lunedì 26 gennaio 2009

ELETTROSMOG E RADIAZIONI (prima parte)

I NEMICI INVISIBILI
Articolo pubblicato sulla rivista "Asclepiadi" - numero 7 - maggio 2004.

Azione è uscire dalla solitudine.[1]

I recenti black-out elettrici negli USA, in Gran Bretagna e poi in Italia hanno messo in evidenza, in maniera drammatica, la nostra attuale dipendenza dall’energia elettrica e dai sistemi di telecomunicazione su cui si basa lo sviluppo tecnologico.
Se l’energia elettrica improvvisamente ci venisse a mancare, dovremmo stravolgere il nostro modo di vivere e ci sembrerebbe di essere catapultati indietro nel tempo, come ha mirabilmente descritto Umberto Eco in un articolo su l’Espresso pubblicato nel dicembre dello scorso anno.
Tuttavia, anche quando tutto sembra funzionare per il meglio, dovremmo preoccuparci della nostra dipendenza dall’energia elettrica e dalla tecnologia e dei pericoli per la nostra salute.
Infatti, nel nostro pianeta abbiamo campi elettrici e magnetici naturali statici in presenza dei quali la vita ha trovato le condizioni favorevoli per evolversi.[2] Ma in tali campi naturali l’uomo ha introdotto le emissioni artificiali di bassa ed alta frequenza che provocano quello che viene definito elettrosmog, e che certamente interferiscono con i meccanismi biologici del nostro organismo, regolati da energie elettriche. Infatti, numerose ricerche epidemiologiche hanno evidenziato una forte correlazione fra l’esposizione prolungata dell’organismo umano a campi elettrici e magnetici e l’insorgenza di disturbi sia transitori (insonnia, nervosismo, enuresi notturna, emicranie, ecc.) che cronici (vere e proprie patologie, anche gravi, non esclusi i tumori).
Peraltro, con il proliferare degli impianti di radiocomunicazione, le sorgenti di radiazione non ionizzanti (N.I.R.) aumentano progressivamente incrementando sul territorio i livelli dei campi elettromagnetici a radiofrequenza.
Anche se le onde elettromagnetiche non hanno capacità ionizzante, ovvero non sono in grado di rompere i legami chimici del DNA delle cellule in modo da renderle neoplastiche, e anche se gli studi di laboratorio non hanno ancora permesso di individuare con certezza il meccanismo che spieghi in che modo i campi elettromagnetici possano favorire lo sviluppo di cellule tumorali, tuttavia appare ormai certo che essi possono influenzare il processo di duplicazione delle cellule tumorali (effetto di promozione del cancro) e possono deprimere le capacità auto-riparative del nostro organismo (per esempio riducendo la secrezione di melatonina, come diremo nel seguito).
D’altra parte, nel corso degli ultimi anni, sono stati emanati diversi provvedimenti legislativi che pongono dei limiti alla esposizione della popolazione a tale tipo di inquinamento e che prevedono anche la costituzione di specifici catasti delle sorgenti di campo elettromagnetico da utilizzare come supporto per le attività di controllo e di pianificazione territoriale. E sulla base di tali norme i comitati di cittadini hanno potuto promuovere importanti vertenze legali e cominciano ad ottenere importanti sentenze per la tutela della salute.
Secondo i ricercatori, l’esposizione dell’organismo umano ai campi elettromagnetici, almeno allo stato delle ipotesi attuali, è principalmente un problema di risonanza che si verifica fra le strutture biologiche e l’onda elettromagnetica.
Molte indagini epidemiologiche hanno evidenziato come, tra coloro che abitano vicino agli elettrodotti, si manifestano disturbi del sistema nervoso neurovegetativo, con sintomi quali insonnia, depressione cefalea, astenia, veritigini, ecc. Ciò sarebbe dovuto ad un’interferenza dei campi elettromagnetici sui ritmi biologici circadiani che regolano i processi fisiologici dell’organismo[3].
Diversi studi hanno inoltre evidenziato una maggiore incidenza di casi di leucemia in bambini esposti ai forti campi elettromagnetici di elettrodotti o di ripetitori radiotelevisivi e della telefonia cellulare troppo vicini alle loro abitazioni o alle loro scuole.
Le radiazioni ad alta frequenza (soprattutto quelle immesse nell’ambiente da ripetitori radio-televisivi e della telefonia cellulare), fra l’altro, hanno l’effetto di riscaldare dall’interno verso l’esterno i tessuti organici, che le assorbono e le trasformano in calore (quindi con un trasferimento di energia alla materia: è questo il principio di funzionamento dei forni a microonde), con conseguenze negative soprattutto su alcuni organi poco irrorati (occhi, apparato riproduttivo). Inoltre è stato possibile osservare che, già con densità di potenza molto basse, le onde ad alta frequenza modificano l’emissione di ioni calcio dalle cellule cerebrali. E gli ioni calcio svolgono un ruolo chiave nel controllo degli impulsi elettrici nella membrana delle cellule nervose, così come nella costituzione della massa ossea inorganica. Perciò le alterazioni del metabolismo osseo possono essere causa di ulteriori disturbi, come ad esempio l’indebolimento del sistema immunitario, l’alterazione del livello della melatonina (ormone escreto dalla ghiandola pineale nel cervello) e della produzione di lipidi[4]. Infatti la produzione nella notte dell’ormone della melatonina (fase di riposo e di recupero) può venire considerevolmente ridotta attraverso campi magnetici artificiali[5].
Se riflettiamo sul fatto che la melatonina ha l’effetto di rallentare l’accrescimento di determinati tumori, possiamo renderci conto dell’effetto anche indiretto delle onde elettromagnetiche sulla resistenza alle cellule cancerose, oltre che più banalmente nei riguardi di batteri e virus.
Alcuni ricercatori arrivano persino ad ipotizzare possibili danni genetici.
Purtroppo la consapevolezza di tale problematica è ancora insufficiente. In un sondaggio curato dalla Provincia di Napoli è stato chiesto agli intervistati di individuare il problema ambientale più grave nel loro territorio: ebbene, solo l’1,9% ha pensato all’inquinamento prodotto dai tralicci dell’alta tensione contro il 35% che ha indicato il traffico, il 20% che ha fatto riferimento alla pulizia delle strade, il 16% all’inquinamento atmosferico e così via. E, sostenendo che gli effetti sanitari dell’inquinamento elettromagnetico non sono dimostrati e che non esistono prove dell’insorgenza di tumori a seguito dell’esposizione a campi elettromagnetici, si continua ad esporre la popolazione ad un potenziale, ma gravissimo, rischio. E’ come se, avendo dei funghi sconosciuti, non avendo potuto dimostrare con certezza che siano velenosi, decidiamo di farcene una scorpacciata.
E’ per esempio quello che è successo alla scuola Leopardi di Monte Mario a Roma dove, fino all’abbattimento di alcune antenne (nel 2000, dopo ben 25 anni di battaglie legali e civiche), gli alunni sono stati esposti a campi elettromagnetici di elevatissima intensità, tanto che potevano stare non più di tre ore consecutive in alcuni ambienti (potevano cuocersi con le radiazioni, ma non fino a bruciarsi). Ed è il caso delle aree residenziali nei pressi delle emittenti di Radio Vaticana (comuni di Cesano, Olgiata e Osteria nuova, nei quali, nelle aree più prossime alle antenne, si registrano casi di leucemia infantile con incidenza superiore del 600% dei valori normali), o ancora della collina dei Camaldoli a Napoli, e di tantissimi altri siti, anche vicinissimi a noi.
Peraltro la diffusione di antenne potrebbe essere molto più ridotta e le potenze di irradiamento molto più basse, senza pregiudicare minimamente il servizio, se non fosse in atto una vera e propria guerra commerciale delle frequenze, che porta i vari operatori a disseminare di antenne il territorio (oltre 60.000 antenne in Italia per le trasmissioni radiotelevisive, contro le 10.000 di tutti gli Stati Uniti!) e ad irradiare il segnale con potenze inutilmente elevate. Necessità quindi che i controlli vengano intensificat e che gli enti locali tengano conto di tali problematiche nelle attività di pianificazione territoriale di loro competenza.
Inoltre c’è da auspicarsi che vengano attuate massicce campagne di informazione per una maggiore sensibilizzazione, soprattutto nelle scuole dell’obbligo, sui danni alla salute conseguenti all’esposizione a campi elettromagnetici, e che vengano estese le indagini epidemilogiche per individuare a livello locale le zone dove si registrino incidenze statisticamente rilevanti di malattie, indagando sulle possibili cause, per poter conseguentemente procedere alle necessarie segnalazioni agli organi di controllo (A.R.P.A.C., ASL, ISPESL). E per questa attività i medici di famiglia occupano senz’altro una posizione privilegiata: sarebbe necessaria solo attenzione al problema e un efficace coordinamento a livello provinciale.
I medici di famiglia e i pediatri potrebbero inoltre, anche loro, fare opera di informazione, magari mettendo in guardia i propri pazienti, e soprattutto i più giovani ed i loro genitori, da un eccessivo uso dei telefonini. Infatti, anche a causa di autentiche overdose di messaggi pubblicitari, espliciti o occulti che siano, si assiste ad una sempre maggiore diffusione dei telefonini anche presso i giovanissimi, che più di noi, e più a lungo, saranno esposti agli effetti dannosi connessi al loro utilizzo. E invece bisogna insegnare ai nostri ragazzi che, come il fumo, le droghe e l’alcool, anche l’uso del cellulare è dannoso per la nostra salute.
In ultimo è purtroppo necessario accennare anche ai rischi per la nostra salute dovuti alle radiazioni ionizzanti emesse da materiali radioattivi. Si potrebbe pensare che si tratti di rischi lontani da noi, ma non è così. Basti infatti pensare ai 24 soldati italiani già morti per varie forme di cancro (più delle vittime italiane dell’attentato di Nassirya) e agli oltre 200 malati (fonte: trasmissione REPORT di RAI 3) a causa dei proiettili all’uranio impoverito usato nelle ultime guerre “umanitarie”, soprattutto nei Balcani, ma anche nelle esercitazioni militari che si svolgono sul nostro territorio, alla apparecchiatura con materiale radiattivo “dimenticato” per anni in un cantiere di Napoli, all’acciaio e al legname provenienti dalla Russia e da altri paesi dell’Est ed utilizzati senza alcun controllo nell’edilizia, ai rifiuti nucleari che viaggiano in treno per la nostra penisola all’insaputa di tutti, ai sommergibili nucleari che subiscono incidenti ed avarie, con conseguenti fughe radioattive nei nostri mari, al gas radon che si accumula nelle nostre case e al quale abbiamo già accennato in altri articoli, alle molteplici applicazioni della fisica nucleare nel campo medico, industriale e della ricerca.
Sono rischi elevatissimi e sui quali c’è scarsissima informazione, se non disinformazione.
Ma nemmeno l’inquinamento da isotopi radioattivi di siti nucleari lontanissimi da noi ci deve lasciare indifferenti: la centrale di Cernobyl è ancora lì, minaccia incombente su tutto il pianeta, e la maggior parte delle centrali nucleari attualmente in funzione in Europa, e non solo, sono obsolete e non possono essere ritenute affatto sicure. E anche nei paesi in via di sviluppo, almeno sul piano della ricerca, le sperimentazioni, sia per scopi civili che militari, destano enormi preoccupazioni.
Greenpeace ha recentemente denunciato, per esempio, la situazione dell’area intorno al sito nucleare abbandonato di Tuwaitha, in Iraq, con livelli di radioattività 10 volte superiori alla soglia di rischio in molte abitazioni e 3000 volte superiori vicino una scuola di 900 alunni. E in Iraq operano, e presumibilmente opereranno a lungo, i nostri soldati e carabinieri, ma anche volontari appartenenti ad associazioni umanitarie e dipendenti di aziende italiane (Greepeace news n.77 - III quadrimestre 2003).
[1] Luigi Pintor.
[2] Fiorenzo Marinelli, ricercatore del CNR, nella prefazione al libro di cui alla nota successiva.
[3] Paolo Bevitori, esperto in inquinamento elettromagnetico – ARPA di Rimini, in un articolo Su Dossier Ambiente & Salute – n.17 – maggio agosto 2003.
[4] Peter Erlacher e Holger Konig – L’impianto elettrico nella casa sana – EDICOM Edizioni – 2000 – Pag. 53.
[5] ibidem – Pag.45.

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.