Tu che il sindaco abbiate, solo a quel punto , contestato il procedimento. Ma non so chi deteneva, in quel momento, quel progetto presso il comune, e non posso proprio dare un contributo: io ho potuto visionare solo i documenti che gli Enti interessati hanno rilasciato a seguito di istanze ai sensi delle norme sull’accesso agli atti. Non so cosa Tu abbia voluto dire, e non capisco perché dovrei adoperarmi io per fare ulteriori verifiche, né, tantomeno, per integrare gli atti amministrativi in Tuo possesso, se non, eventualmente, dopo che li avrai resi noti a tutti. In ogni caso non credo che il comune sia abitato da fantasmini!
5) Non voglio affatto fare il “censore”, tantomeno “severo”, dei politici: siamo tutti, o dovremmo essere tutti, politici, nel senso di interessarci della cosa pubblica, e, soprattutto, i politici non sono tutti uguali. Rivendico solo il diritto di discutere, e criticare, se del caso, l’azione politica di chi ha deciso, decide e deciderà in futuro, per mio conto, anche, delle cose del mio paese, della mia provincia, della mia regione, e così via fino al pianeta, insomma del territorio in cui vivo.
Un’ultimissima cosa: ho atteso un po’ per risponderTi, pensando, sinceramente, che Tu avresti smentito di essere l’autore di questa cosa (ma, ancora una volta, mi sbagliavo). Vorrei ora fare io una domanda a Te: a chi giova tutto ciò?

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.