lunedì 26 gennaio 2009

ELETTROSMOG E RADIAZIONI (seconda parte)

I NEMICI INVISIBILI
Articolo pubblicato sulla rivista "Asclepiadi" - numero 8 - ottobre 2004

Le prove sono sempre sufficienti per convincere chi crede, ma non lo sono mai abbastanza per convincere gli scettici.[1]


Ponendo su un’ideale bilancia da un lato l’utilità e comodità dell’elettricità (e quindi del progresso tecnologico che essa ha reso possibile), e dall’altro i pericoli e le conseguenze negative, bisogna certo riconoscere che grazie all’energia elettrica le condizioni di vita dell’uomo sono enormemente migliorate. Forse è però venuto il tempo di riconsiderare il nostro atteggiamento, sia per difenderci dai rischi per la nostra salute, sia per contribuire tutti al processo di contenimento degli sprechi e razionalizzazione delle risorse, ormai irrinunciabile se vogliamo preservare l’ecosistema di cui siamo parte.
Le case che abitiamo, e quasi tutte le nostre attività, dipendono infatti ormai quasi totalmente dall’elettricità, a partire dall’illuminazione artificiale, per passare agli elettrodomestici, fino agli impianti di climatizzazione, sempre più diffusi, con una incidenza significativa anche sul costo globale della costruzione (costo di progettazione e costo di realizzazione, sommato al costo di gestione).
Spinti dall’industria, tendiamo invece a sovra-dimensionare le dotazioni impiantistiche: abbiamo ormai centraline elettriche che somigliano sempre più a quelle degli uffici; facciamo installare molte prese elettriche, perché utili per cambiare a nostro piacimento il posto di mobili, lampade, telefoni, computer ed elettrodomestici; abbiamo ormai un televisore in ogni stanza; sono sempre più frequenti antifurti più o meno sofisticati, videocitofoni integrati con il telefono, automatismi vari per porte e cancelli, filodiffusione, vasche per idromassaggio e altri optionals.
La complessità degli impianti comincia a divenire tale da richiedere frequenti interventi manutentivi, con costi e fastidi di non poco conto. Si tratta infatti di apparecchiature molto delicate, con largo impiego della micro-elettronica, facilmente danneggiate da fulmini e “sbalzi di corrente” delle linee di erogazione, e difficilmente riparabili.
Queste considerazioni e la consapevolezza di avere una grande responsabilità sociale, dovrebbe convincere i progettisti a smettere di progettare e costruire senza preoccuparsi dei costi successivi di gestione, così come invece imposto dalle normative già vigenti o di prossimo recepimento in Italia (direttive C.E.).
E anche sulla sicurezza c’è ancora molto da fare: le statistiche ci dicono che il numero di casi di mortalità in seguito ad incidenti domestici è molto superiore a quello degli incidenti sul lavoro, ed è inferiore solo a quello degli incidenti automobilistici. Insieme agli infortuni dovuti a cadute, intossicazioni, avvelenamenti, incendi, scottature, annegamento, ecc. (complessivamente 4,3 milioni di incidenti ogni anno – fonte ISTAT), molti sono anche gli incidenti per folgorazione. Ciò nonostante, in Italia, solo dal 1990 (legge 46/90) è obbligatorio dotare tutti gli impianti elettrici domestici di apparecchiature di sicurezza (salvavita), e dal 1998 è obbligatorio l’adeguamento degli impianti preesistenti, ma nessun controllo in merito è stato ancora eseguito.
Il 9 agosto 2004, alle ore 15.30, proprio nel 59° anniversario della strage di Nagasaki, è esploso il reattore numero 3 della centrale nucleare di Mihama, a circa 300 Km da Tokio, provocando almeno 4 morti e diversi feriti. E’ solo una coincidenza? O il destino ha voluto manifestarsi con una evidenza tale da ammonire ancora una volta l’umanità rispetto all’uso dell’energia nucleare, che non potrà mai essere del tutto sicura?
Speriamo che al prossimo black-out (o per il continuo aumentare del prezzo del petrolio), non ritorni ancora la proposta di riaprire l’Italia al nucleare, nonostante ancora si debba risolvere il problema dello smaltimento delle scorie prodotte dalle centrali ormai dismesse, e nonostante i costi enormi richiesti per la costruzione e la gestione delle centrali più moderne.Quindi ancora oggi non tutti gli impianti elettrici sono dotati di messa a terra, si continua ad utilizzare elettrodomestici e altre apparecchiature con insufficiente isolamento, le prese di corrente (soprattutto nei bagni e nelle cucine), non sono sufficientemente sicure. Di conseguenza si verificano incidenti, mortali e non, per contatti diretti (con cavi in tensione) o indiretti (apparecchiature non isolate).
Ma gli impianti elettrici delle nostre case sono pericolosi per la nostra salute anche se sono sufficientemente sicuri dalla elettrocuzione: con la già citata legge n.46 del 1990 si è stabilito che i nuovi impianti devono essere realizzati a regola d’arte e che gli impianti progettati ed eseguiti secondo le norme CEI ed UNI sono considerati come realizzati a regola d’arte. Purtroppo, però, le norme tecniche emanate in Italia dal CEI e dall’UNI, ma anche in altri paesi, risentono della presenza quasi esclusiva nelle varie commissioni di rappresentanti dell’Industria. Conseguentemente, soprattutto nei campi di più avanzata applicazione delle moderne tecnologie, molto si fa per favorire la produzione di massa e le grandi imprese, anche a discapito della creatività dei singoli e degli artigiani, e poco ci si cura delle effettive, e “globali”, condizioni di benessere dell’uomo.
Nei comitati di normazione dovrebbero invece trovare posto anche biologi, medici, tecnici bio-edili e i rappresentanti dei consumatori, e dalle norme emanate bisognerebbe esigere maggiore considerazione per la salubrità, oltre che per la sicurezza, delle costruzioni, per cui non dovrebbe essere considerato come realizzato a regola d’arte un impianto elettrico sicurissimo dal punto di vista della protezione dai contatti diretti e indiretti, ma che determina la presenza di campi elettromagnetici nocivi per la salute.
Infatti, come abbiamo illustrato nel numero 2/2004 di questa stessa rivista, i danni biologici conseguenti alla esposizione ai campi elettromagnetici sono ormai incontestabili, ed ampiamente dimostrati da ricerche di laboratorio ed indagini epidemiologiche.
D’altra parte, se si pensa che tutte le funzioni del corpo umano sono regolate da fenomeni elettrici[2], non possiamo non convincerci della potenziale pericolosità dell’esposizione prolungata a livelli, anche non elevatissimi, di radiazioni non ionizzanti antropogeniche sia ambientali (linee elettriche ad alta tensione, ripetitori per la telefonia mobile, emittenti radiotelevisive e radar) che negli ambienti chiusi (linee elettriche interne, elettrodomestici vari, forni a microonde, televisori e videoterminali, ecc.).
Peraltro, con pochi e semplicissimi accorgimenti, si può sensibilmente aumentare la nostra sicurezza, ridurre gli sprechi[3] e inoltre ridurre il livello di esposizione ai campi prodotti dagli impianti domestici.
E’ necessario però fornire adeguata informazione ed educazione per un uso sicuro e razionale dell’energia elettrica. A tale proposito, oltre alla integrazione e applicazione delle normative, dovrebbe essere avviata una campagna di informazione ed educazione, soprattutto nelle scuole.
In casa bisogna evitare di lasciare per lungo tempo gli elettrodomestici (soprattutto stereo, videoregistratori e televisori) in “stand-by”, bisogna ridurre al minimo le installazioni elettriche, soprattutto nelle camere da letto (da evitare, soprattutto in quelle dei bambini, televisori, computer, radiosveglie e ventil-convettori), possiamo far installare dei disgiuntori per staccare automaticamente il passaggio di corrente elettrica nei cavi quando non c’è nessun carico. Ove possibile, possiamo inoltre far ricorso a cavi schermati.
Come abbiamo già detto dobbiamo inoltre limitare allo stretto indispensabile l’uso di apparecchiature elettroniche e di telecomunicazione, fra le quali i telefonini. Infatti molti concordano sulla totale disapprovazione per lo smisurato ed ingiustificato uso che si sta facendo della telefonia cellulare (25 milioni di abbonati solo in Italia), e per la disseminazione senza alcuna regola di antenne e ripetitori sul territorio.
Relativamente a quanto disposto dalla normativa vigente, il decreto 10 settembre 1998, n.381 fissa come limite di esposizione per la popolazione ai campi elettromagnetici un valore efficace di intensità di campo elettrico pari a 20 V/m. In corrispondenza di edifici abitati con permanenza non inferiore a 4 ore e per esposizioni a intervalli di 6 minuti, il limite è stato prudenzialmente ridotto a 6 V/m.
Ma in Svizzera sono stati introdotti valori limite molto più cautelativi, e regolamentando tutto lo spettro delle frequenze che va da 0 Hz a 300 GHz.
Ebbene, a 10 cm dall’antenna di un telefonino che irradia in continuo una potenza di 1 watt, il campo elettrico può raggiungere valori pari a circa 50 V/m: più del doppio rispetto al limite massimo. Ma anche ad un metro di distanza un telefono cellulare è in grado di creare un campo di circa 5 V/m, quindi con un livello paragonabile al limite prudenziale. Oltre all’uso che ognuno di noi fa del proprio telefono, quante volte altri usano il loro a distanza inferiore ad un metro dalla nostra testa? E quante volte usiamo il telefonino con i nostri bambini in braccio o troppo vicini?
Ad un centimetro dall’antenna il campo sale poi a 500 V/m!
I più recenti telefoni cellulari a tecnologia digitale, potendo variare la potenza di funzionamento in rapporto alla potenza del segnale, creano campi elettrici più ridotti rispetto ai valori precedentemente indicati, ma comunque molto vicini o addirittura superiori ai limiti di legge.
In conseguenza di quanto sopra esposto deriva che oltre al suggerimento di usare possibilmente sistemi a viva voce e auricolari e di utilizzare se possibile i messaggi SMS, dovrebbe raccomandarsi di evitare l’uso del cellulare quanto il segnale è debole, perché l’apparecchio deve irradiare una potenza elevata per funzionare. Il telefono cellulare non dovrebbe inoltre essere utilizzato in auto, se non con i sistemi viva-voce (sempre dotati di antenna esterna).
In merito alla pericolosità per la salute non sembrano esservi più dubbi. Anche i produttori di cellulari concordano ormai sui danni derivanti dall’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche ed hanno promosso vari studi. Si studiano inoltre misure per produrre apparecchi a ridotta energia irradiata. Tuttavia abbiamo già detto che quest’ultima dipende dalla qualità del segnale, che è a sua volta funzione della dislocazione delle antenne (ed in particolare è influenzata dagli ostacoli che si trovano sul percorso), e dalla distanza e dall’efficienza delle antenne stesse, la cui presenza in aree soggette alla permanenza di persone determina comunque un pericolo per la salute umana, che riguarda stavolta non solo coloro che usano il telefonino, ma tutti indistintamente.
CRIMINI CONTRO L’UMANITA’
(aggiornamento alla prima parte dell’articolo, pubblicata sul numero II/2004 di questa stessa rivista).

Il 13 luglio 2004, all’ospedale Cardarelli di Napoli, si è spento a soli 27 anni, per un linfoma contratto dopo il rientro dal Kosovo, il caporale maggiore dell’esercito Luca Sepe.
Sepe è il 27° soldato italiano, reduce da missioni di pace, deceduto per cause riconducibili all’esposizione ad uranio impoverito.
Ma almeno altri 260 militari lottano ancora contro gravissime malattie come il linfoma di Hodgkin che ha ucciso Luca, per non parlare delle popolazioni che vivono nelle zone dei Balcani, dell’Afganistan e dell’Iraq colpite da proiettili con uranio impoverito utilizzati dagli “esportatori di democrazia”.
L’installazione degli impianti di telecomunicazione dovrebbe essere rigidamente regolamentata ed attentamente pianificata. Il comune di Novara, ad esempio, ha adottato un regolamento che stabilisce, fra l’altro, che nell’ambito del territorio urbanizzato e comunque in tutte le zone con edifici destinati a permanenza di persone per un tempo non inferiore a 4 ore, ogni impianto di telecomunicazioni per telefonia cellulare da realizzarsi o già in esercizio non può produrre un livello di campo radioelettrico misurabile in corrispondenza delle aree accessibili alle persone, superiore ad 1 V/m e deve rispettare una distanza di almeno 100 metri dal perimetro esterno delle aree destinate ad asili, scuole, ospedali, case di cura e di riposo, carceri o altre sedi di convivenza, in corrispondenza delle quali non può inoltre produrre un livello di campo elettrico misurabile superiore a 0,5 V/m.
Sono valori che ci sembrano sicuramente più efficaci per la protezione dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico rispetto a quelli attualmente fissati dalle norme.
Inizia dunque ad affermarsi, finalmente, il principio di precauzione per la tutela e la salute, ed il principio della minimizzazione del rischio per la collettività. Una regolamentazione che tenga conto di ciò dovrebbe giovare anche alle aziende, che potranno evitare di smantellare installazioni già realizzate con notevoli danni economici (per esempio l’ENEL sta spostando molti elettrodotti già in esercizio perché riconosciuti dannosi alla salute).
Infatti, sin dal 1993, i principali produttori di telefoni cellulari (Nokia, Ericson, Motorola), evidentemente consapevoli dei rischi potenziali per i loro consumatori, hanno iniziato a brevettare dei sistemi per ridurre il livello di radiazioni, e finanziano direttamente la ricerca che, man mano che procede con le sperimentazioni, continua a lanciare allarmi: studi recenti che hanno avuto un certo risalto sulla stampa, hanno evidenziato la possibilità di danni all’apparato riproduttivo, fino alla sterilità, a causa del telefonino portato nelle tasche dei pantaloni o alla cintura.
Non è da escludere che, come è accaduto con le sigarette, avremo presto diciture tipo “nuoce gravemente alla salute” sui cellulari. Nel frattempo il consiglio è quello di utilizzarli il meno possibile, resistendo alle continue e subdole campagne pubblicitarie degli operatori di telefonia cellulare, che molto si preoccupano dei loro profitti e poco della salute (oltre che del portafoglio) dei loro clienti[4].
[1] William James.
[2] Tutti i tessuti umani sono percorsi da corrente elettrica, anche le ossa. Solo il tessuto muscolare e quello nervoso sono però eccitabili, o meglio funzionano proprio perché sono sollecitati dalle onde elettriche stesse. Nel cervello questa "corrente umana" è di appena qualche milionesimo di volt per ogni cellula, ma è ininterrotta, anche durante il sonno. Se si interrompe significa che le cellule sono morte ("elettroencefalogramma piatto, ovvero privo di attività elettrica"). Nei muscoli il voltaggio è più alto (100 millesimi di volt per cellula), ma il passaggio di corrente avviene solo quando il muscolo è in azione (è anzi proprio un impulso elettrico a provocare la contrazione del muscolo). L'elettricità naturale delle cellule dipende dal potenziale della membrana, cioè dal passaggio di corrente elettrica dall'interno all'esterno di delle cellula stesse. A dar vita al passaggio sono due liquidi che si trovano nei tessuti: il liquido intracellulare, ovvero all'interno delle cellule, che rappresenta il 45 per cento del peso corporeo, ed è ricco di ioni (molecole dotate di una carica, negativa o positiva), come potassio, magnesio, solfati e fosfati, ed il liquido interstiziale presente fra una cellula e l'altra, che rappresenta il 20 per cento del peso corporeo ed è ricco di altri ioni come cloro, sodio e calcio, con carica elettrica diversa da quella del liquido intracellulare. Le continue reazioni chimiche che avvengono nell'organismo fanno sì che, continuamente, si aprano varchi nelle membrane cellulari, e che le cariche negative e positive dei liquidi entrino in contatto, generando corrente elettrica. Proprio come se il corpo fosse una pila.

[3] E’ indispensabile limitare drasticamente l’uso dei combustibili fossili, sia per contrastare l’effetto serra, sia perché le riserve di petrolio, da sempre sovrastimate dai Paesi produttori per discutibili logiche di mercato, in realtà stanno già riducendosi progressivamente (anche per questo il prezzo del greggio sta aumentando paurosamente). E non a caso negli ultimi anni gli Emirati Arabi hanno iniziato ad investire cifre enormi sulla ricerca per le energie alternative (idrogeno, eolico, fotovoltaico, ecc.)! L’obiettivo è chiaramente quello di conservare il controllo del mercato mondiale dell’energia anche dopo l’esaurimento dei giacimenti
[4] In un opuscolo diffuso dalla TIM titolato "Elettromagnetismo. Le risposte della scienza" si legge: "A fronte dei risultati della ricerca ad oggi disponibili, si può ritenere che l’esposizione alle radiofrequenze dei sistemi di telefonia mobile non sia in grado, con tutta probabilità, di determinare l’insorgere dei tumori". Quindi in Italia ci sono circa 25 milioni di utenti, soprattutto giovani e giovanissimi, che secondo la TIM, "con tutta probabilità", non sono a rischio!

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.