lunedì 26 gennaio 2009

BIOARCHITETTURA E SALUTE

Articolo pubblicato sulla rivista "Asclepiadi" - numero 6 - gennIO 2004

La natura, non la macchina, è il modello più importante.[1]

L’uomo come centro del progetto: è questo il principio più importante, e semplice nello stesso tempo, che cerca di recuperare e diffondere la bioarchitettura. In passato anche le unità di misura erano in relazione con il corpo umano (piedi, pollici, cubiti, ecc.) e l’uomo ed i suoi rapporti armonici sono all’origine dei grandi modelli architettonici occidentali (da Vitruvio a Le Corbusier).
L’architettura classica e rinascimentale basava sulla sezione aurea, ricorrente anche in natura e
che costituisce una delle forme più simboliche che si conosca, il principio compositivo della sua armonia proporzionale. Gli esempi sono innumerevoli; fra questi le piramidi di Gizah, il Partenone, l’arco di Costantino e molti monumenti del tardo rinascimento, soprattutto dopo la pubblicazione nel 1509 del libro De divina Proportione scritto dal matematico Luca Pacioli ed illustrato da sessanta disegni di Leonardo da Vinci.
Il rapporto aureo, individuato agli albori della filosofia occidentale da Pitagora di Samo e dai suoi seguaci studiando le leggi numeriche che regolano l’armonia musicale, divenne presto il principio compositivo di ogni tipo di arte e in architettura è stato ampiamente utilizzato per disegnare armonicamente i prospetti e per proporzionare gli ambienti, soprattutto nella costruzione di edifici sacri.
Prediligere rapporti e forme organiche e armoniche, ispirate alla natura pur senza imitarla semplicisticamente, come per i templi ellenici, che ancora oggi evocano un senso di armonia, equilibrio e perfezione, consente di realizzare edifici che possono suscitare emozioni profonde, edifici che anche solo a guardarli ci danno un senso di benessere e sembrano “nutrirci”, recuperando l’idea archetipica di casa, così come emerge, per esempio, dai disegni dei bambini.
E’ tipico delle opere di Wright, per esempio, questo tipo di approccio. Riferendosi in particolare ad una delle sue opere, Taliesin (la casa della collina), nella sua autobiografia Wright scrive: “sapevo bene che nessuna casa dovrebbe essere mai su di una collina o su qualsiasi altra cosa. Dovrebbe essere della collina. Appartenere ad essa. Collina e casa dovrebbero vivere insieme ciascuna capace di essere più felice grazie all’altra”.[2]
Ma la medesima impostazione concettuale la si ritrova in tanti altri ambiti, non ultimo quello medico, per il quale è qui utile citare l’opera di Rudolf Steiner, medico e pedagogo (e non solo) austriaco, fondatore della medicina antroposofica.
Anche l’uso di materiali locali, sia per le ristrutturazioni che per le nuove costruzioni, non è un semplice “vezzo” dell’architetto bio-edile, una moda, bensì una scelta consapevole che ha molti effetti positivi: sostiene l’economia locale e favorisce il “radicamento” sociale, riduce l’impatto sull’ambiente dovuto al trasporto e al “carico” di produzione o estrazione intensiva in certe zone, favorisce l’inserimento dell’intervento nel contesto edilizio preesistente, consente il recupero e la conservazione delle tradizioni costruttive locali, ecc.
L’architetto, il progettista in genere, deve avere sempre come primo obiettivo il benessere dei fruitori delle sue opere, così come il medico dovrebbe sempre valutare il contesto ambientale in cui insorge una malattia.
L’architettura, come l’arte in genere, può aiutare l’uomo nel suo sviluppo fisico e spirituale, e un approccio alla progettazione architettonica di tipo multidisciplinare ed orientato all’ecologia, consente di realizzare edifici più salubri, più rispondenti alle esigenze fisiologiche, psicologiche ed estetiche dell’uomo, ed anche complessivamente più “economici”.
Tuttavia, ad un certo punto, l’attività dell’architetto ha fine: con il completamento della costruzione, la consegna dell’opera e, magari, la definizione degli arredi e dei complementi d’arredo, inizia la “vita” della costruzione e la parola passa agli utilizzatori finali.
Come il grande architetto finlandese Alvar Aalto scrisse nel 1930 in un articolo pubblicato sulla rivista Domus, “Ciascuno può portare con sé, nella sua nuova casa, la propria distinta personalità, come un oggetto trasportabile”.[3]
Ogni piccola scelta ed ogni nostro comportamento possono avere effetti positivi o negativi sulla nostra salute e sull’ambiente. Per esempio vi sono alcune piante da appartamento che hanno la proprietà di purificare l’aria dell’ambiente in cui si trovano: fra queste aloe, dracena, sansevieria e spatifillo. Esistono in commercio vernici atossiche con le quali possiamo tinteggiare le pareti. E’ utile aprire spesso le finestre per favorire il ricambio dell’aria (l’ideale sarebbe almeno dieci minuti ogni ora). Anche i raggi del sole è opportuno che possano “invadere” gli ambienti il più possibile (oltre ad un benefico ed essenziale effetto sul nostro organismo, hanno anche un effetto battericida e quindi “purificatore”). E’ necessario fare attenzione ai prodotti che si usano per le pulizie, che possono essere estremamente tossici, ed è necessario fare un uso intelligente degli elettrodomestici.
Le dotazioni impiantistiche, contrariamente alle ultime tendenze, dovrebbero essere quanto più limitate è possibile, mentre dovremmo dedicarci con passione a costruirci uno spazio non solo comodo e funzionale, ma anche psicologicamente giusto, che possa dispensare le sicurezze ed il “nutrimento” interiore di cui non possiamo fare a meno.[4]
Qualsiasi costruzione richiede energia e produce rifiuti. Compito degli utenti è quello di minimizzare la prima e ridurre e razionalizzare i secondi, ciò privilegiando l’uso, ove possibile, di energie alternative, e ponendo attenzione al riciclaggio dei rifiuti e al trattamento con fitodepurazione degli scarichi.
L’ideale sarebbe una casa che funzioni come un albero, visione anticipata da William McDonough e Michael Braugart, ovvero una casa che purifica l’aria, accumula energia, produce più energia di quanta ne consumi, crea un riparo e un habitat, arricchisce il suolo e cambia al mutare delle stagioni.
Le scelte dei consumatori influenzano poi le strategie del mondo produttivo e le politiche delle Amministrazioni Pubbliche. Quindi è auspicabile che, grazie alla spinta di consumatori sempre più consapevoli, venga dato un maggiore sbocco produttivo e applicativo alle ricerche ed alle sperimentazioni dell’ecodesign (progettazione orientata a ridisegnare edifici, infrastrutture, città, tecnologie e industrie in modo da renderle ecologicamente sostenibili) e dell’economia di servizi, ovvero un’economia non più basata sul possesso di beni materiali, ma sull’uso di tali beni (ciò che generalmente si chiede ad un prodotto tecnico non è di soddisfare un desiderio di proprietà, bensì il servizio che quel prodotto offre).
Edifici ed automobili, grazie a impianti fotovoltaici e celle a idrogeno, potrebbero produrre già oggi molta più energia di quanta ne consumano, con impatto nullo sull’ambiente e divenendo al contempo più confortevoli, più salubri e più sicuri. E’ in questa direzione che bisogna andare, ed ognuno di noi è tenuto a dare il suo contributo. La ricchezza non deve essere valutata solo sul parametro di ciò che si possiede (case, automobili, ecc.), ma soprattutto in funzione della disponibilità di un ambiente naturale gradevole, senza rifiuti, boschi puliti, mare, fiumi e laghi non inquinati, un patrimonio storico ed artistico ben conservato e fruibile. Sin da oggi, sfruttando le risorse disponibili e non utilizzate, fra le quali la forza lavoro di tanti disoccupati, tutto ciò è assolutamente alla portata dell’umanità. Secondo Fritjof Capra, “la transizione verso un futuro sostenibile non è più un problema tecnico, e neppure un problema concettuale. E’ invece un problema di valori e di volontà politica”.[5]
Come ha recentemente illustrato in un convegno al Palazzo Vecchio di Firenze lo scienziato tedesco Werner Nachtigall, docente di discipline bioniche all’Università di Saarbrücken, è utile e necessario tornare a cercare nella natura le soluzioni ai problemi degli uomini, fra i quali la scarsità delle risorse energetiche fossili e l’inquinamento.
Nei paesi dell’Occidente industrializzato, oggi, si consuma l’80% delle risorse dell’intero pianeta, e si produce il 90% dell’inquinamento: ciò è insostenibile.
Si ritiene invece che con le attuali tecnologie e con il recupero della capacità di imparare dalla natura sarebbe possibile ridurre del 90% il consumo di energia e di materiali senza alcun riflesso sugli attuali standard di benessere, con enormi benefici per l’ambiente e creando inoltre nuove opportunità di lavoro.
Un edificio dell’Università di Leicester in Inghilterra, una torre climatica di 13 metri in laterizio, è stato progettato e realizzato secondo il principio di termoregolazione dei termitai. Ma nei paesi arabi, per millenni, si sono costruiti edifici basati sullo stesso principio per assicurare un comfort termico ottimale in zone con temperature elevatissime e grandi sbalzi termici. E non possiamo dimenticare il fascino e le qualità costruttive rinvenibili nei trulli di Alberobello.
Fortunatamente la sensibilità ecologica è sempre più diffusa, c’è una sempre maggiore esigenza di qualità e di un diverso stile di vita. Ne è una dimostrazione il sempre maggior spazio dedicato a questi temi su giornali e riviste, in fiere e convegni, nelle Università e, infine la crescente attenzione dell’editoria, della Pubblica Amministrazione e del mercato.
Il Comune di Pesaro ha recentemente introdotto nel suo nuovo Regolamento Edilizio indicazioni derivate dalla bioarchitettura (non è il primo caso ma questa volta si è deciso di “premiare” chi costruisce secondo questi principi consentendo di realizzare volumetrie maggiori del 30%), la Provincia di Firenze ha pubblicato un Prezzario ecologico, molti costruttori, anche con il supporto e lo stimolo delle loro Associazioni, già realizzano esclusivamente edifici bioecologici a costi competitivi e con apposite certificazioni. Stanno inoltre per essere attribuiti i primi finanziamenti comunitari per la realizzazione di eco-residenze (progetto S.H.E. – Sustainable Housing in Europe).
L’esigenza di cibi sani, prodotti naturali, produzioni sostenibili, case a misura d’uomo, nasce da una aumentata consapevolezza, da una cultura ed una educazione sempre più orientate verso l’ecologia, anche grazie alla diffusione di mezzi di comunicazione come internet, ed è sempre più radicata.
Con l’ipotesi Gaia[6] si ricomincia a parlare della terra come di un entità: la Terra Madre degli Indiani d’America. Se, come loro, sapremo nuovamente fermarci per ascoltarne le vibrazioni sentiremo che il nostro corpo è legato ad essa da radici invisibili, e sapremo lottare per salvarla e per salvare noi stessi, sapremo vivere come parte di essa, …, prendendo ed offrendo con modestia i doni che ci permettono di vivere in questo pianeta[7], rispettosi del principio di equità, in base al quale ogni abitante della terra ha diritto ad una stessa quota di risorse.[8] Allora potremo anche pensare alla nostra abitazione non più come ad un “contenitore”, ma come ad una Casa-Madre le cui mura non sono solo pareti, mezzi di separazione dal fuori, ma elementi ascendenti che … conducono energia dalla Terra[9] verso il Cielo, e che creano un luogo, il nostro luogo, dove poter entrare in sintonia con le energie cosmiche e poterci rigenerare, un luogo sobrio ma accogliente, da vivere e con-dividere, aperto alla vita di comunità e non chiuso con alte mura al mondo esterno. Un luogo dove evitare la fredda ostentazione di lussuosi beni di consumo ed esporre invece l’amore per le cose semplici e per la natura, dove ricercare il ben-essere, piuttosto che il ben-avere.[10]
[1] Alvar Aalto in un articolo del 1932; il grande architetto finlandese si sforzava di elaborare soluzioni razionali, che partivano dalla tecnica, senza però dimenticare le componenti umane e psicologiche.
[2] Norris Kelly Smith – Frank Lloyd Wright – edizioni Dedalo – Bari – 1983 – Pag. 129.
[3] Alvar Aalto, in Idee di architettura. Scritti scelti 1921-1968 – Bologna 1987 – pag. 25.
[4] Giacomo Rizzi, architetto e docente alla facoltà di Design del Politecnico di Milano, citato in un articolo sulla Psicologia dell’abitare, La casa dei sogni? E’ dentro di noi, pubblicato recentemente sulla rivista Il Salvagente (Anno 12 – n.34 – 28 agosto-4 settembre 2003).
[5] Fritjof Capra – La scienza della vita – Rizzoli – 2002 – pag. 375.
[6] La teoria elaborata da James Lovelock e Lynn Margulis (1979) secondo la quale l’evoluzione dei primi organismi viventi procedette di pari passo con la trasformazione della superficie planetaria da un ambiente inorganico a una biosfera in grado di autoregolarsi. La vita è dunque una proprietà che va attribuita al pianeta più che ai singoli individui.
[7] James Lovelock – Gaia, manuale di medicina planetaria – Zanichelli – 1992.
[8] G. Bologna e altri – Invito alla sobrietà felice – EMI – Città di Castello (PG) – 2000 – pag. 147.
[9] Yannick David - Feng-Shui: la casa in armonia col cosmo – Ed. AMRITA – Mappano (TO) – 1993 – pag. 160.
[10] Wolfgang Sachs – Ambiente e giustizia sociale – Editori Riuniti – Roma 2002 – Pag. 230.

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi

Archivio blog

Informazioni personali

La mia foto
Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.