lunedì 26 gennaio 2009

AMBIENTE, ENERGIA, RIFIUTI E SALUTE


INCENERIRE RIFIUTI A SAN SALVATORE TELESINO?
Articolo Pubblicato sulla rivista “Asclepiadi” – numero 13 – ottobre 2007


C’è una cosa che i furbi manovratori non riescono
a capire: chi non ha mire personali ha una grande
libertà di movimento perché non ha niente da perdere.

Franco Cassano,
HOMO CIVICUS – La ragionevole
follia dei beni comuni (Edizioni Dedalo)

Ormai tutti gli Scienziati, persino quelli incaricati dall’amministrazione statunitense, che ha sempre negato l’evidenza, concordano sul fatto che l’effetto serra sta producendo mutamenti climatici (aumento delle temperature, scioglimento dei ghiacciai, piogge torrenziali ed uragani che si alternano con periodi di siccità) che avranno un impatto considerevole sul pianeta e sulla nostra vita.
Nessuno più nega che tali mutamenti siano dovuti all’uomo, e soprattutto alle emissioni di anidride carbonica (CO2) nella combustione dei fossili.
Il 16 febbraio 2005 è entrato in vigore il protocollo di Kioto, che obbliga tutti gli Stati a ridurre drasticamente le emissioni di sostanze che provocano l’effetto serra. In particolare l’Italia dovrebberebbe ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera del 6,5% entro il 2012: ad oggi le emissioni sono intanto aumentate del 12%!
Ciò ha ovviamente conseguenze gravi per l’ambiente, ma avrà anche conseguenze gravissime per i conti pubblici, a causa delle ingenti multe (da 0,5 a 5 miliardi di Euro), da pagare sotto forma di diritti di emissione di CO2, che dovranno essere acquistati da altri paesi che riescono ad essere più virtuosi e ne emettono meno del massimo che hanno a disposizione (come la Germania).
Tutto ciò ha indotto il legislatore a introdurre norme che incentivano il risparmio energetico e il ricorso alle fonti rinnovabili di energia. Con l’ultima legge finanziaria, in particolare, sono state previste le risorse per sostenere adeguatamente queste politiche (conto energia – detrazioni fiscali).
Con questi incentivi, risparmiare energia e produrre energia pulita, può essere un buon “affare”, e, oltre le misure obbligatorie introdotte per il risparmio energetico, la riduzione dell’inquinamento e degli sprechi dovrà essere sempre più un dovere di tutti (ogni cittadino italiano produce in media 9 tonnellate di CO2 l’anno, e con piccole attenzioni, tanto semplici e banali quanto efficaci, è possibile ridurre almeno della metà questo valore).
Infine, gli incentivi statali non saranno sufficienti, da soli, a garantire i risultati attesi di riduzione delle emissioni di CO2, soprattutto se lasciamo “l’affare” alle imprese: gli incentivi devono essere sfruttati per produrre energia lì dove serve: ogni abitazione, ogni azienda e ogni ufficio devono produrre “in loco” l’energia che gli occorre, con il fotovoltaico, soprattutto, ma anche con il “mini-eolico”.
In prospettiva, poi, l’idrogeno potrà essere un buon sistema per “stoccare” l’energia prodotta in attesa di essere utilizzata quando e dove serve.
In Danimarca è iniziata la costruzione di una città di 70mila abitanti che funzionerà esclusivamente con energia pulita: idrogeno prodotto con fotovoltaico ed eolico. Di certo, in Danimarca hanno una grande sensibilità e rispetto verso l’ambiente, ma anche in Italia deve crescere la pressione dei cittadini sulle Istituzioni, soprattutto gli Enti Locali, affinchè orientino le loro politiche, soprattutto quelle energetiche, in coerenza con l’obiettivo di ridurre l’effetto serra, ponendo sempre la massima attenzione alla salute dei cittadini, e verificando continuamente che le scelte operative siano in linea con le direttive generali di indirizzo e la relativa pianificazione.
Purtroppo, troppo spesso, le applicazioni pratiche deviano decisamente rispetto alla strada tracciata.
E qui veniamo, per farne un esempio, a quanto sta accadendo in provincia di Benevento: l’amministrazione provinciale, sin dal 2004, ha approvato un piano energetico ambientale eccellente, orientato a privilegiare la produzione di energia da fonti rinnovabili, al quale tuttavia non è stata data ancora concreta e coerente applicazione, tradendone lo spirito e le finalità.
Anzi, si continua a lasciare alle iniziative private ogni spazio, secondo le convenienze degli “imprenditori”.
Emblematico, in tal senso, è il caso che recentemente è assurto agli onori delle cronache locali in Valle Telesina, con riflessi e conseguenze anche sul governo della provincia di Benevento (fino alle dimissioni del Presidente Carmine Nardone, poi ritirate), ovvero la proposta di costruzione, nel comune di San Salvatore Telesino, di una centrale di produzione di energia con “termo-valorizzazione” di biomasse della Società VOCEM.
Sulla base delle poche informazioni che erano state fatte filtrare, sembrava potesse trattarsi di una buona iniziativa, in linea con analoghe installazioni in altre regioni italiane che avevano già finanziato l’utilizzo di biomasse per la produzione di energia elettrica e per il riscaldamento.
Peraltro, anche la regione Campania è orientata in tal senso, con possibilità di finanziamento interessanti oltre che per l’eolico, l’idroelettrico e il fotovoltaico, anche per l’utilizzo delle biomasse.
Tuttavia, appena avuta la possibilità di analizzare la documentazione relativa al progetto, alla luce della legislazione vigente in materia di energie rinnovabili (e in materia di rifiuti), ci si è resi immediatamente conto dell’applicazione distorta che si sta facendo di questa possibilità.
Quando nel 2004 la società VOCEM presentò al comune di San Salvatore Telesino il suo progetto imprenditoriale, dichiarò che tale struttura sarebbe servita a produrre energia elettrica utilizzando come combustibile coltivazioni dedicate, scarti delle lavorazioni agricole, della lavorazione del legname, sfalci e potature.
Acquisito un primo positivo parere da parte della Amministrazione Comunale, la VOCEM avviò quindi le varie procedure per l’acquisizione dei pareri necessari.
Se il progetto fosse stato adeguatamente analizzato dai politici che lo hanno inizialmente appoggiato, ci si sarebbe resi conto che esso riguardava una centrale di ben 10 Megawatt, che dovrebbe bruciare circa 110.000 tonnellate all’anno di “combustibile”, che sulla base delle stesse analisi della provincia di Benevento (Piano Energetico Provinciale) è impossibile ricavare dalle coltivazioni agricole della provincia tale quantitativo di biomasse, e che i bilanci economico, energetico ed ambientale reali di impianti di grosse dimensioni di produzione di energia elettrica da biomasse non sono positivi, e sono giustificati solamente se sostenuti da una politica di pesanti incentivi economici (che ora, con la finanziaria 2007, sono stati fortunatamente esclusi per l’incenerimento dei rifiuti).
Peraltro, altre centrali analoghe dovranno essere realizzate in Campania, e una di queste è prevista nel comune di Reino; dunque le varie aziende non potrebbero tutte approvvigionarsi nella Regione, e un approvvigionamento di biomasse da un bacino più vasto, oltre i 50 Km, renderebbe gli impianti assolutamente anti-economici.
Questi impianti hanno senso solo se realizzati dalle aziende che producono le biomasse, e se sono dimensionati sul quantitativo prodotto, senza apporti dall’esterno del ciclo industriale: aziende agricole, principalmente, ma anche falegnamerie, industrie conserviere e di produzione di carta e cartone, ecc. E, infatti, la regione toscana finanzia esclusivamente tali installazioni, di potenza mai superiore ad 1 MWe.
In effetti, dai documenti della stessa VOCEM, emerge che, sin dall’inizio, si prevedeva in realtà di utilizzare altri tipi di combustibili e che, vista la scarsa sostenibilità economica, senza incentivi, di questo ciclo di produzione, per garantire la redditività dell’impianto, esso avrebbe dovuto funzionare come inceneritore di rifiuti.
A conferma di quanto sopra detto, l’autorizzazione per la realizzazione della centrale richiesta dalla VOCEM nel novembre del 2005, non è stata inoltrata ai sensi dell’articolo 12 D.Lgs 387/2003 (autorizzazione unica per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nel rispetto dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico), bensì ai sensi dell’ex decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997 – articoli 27 e 28), e del D.Lgs. 152/2006 (Norme in materia ambientale - in particolare si fa riferimento all’articolo 208: autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi).
Nel corso di un’audizione in Regione Campania, rappresentanti della VOCEM hanno sostanzialmente ammesso di voler realizzare un inceneritore di rifiuti, pur sostenendo di voler bruciare solo rifiuti “non pericolosi”.
In ogni caso, un impianto costruito per l’incenerimento di rifiuti, anche se autorizzato per rifiuti a matrice prevalentemente lignea come quello della VOCEM (ma che tecnicamente potrebbe bruciare qualunque tipo di rifiuto, oltre quelli esplicitamente autorizzati), in caso di emergenza, potrebbe ben subire una eventuale ordinanza che imponga di bruciare anche il CDR campano, ovvero le famigerate eco(?)-balle (6 milioni di tonnellate già stoccate in attesa di incenerimento), recentemente sequestrate in gran parte dalla Magistratura perché non a norma e piene di veleni (fra i quali il famigerato arsenico).
Nessuna delle amministrazioni coinvolte, e soprattutto l’Amministrazione comunale di San Salvatore Telesino, ha mai informato la cittadinanza, violando in tal modo la “Convenzione di Aarhus (il diritto alla partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche in materia ambientale, non si esaurisce nel momento del voto, ma deve trovare applicazione in occasione delle fasi attraverso cui si articola il processo di assunzione delle decisioni…) e i principi della “Carta delle città europee per uno sviluppo durevole e sostenibile - La Carta di Aalborg, che riconosce la particolare responsabilità delle amministrazioni locali rispetto al benessere dei cittadini e della conservazione della natura.
Comunque, nel maggio del 2006, modificando il suo precedente orientamento rispetto al progetto, il comune di San Salvatore Telesino comunicò alla VOCEM il proprio parere contrario all’impianto. Del resto il progetto non sembra conforme allo strumento urbanistico vigente (ricadrebbe in zona agricola), né al Piano Energetico Provinciale, né al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Nel frattempo la VOCEM, dopo l’approvazione iniziale del comune, aveva acquistato i terreni, aveva ottenuto una cospicua anticipazione di finanziamento pubblico, ed era stata acquisita al 90% (sembra per circa 1,2 milioni di Euro), dal Gruppo ABM SpA, holding posseduta interamente dalla Provincia di Bergamo, che ha stipulato un protocollo di intesa con la provincia di Benevento (intesa che riguarda l’innovazione tecnologica e, anche, le politiche energetiche).
La ABM riferisce che “la VOCEM è un progetto di centrale di produzione di energia elettrica da biomassa”, dotato di tutte le autorizzazioni e di un finanziamento pubblico a fondo perduto (per 12 milioni di Euro), che l’energia prodotta servirà alle imprese di Bergamo, che l’Acea Electrabel sarebbe interessata ad acquisire il 51% delle quote per 2,5 milioni di Euro, e che l’operazione, complessivamente, è di circa 30 milioni di Euro.
Davvero un affare interessante, che di certo non si poteva fermare davanti alle “contraddizioni” di un piccolo comune.
Dopo il parere negativo del Comune, la VOCEM ha infatti chiesto, ai sensi dell’articolo 14 della legge 241/1990 e successive modifiche ed integrazioni, la convocazione della Conferenza dei Servizi; l’approvazione del progetto in tale sede consentirebbe di superare i pareri contrari, senza affrontare compiutamente tutti i problemi che sono emersi (pur dopo una analisi sommaria e senza avere la disponibilità di tutti i documenti), e vi sarebbero conseguenze gravissime sull’intero territorio della Valle Telesina e sulla popolazione, che non è mai stata nemmeno informata di quanto stava avvenendo, e che si ritroverebbe, senza alcun vantaggio, sul proprio territorio, un impianto che servirebbe alle imprese bergamasche per avere energia a basso costo, ma con un costo ambientale altissimo per le popolazioni della Valle Telesina: i documenti progettuali della VOCEM evidenziano che sarebbero bruciate 365 tonnellate giornaliere di rifiuti, producendo 45 tonnellate al giorno di scorie da stoccare in discarica, 6 tonnellate di polveri e varie sostanze gassose immesse in atmosfera: HCl (cloruro di idrogeno), SO2 (anidride solforosa), HF (acido fluoridrico), NOx (ossidi di azoto), CO (monossido di carbonio), tutte in concentrazioni pericolose per l’uomo e per l’ambiente.
Inoltre la stessa VOCEM “avvisa” che saranno immesse in atmosfera polveri sottili, piombo, benzene, diossina e vari metalli, fra cui, cadmio, piombo e mercurio, ecc..., ed illustra le varie conseguenze di tutti questi inquinanti sul suolo, sulla vegetazione e sulle colture agricole, sulla salute e sul ciclo alimentare, parla di danni somatici e genetici, tossicità acuta o cronica …
Nella relazione di valutazione di impatto ambientale, poi improvvisamente approvata dalla Regione senza, anche questa volta, coinvolgere le popolazioni e le amministrazioni locali, la VOCEM, ovviamente, minimizza i rischi, e sostiene che, con vari sistemi di “filtraggio” e “abbattimento” degli inquinanti, saranno rispettati i limiti di legge, che da soli, però, non sono una sufficiente garanzia per la salute dei cittadini.
Inoltre, si trascurano gli effetti tossici sinergici tra singole sostanze immesse nell’ambiente, ognuna di esse, in dosi ritenute sicure, e si tace del fatto che alcune sostanze, come le diossine e i dibenzofurani clorurati, prodotte dalla combustione di molte sostanze, presenti in gran quantità nei rifiuti, ma soprattutto nel PVC, ed entrambe altamente tossiche e cancerogene, non sono sufficientemente filtrate neanche dai più sofisticati sistemi di abbattimento.
E poi le statistiche non tengono conto delle diverse tipologie di soggetti sottoposti ad inquinamento: un’incidenza di malattia del 4% sul totale della popolazione esposta, equivarrà ad un’incidenza molto maggiore fra i soggetti più deboli (bambini, anziani, persone già malate e con difese immunitarie basse).
Anche per quanto riguarda la diffusione degli inquinanti, lo studio di impatto ambientale della VOCEM è carente, perché non utilizza i dati meteo comunque disponibili e, dopo una fase di monitoraggio di soli 15 giorni nel mese di maggio del 2005, assume che la velocità massima dei venti è di 30 Km/h e su questi valuta l’impatto sul territorio.
In realtà i venti in zona sono molto più forti nel corso dell’anno, e dunque gli inquinanti sarebbero trasportati molto oltre le distanze indicate dalla VOCEM, secondo la quale l’impatto delle sostanze inquinanti è limitato a un raggio di circa 3 Km dall’impianto; effetti significativi si avrebbero in un raggio di almeno 10 Km, coinvolgendo numerosi centri abitati, decine di migliaia di persone, e migliaia di ettari di terreni dedicati all’agricoltura alimentare di qualità (in particolare vigneti d.o.c. e oliveti).
Inoltre, è importante tenere conto del fatto che l’entità dell’inquinamento dipende dalla qualità del materiale bruciato. La miscela di materie incenerite è imprevedibile e mutevole nel tempo, a seconda delle stagioni, varia da città a città, varia a seconda del processo di separazione, il che rende continuamente variabile e imprevedibile la composizione dei gas che escono dal camino, e inefficace qualsiasi operazione di abbattimento dell’inquinamento atmosferico (le centrali termoelettriche a biomassa, invece, sono progettate per bruciare un combustibile di composizione relativamente costante, e il cui inquinamento può essere analizzato, tenuto sotto controllo e in parte ridotto).
Effetti cancerogeni sostanze emesse da inceneritori
(Annuario dell’Istituto Superiore di Sanità - 2004)

AGENTE
EFFETTO CANCEROGENO / SEDE
Arsenico Pelle, polmoni, fegato, vescica,rene, colon
Benzene Leucemia
Berillio Polmone
Cadmio Polmone, prostata
Cromo Polmone
Nickel Polmone
Diossina (TCDD) Linfomi, sarcomi non Hodgkin
Cloroformio Vescica, rene, encefalo, linfoma
Clorofenoli Sarcomi tessuti molli, linfomi Hodgkin, L n H
Idrocarburi Policiclici aromatici (IPA) Fegato, polmone, leucemia
Mercurio Polmone, pancreas, colon, prostata, encefalo, rene
Piombo Polmone, vescica, rene, gastroenterica
Tricloroetilene Fegato, linfomi non Hodgkin
Le principali, e più pericolose, sostanze immesse in atmosfera durante il funzionamento di un inceneritore sono riportate nella tabella di cui sopra, tratta da una pubblicazione dell’Istituto Superiore di Sanità, nella quale sono indicati anche i rispettivi danni alla salute delle persone che vivono o lavorano nelle prossimità degli inceneritori (come è stato dimostrato dagli studi epidemiologici sulla diffusione e le cause delle malattie nelle popolazioni umane, effettuati nei pressi degli impianti già in funzione, sia in Italia che in altri Paesi).
Complessivamente, le sostanze tossiche immesse in atmosfera durante il funzionamento di un inceneritore sono oltre 200, tutte potenzialmente responsabili di malattie respiratorie (tosse persistente, allergie, bronchiti, asma), riproduttive e cardiovascolari, di tumori (4% di maggior incidenza di tumori in persone esposte ad inquinamento da inceneritori, e maggior tasso di mortalità), di malformazioni congenite, ipofunzione tiroidea, diabete, ecc.
Con l’entrata in esercizio del termovalorizzatore/inceneritore si avrebbe dunque un deciso peggioramento della qualità dell'aria, del suolo, delle acque, dei prodotti agro-alimentari, e conseguentemente la diffusione di varie patologie, nonché l’aumento dell’incidenza dei tumori, che ci vede, purtroppo, già tra i primi in Italia.
Tale impianto emetterà, infatti, quantità notevoli di polveri fini e ultrafini (nanopolveri – PM10, PM5, PM 2,5) e altri inquinanti fra cui le diossine (cancerogeni e pre-cancerogeni).
Per il raffreddamento dell’impianto viene dichiarata, a regime, la necessità di 100.000 tonnellate d’acqua l’anno (3 l/s, ovvero 10-12 mc/h), una quantità enorme, che la VOCEM sostiene di voler sottrarre alle falde senza aver fatto un serio studio sull’impatto di tale emungimento.
La VOCEM, inoltre, non spiega come saranno smaltiti i corrispondenti reflui, né come saranno smaltiti tutti gli altri sottoprodotti: ceneri, reagenti esausti, ecc.
Dunque, questo impianto contribuirà, in maniera notevole, al degradarsi della qualità di vita dei cittadini che abitano, e lavorano, in un ampio raggio di distanza dall'impianto che si intende costruire, cosa che avrebbe presupposto il coinvolgimento delle popolazioni interessate. E invece è mancato completamente ogni momento di confronto con la cittadinanza, mentre la Convenzione di Aarhus e la Carta di Aalborg, che già prima abbiamo citato, prevedono che i cittadini siano messi in condizione di partecipare alla vita politica e alle scelte delle amministrazioni locali, soprattutto quando queste decidono dell’uso del territorio.
Stiamo parlando di una zona con vincoli storici, paesaggistici, archeologici, idraulici e idrogeologici di grande rilievo, che non possono non pesare nella valutazione delle scelte da fare. L’economia della zona è prevalentemente basata sull’agricoltura e sul turismo e, entrambe queste attività, subirebbero gravi danni da un impianto del genere, con ricadute molto negative anche sull’occupazione.
A pochi chilometri di distanza si trovano un’area archeologica di grande interesse (Telesia) e un complesso idrotermale importante (Terme di Telese), oltre a tante altre risorse di interesse collettivo che subirebbero danni inestimabili da una iniziativa imprenditoriale privata assolutamente incompatibile con il territorio.
Le Istituzioni preposte, ognuna per le proprie competenze e responsabilità, invece di ricercare e incentivare non-soluzioni pericolosissime del problema rifiuti, dovrebbero finanziare adeguatamente la raccolta differenziata, aumentare la tassazione sui prodotti “usa e getta”, disincentivare le produzioni, le pratiche e i prodotti commerciali che hanno grande impatto in termini di rifiuti conferiti alla raccolta, ed incentivare i comportamenti corretti, il recupero, il riciclaggio, il riuso e la riduzione dei consumi, anche con campagne informative efficaci, soprattutto nelle scuole.
Gli imprenditori, invece di cercare facili guadagni approfittando delle emergenze, dovrebbero investire in modo sostenibile sui rifiuti, offrendo agli enti locali e ai consorzi, “terminali” di filiera per la lavorazione dei rifiuti differenziati, e per la loro trasformazione in prodotti da collocare sul mercato.
Dovrebbero inoltre investire su prodotti eco-compatibili che, peraltro, trovano un grande favore da parte dei consumatori, ampiamente disponibili a pagare anche qualcosa in più, purché ciò sia utile alla conservazione dell’ambiente.
La società in cui viviamo, che pure non dovrebbe difettare di cultura, ricchezza, informazioni, risorse, contatti, manca però ancora di sufficiente sensibilità, per cui sembra incapace di prendersi cura del proprio ambiente. Tuttavia, i cittadini della Valle Telesina, quando hanno capito che dalla realizzazione dell’impianto VOCEM non deriverebbe nessun vantaggio, a fronte di irreparabili danni ambientali e socio-economici per il loro territorio, si sono mobilitati, hanno costituito comitati civici, e, forse, grazie a questo “esercizio di partecipazione democratica”, inizieranno a vigilare di più sui propri amministratori, e a pretendere da Loro rispetto della legalità, e comportamenti etici nella gestione dei beni comuni (territorio, aria, acqua, energia, informazione, ecc).

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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.