giovedì 22 gennaio 2009

QUESTIONE AMBIENTALE E GOVERNO DEL TERRITORIO


Enti locali e democrazia partecipata
Articolo pubblicato sulla rivista "Asclepiadi" (numero 9 - aprile 2005)
Negli ultimi anni, sulla scena politica italiana, in entrambi gli schieramenti, si sono imposte all’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto dispute accese per assicurarsi candidature e poltrone, dispute che però poco appassionano i cittadini, i quali percepiscono chiaramente lo scarso interesse dei contendenti verso i reali problemi del Paese. Solo per le elezioni amministrative si registra un maggiore coinvolgimento, certo per il fatto di sentire la politica locale più vicina ai cittadini (non di rado i candidati fanno campagna elettorale porta per porta, ed è più facile rappresentare i propri problemi e le proprie aspettative). Ma tutto resta purtroppo concentrato in quel breve lasso di tempo della campagna elettorale e delle elezioni, quasi che dopo aver infilato la scheda nell’urna, il ruolo del cittadino-elettore, sia esaurito: gli eletti governano il cittadino-suddito e decidono della sua vita, gestendo le risorse economiche di tutti per l’interesse di pochi, mentre le opposizioni dovrebbero vigilare e, se nel caso, denunciare.
Questa è l’agonia della democrazia, e addolorarsene serve a poco.
Dai principi fondamentali della Costituzione, opportunamente richiamati anche dai primi articoli del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (sinteticamente riportati nel quadro a margine), discende invece che le amministrazioni locali, una volta incassata la investitura elettorale, non dovrebbero, come purtroppo quasi sempre avviene, governare e decidere della vita dei cittadini a prescindere dalle loro esigenze, richieste ed aspettative. E anzi, quanto più l’autonomia di comuni e province diventa ampia, tanto più la loro azione deve essere adeguata ai poteri che devono essere esercitati, con l’obiettivo di curare gli interessi delle popolazioni, e di promuoverne e coordinarne lo sviluppo, di favorire la socializzazione ed il senso di appartenenza, incentivando inoltre la partecipazione e la libera iniziativa di cittadini singoli od organizzati in associazione.
Sappiamo che non sempre è così e che spesso le decisioni dei nostri amministratori sono, o perlomeno sembrano essere, condizionate da altre esigenze, non coincidenti o addirittura opposte all’interesse collettivo dei cittadini, ma tese invece a tutelare piccoli interessi individuali.
E il tutto viene giustificato con l’obiettivo ingannevolmente virtuoso del contenimento della spesa pubblica, con la favola che le privatizzazioni facciano coincidere sempre maggiore efficienza e costi più contenuti, con la crescita economica da perseguire applicando in maniera esasperata le teorie liberali, giustificando l’esproprio di beni inalienabili dell’uomo e delle comunità (come le risorse idriche). Il filosofo Norberto Bobbio citava proprio i teorici del pensiero liberale per smontare le tesi dei sedicenti liberali di oggi, che pretendono di sovvertire ogni regola democratica proprio in nome del liberismo[1], mostrando una sorta di allergia verso ogni tipo di regolamentazione che non derivi dalle leggi di mercato.
In particolare nelle aree depresse del meridione, nelle zone dove nonostante i finanziamenti a pioggia degli ultimi decenni, a causa delle carenze infrastrutturali del territorio, le industrie nascono e muoiono nel giro di pochi mesi, gran parte dell’economia è basata sull’industria delle costruzioni, sia che si tratti di opere pubbliche (spesso inutili), sia che si tratti di edilizia privata (anche abusiva).
Mai invece si è incentivata seriamente l’imprenditoria agricola di piccole e medie dimensioni, che fa parte del nostro DNA e che fino a pochissimi anni fa costituiva la nostra maggiore fonte di reddito e la nostra vocazione, né tantomeno è stata valorizzata in modo adeguato l’imprenditoria legata al turismo.
Le straordinarie ricchezze paesaggistiche e storico archeologiche restano spesso solo potenziali e alla mercé di devastazioni di ogni tipo, mentre si sperperano cifre enormi per stabilimenti industriali sovradimensionati che non andranno mai a regime ed opere pubbliche inutili che vengono realizzate a “stralci (mai veramente) funzionali” nel corso di decenni, e che se e quando vengono ultimate sono già obsolete e superate, per cui bisogna investire ancora per riconvertirle.
Per la realizzazione di grandi opere di interesse nazionale vengono imposte alle amministrazioni locali, senza minimamente tenere conto del loro parere, scelte territoriali anche molto “impattanti”. Ciò smentisce clamorosamente anche le “buone intenzioni” sulla “devoluzione” di poteri alle amministrazioni locali.
Sono emblematici in tal senso i casi del sito di stoccaggio di scorie nucleari che “doveva” essere dislocato nel territorio di Scanzano Ionica, il Ponte sullo stretto di Messina, il “Termovalorizzatore” di Acerra, quest’ultimo attualmente in corso di costruzione in una delle zone più inquinate d’Italia, grazie alla adiacente Montefibre, ai cementifici e alle innumerevoli discariche abusive piene di rifiuti tossici[2] poste nel bel mezzo degli orti che riforniscono anche i nostri mercati.
L’edilizia privata e le opere pubbliche non possono e non devono essere l’unico motore dell’economia di un territorio, e in generale lo sviluppo economico[3] fine a sé stesso non deve essere l’unico obiettivo dell’azione amministrativa, perché il risultato sarebbe aberrante. In Italia esistono (o forse esistevano?) zone ricchissime dal punto di vista economico, ma poverissime dal punto di vista sociale e culturale, con un ambiente sovra-urbanizzato e privo di poli di aggregazione che non siano bar, pub e discoteche, invivibile ed alienante, povero di valori e stimoli culturali.
Potendo scegliere, non è certo uno di questi il luogo dove ci piacerebbe vivere.
Progetto di un intervento di edilizia residenziale che tenta di conciliare le esigenze degli adulti a quelle dei bambini, redatto coinvolgendo 700 bambini/e insieme alla Amministrazione locale, a cooperative di abitanti, architetti pedagogisti – Correggio (Reggio Emilia)
I lavori, iniziati nel 2003, saranno ultimati nel 2005.Lo sviluppo economico non deve invece prescindere dalla tutela del nostro patrimonio paesaggistico e storico-culturale, che costituisce la nostra vera ricchezza, la risorsa su cui puntare decisamente e che deve condizionare ogni decisione amministrativa, soprattutto le politiche di regolamentazione urbanistica del territorio.
Il problema è che non siamo noi a scegliere, o meglio pensiamo di farlo andando a votare, affidando le nostre vite nelle mani di politici a loro volta manipolati da speculatori di ogni tipo che, diversamente dalla gran massa dei cittadini, non si disinteressano dell’azione dei loro amministratori, di qualunque colore politico essi siano, ma invece esercitano una pressione costante, influenzando ogni loro decisione.
Ma questi speculatori, per quanti mezzi possano dispiegare per favorire i propri interessi, non potrebbero mai bilanciare la forza della moltitudine della restante parte dei cittadini di un Comune, di una provincia, o di una Regione, se questi cittadini fossero organizzati in una rete di associazioni e movimenti.
E’ perciò necessario rinunciare alle pur comode deleghe ai politici ed imporre, pacificamente e democraticamente, con la forza dei numeri, la nostra partecipazione alle scelte che ci riguardano, riaprendo, e tenendo perennemente aperto, il confronto fra istituzioni e cittadini, fra rappresentanti e rappresentati. Certo i politici di professione non vedono di buon occhio, né tantomeno favoriscono, la partecipazione democratica dei cittadini alla vita politica ed amministrativa, considerando piuttosto ogni tentativo di partecipazione come una indebita ingerenza: i cittadini ed il loro consenso servono per essere eletti, ma poi, dopo che hanno firmato la loro “delega”, non devono interferire con gli affari dei “delegati”, a meno che non siano molto potenti ed abbiano “argomentazioni” molto “convincenti”.
Anche il “contratto con gli elettori”, recentemente introdotto nel linguaggio politico italiano con grande clamore mediatico, è in realtà un inganno, una video-manipolazione, perché non vi era nulla di contrattato (almeno non con gli elettori). Si tratta di un atto unilaterale, che cerca di essere accattivante come tutte le merci proposte nelle vetrine, ma che in realtà, come i beni di consumo, in particolare quelli voluttuari, va visto per quello che realmente è: profitto per chi lo produce e per chi lo vende.
E tutte le forze politiche sembrano appiattirsi su tali posizioni, sia da destra che da sinistra si rivendica il diritto a governare che deriverebbe dall’investitura elettorale. Lo dimostra il nuovo statuto della Regione Campania che, proposto da una maggioranza di centro-sinistra, ha avuto il plauso dell’opposizione per il suo carattere spiccatamente “presidenzialista”.
Alcuni però pensano che non sia questa la strada più giusta, e che invece il confronto fra Cittadini ed Istituzioni debba riaprirsi, superando l’idea della sola rappresentanza per affiancargli quella della partecipazione, che non può essere surrogata dal consenso e dal carisma personale di sindaci, presidenti di province e regioni o di un primo ministro.
La democrazia va rivitalizzata grazie al contributo di analisi e proposte da parte del maggior numero possibile di persone, possibilmente raggruppate in associazioni, comitati di quartiere, movimenti, ma anche individualmente, magari sfruttando i forum di discussione sul sito istituzionale dell’ente locale, e con altri dispositivi istituzionali innovativi, ma comunque già sperimentati da tempo con successo in diverse realtà amministrative, dove si è dato modo ai cittadini di progettare in prima persona la vita dei propri quartieri e di stimolare gli enti locali al migliore impiego possibile delle risorse disponibili, con scelte condivise da tutti.
Solo incentivando la partecipazione della cittadinanza alle scelte amministrative si potrà efficacemente sottrarre il territorio al controllo della criminalità organizzata (che quasi sempre inquina anche le amministrazioni pubbliche), evitando di cedere alle paure e di accettare passivamente una sempre maggiore privazione delle libertà individuali. Si possono in questo modo prevenire disastri ambientali e combattere la piaga dell’abusivismo[4] e la disoccupazione. L’incentivazione dell’imprenditoria turistica, ambientale, e culturale può portare infatti alla creazione di nuove figure lavorative, favorendo le politiche dell’ospitalità ai migranti e della solidarietà, nella garanzia e nel rispetto dei diritti civili.
E’ questa l’unica via per concretizzare la voglia di cambiamento che c’è nella gente, per guarire dalla disaffezione alla politica, per stimolare di nuovo le migliori menti del paese all’impegno politico, perché i movimenti di protesta non restino fini a se stessi. C’è bisogno davvero che all’emozione si affianchi la razionalità, come sostiene José Saramago, scrittore portoghese autore del romanzo Saggio sulla lucidità, nel quale si narra di una città i cui governanti, dipendenti e sovrastati a loro volta dai potentati economici, in occasione delle elezioni restano annichiliti e delegittimati da una percentuale di oltre l’ottanta per cento di schede bianche, che rende evidente il disagio degli elettori, i quali non si riconoscono più in nessuno degli schieramenti in campo.
Se ci riflettiamo, percentuali di astensionismo tanto elevate come quelle delle ultime tornate elettorali, sia in Italia che in Europa (non meno del 40%), possono essere lette anche in questa chiave, e denunciano comunque lo stato di coma della democrazia rappresentativa, anche se in modo meno eclatante di quello descritto da Saramago.
Al contrario, una delle esperienze più consolidate di democrazia partecipativa in Italia è quella di Grottammare, cittadina marchigiana di 14.000 abitanti, dove 10 anni fa si è avuta una trasformazione improvvisa e radicale del rapporto fra cittadini e gestione della cosa pubblica. Le decisioni più importanti sono state prese coinvolgendo attivamente, con assemblee di quartiere e comitati spontanei, la cittadinanza, che ha avuto la possibilità di verificare direttamente le conseguenze di ogni proposta. Ciò ha portato a contrastare la speculazione edilizia, bocciando i grossi progetti immobiliari ed i relativi capitali, per puntare su un’attività urbanistica ed edilizia a misura d’uomo, basata su principi di sviluppo sostenibile e rispetto ambientale. Eppure le presenze turistiche sono più che raddoppiate negli ultimi sei anni, con ciò dimostrando la compatibilità fra interessi economici e salvaguardia delle emergenze ambientali e storico-culturali. Inoltre, nonostante i tagli dei fondi agli enti locali, non sono stati soppressi o privatizzati servizi, è stata aperta una farmacia comunale e la spesa sociale è stata triplicata negli ultimi sette anni[5].
Ed i cittadini, al di là delle loro convinzioni politiche, hanno apprezzato questo modo di amministrare la cosa pubblica, sono e si sentono sempre più coinvolti e la “partecipazione” si allarga sempre più, aumentando la condivisione delle scelte e il consenso per questo modo nuovo di fare politica[6].
Il governo del territorio non deve più prescindere dal rispetto per l’ambiente in cui si vive, ambiente che nel tempo ha perso i suoi confini e che inevitabilmente si è “globalizzato”, per cui anche quello che accade nel più remoto angolo del pianeta non può non riguardare ognuno di noi.
Ecco perché, anche a livello locale, la politica ha oggi il compito di disincentivare comportamenti ecologicamente scorretti: eccessivo utilizzo delle risorse, emissioni maggiori della capacità di assorbimento dell’ambiente, ulteriore espansione del nostro spazio ambientale (o impronta ecologica), che nell’immediato determinano la necessità di perpetuare l’oppressione delle popolazioni del sud del mondo per salvaguardare il nostro livello di benessere e in prospettiva pregiudicano comunque la nostra stessa capacità di futuro[7].
Al contrario devono essere incentivati un utilizzo razionale e sostenibile delle risorse (territorio, energia, materie prime, acqua) e la riduzione delle emissioni. E ciò può, e deve, essere fatto efficacemente sul piano della pianificazione territoriale.
Vi sono esperimenti riusciti di edilizia residenziale sostenibile, di iniziativa privata, che la politica deve recepire ed applicare, estendendoli su larga scala con una connotazione ecologica nell’ambito di un rinnovato sforzo di realizzazione di edilizia sovvenzionata. E’ importante inoltre la riqualificazione dell’esistente, tesa ad offrire alloggi a canone sostenibile, come proposto recentemente dalla stessa Associazione Nazionale dei Costruttori Edili e come previsto, ad esempio dalle recenti linee guida per l’utilizzo del fondo unico per l’edilizia residenziale pubblica della Regione Campania[8].
Del resto anche la recente legge n.16 del 2004 della stessa Regione Campania (“Norme sul governo del territorio”) prevede fra le principali linee guida la partecipazione dei cittadini.
Questi sono i modelli che la politica deve seguire nella pratica amministrativa se vuole recuperare il consenso della gente, che vuole essere ascoltata e coinvolta, che vuole appassionarsi, che vuole “decidere”, e non subire passivamente le decisioni prese da altri.
Lo dimostra il successo di alcuni interventi pubblici ideati e progettati coinvolgendo i destinatari, a volte i cittadini di interi quartieri[9], grazie anche alla lungimiranza di progettisti o amministratori consapevoli della necessità di “progettare le città” tenendo conto che l’architettura e l’urbanistica non possono prescindere dalle giuste esigenze di socialità e vivibilità, e convinti come Bruno Zevi che “la popolazione deve partecipare attivamente e creativamente ad ogni fase del procedimento progettuale, al fine di integrare il lavoro dell’architetto”[10].
[1] Nel 1994, in un articolo su “La Stampa”- “Separazione come arte liberale”, Bobbio scriveva: La storia del pensiero politico consiste principalmente nella escogitazione di strumenti istituzionali destinati a far si che chi possiede un qualsiasi potere non sia in condizione di abusarne. Il rimedio fondamentale è sempre stato la lotta contro la concentrazione di più poteri nelle mani di un solo individuo o di un solo gruppo.

[2] Lancet, rivista scientifica tra le prime nel mondo, nella sua sezione oncologica, ha definito i paesi di Nola, Acerra e Marigliano il “triangolo della morte”, a causa di indici elevatissimi di mortalità per tumori al fegato, alla vescica, al sistema nervoso, alla prostata, ninfomi, ecc.
[3] In realtà bisognerebbe parlare di crescita (di merci e di reddito), termine più opportunamente citato dal famoso rapporto “I limiti della crescita” commissionato dal Club Roma al Mit. In questo rapporto l’economista Juan Martinez-Alier associa la crescita economica ad un “male oscuro”. Il termine crescita appare infatti antitetico rispetto al concetto di sviluppo (di beni sociali e diritti civili, di scolarizzazione, difesa della salute, libera informazione, rispetto per la natura, parità fra i sessi, partecipazione democratica). Rif.: articoli su Il Manifesto del 23 dicembre 2004 di Carla Ravaioli (pag. 6) e di Anna Chiesura (pag. 12).
[4] 30.000 nuove abitazioni completamente abusive in Italia negli ultimi anni secondo gli ultimi dati di Legambiente, per un totale di 150.000 mq: una piccola metropoli! Quali ditte vi hanno lavorato? Quali e quanti professionisti senza scrupoli?
[5] Per un approfondimento si rinvia all’articolo “Grottammare, la Porto Alegre dell’Adriatico”, scritto da Vittorio Longhi, e pubblicato su “il manifesto” del 16 giugno 2004.
[6] Massimo Rossi, già Sindaco di Grottamare per due mandati, è stato candidato come Presidente alle elezioni amministrative per il rinnovo della Provincia e ha vinto al primo turno con una larga maggioranza.
[7] Rinvio al testo “Futuro sostenibile”, pubblicato dal Wuppertal Institut ed edito in Italia dalla Casa Editrice EMI (1997).
[8] Deliberazione n. 2847 – BUR n.54 del 17.11.2003).
[9] Citiamo il “Contratto di quartiere Savonarola” a Padova, dove un intervento di riqualificazione di un complesso immobiliare di edilizia economica e popolare dei primi anni ’30 è stato realizzato con i principi di bioedilizia coinvolgendo nell’operazione i residenti (Rivista “Costruire” – dicembre 2003) ed il “Progetto bioecologico” per il nuovo quartiere residenziale di Cognento (MO).
[10] “La carta del Machu Picchu” redatta dopo il convegno internazionale di Lima e Cuzco nel 1977 per attualizzare le problematiche già avanzate dalla storica “Carta di Atene” del 1933 di Le Corbusier.

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