giovedì 14 dicembre 2017

IL VOLTO UMANO DEL DIRITTO - Riflessioni sulla modernità



"Il volto umano del diritto: riflessioni sulla modernità"

 Il corso "Diritto e letteratura", tenuto dal prof. Felice Casucci, quest'anno è stato dedicato ad un approfondimento su "Il volto umano del diritto" da diversi punti di vista. In particolare, nell'ultimo incontro, abbiamo ascoltato il contributo della prof.ssa Fabiana Cacciapuoti, dal titolo: "Il volto umano del diritto: riflessioni sulla modernità".
La prima questione che questo percorso pone è inevitabilmente quella di definire il significato di "volto umano del diritto" , e la prof.ssa, per rispondervi, ha fornito uno spunto molto interessante. Nel volume dedicato ad Aldo Moro, di F. Vittoria, si intende la politica come non coincidente col potere, in quanto essa deve essere piuttosto una rappresentanza del bisogno: chi governa, chi fa le leggi, deve ascoltare dolori e necessità di coloro che cercano risposte. L'importante sarebbe considerare quelle persone come singoli, come individui, e non come parte della massa.
A questo era già arrivato Leopardi, quasi duecento anni fa, quando nel suo Zibaldone scriveva "Rido della felicità delle masse, perché il mio piccolo cervello non concepisce una massa felice, composta d’individui non felici”. Paradossale, allora, che oggi nel nostro Paese ci si riferisca ancora al PIL come indicatore del benessere; un benessere che, molto evidentemente, non ci appartiene. È anche vero, però, che gli individui tendono essi stessi a uniformarsi e vivere in massa come ricerca di sicurezza; lo fanno chiudendosi contemporaneamente in un individualismo e in un egoismo totali. Sono due facce della stessa medaglia: la crisi della società. Leopardi pensava che ciò fosse dovuto ad un allontanamento dell'uomo dal sistema armonioso della natura, che è in equilibrio col logos. Quando la ragione prende il sopravvento e cerca di dominare ogni cosa, la società si proietta verso il progresso sfrenato e i rapporti tra le persone si sciolgono. In un mondo tecnologico, virtuale, consumistico fino ai limiti del possibile, forse le masse sono ottimiste, felici anche, ma la felicità dei singoli e la solidarietà con gli altri passano in secondo piano. L'uomo non è più umano, ma diventa un ingranaggio di qualcosa che non vede, accettando passivamente di farne parte; le emozioni non hanno più senso, non hanno più luce e si reprimono, perché in questa nuova realtà il motto è "Controllo". Ma il controllo porta al non sentire più, e ad una triste indifferenza verso tutto e tutti, perché difendendosi dal pathos, con l'esasperazione del logos, si diventa immobili, come diceva anche Schopenhauer; è ciò che Leopardi chiamava "strage delle illusioni", il reprimere "gli slanci dell'animo proprio". Nella società di oggi soprattutto i giovani non trovano spazi e momenti comunitari per far bruciare proficuamente quel fuoco che arde dentro ognuno di noi e ciò può sfociare in atteggiamenti distruttivi per sé e gli altri, in un'esplosione o in un'implosione, cioè nella depressione. Per il poeta recanatese questo derivava anche da un incivilimento esasperato, quella spiritualizzazione che oggi è virtualizzazione, che uccide le passioni e rende difficile la coesione tra gli uomini. Essi diventano come colonne d'aria in uno spazio stretto, una società stretta, sempre in lotta per prendere l'uno il posto dell'altro e accrescere il proprio potere.
Il filosofo polacco Bauman definisce la società come liquida, caratterizzata da decostruzione, deregolamentazione, disordine; consumiamo per consumare, al primo difetto gettiamo via e ricompriamo e facciamo lo stesso con le persone, con il lavoro, con la natura. Società e individui sono immersi nella precarietà, nell'instabilità, nell'egoismo; assistiamo alla liquefazione delle grandi ideologie, degli obblighi etici, dei sani rapporti umani. Infatti nel suo libro Amore liquido Bauman trasla la crisi della società nella crisi delle relazioni che si fanno occasionali, utilitaristiche; la solidarietà diventa privilegio di pochi e gli "scarti umani", chiunque sia stato privato dei suoi modi e mezzi di sopravvivenza, si ritrovano soli. Nell'antica Roma si parlava di homo sacer, quello fuori dalla giurisdizione, oggi si parla di immigrati, disoccupati, reietti della società. Lo Stato, non potendo risolvere i  loro problemi, li allinea alla paura, al timore, stimolando pregiudizi ed egoismo. Lévinas offre una soluzione allontanandosi da una filosofia ontologica che si concentra sull'io, sull'ego, e concentrandosi altresì sull'etica, che si articola in vari aspetti: il mettersi in relazione con gli altri, il rispettare la diversità accettandola e facendone tesoro, l'ospitalità e l'accoglienza prive di pregiudizi. Per lui la risposta è nel volto dell'altro, dove possiamo vedere e ascoltare la parola dell'infinito. D'altronde Leopardi era già arrivato a questa conclusione sia nel Dialogo di Plotino e Porfirio che nella Ginestra, ponendo come ultima speranza la "social catena", la comune consapevolezza e quindi la comune lotta.
Ci stupiremmo di come un atto di solidarietà e generosità gratuita sia già una battaglia vinta. 


Isabella SANTILLO  (17 anni)

 LA NOSTRA SPERANZA SONO I NOSTRI GIOVANI (E LA SCUOLA E GLI INSEGNANTI CHE LI PREPARANO.




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Questo è il mio blog più personale. Sono un ingegnere, laureato nel 1990 presso l'università degli studi di Napoli, orgoglioso dipendente della P.A., felice di poter svolgere un servizio di pubblico interesse, ed impegnato anche nella diffusione delle tematiche che più mi appassionano: difesa dei BENI COMUNI, sostenibilità, bioarchitettura, protezione civile, partecipazione democratica ed etica sociale e professionale.